**Scintille di vendetta in una casa silenziosa**
Il tramonto scendeva sul piccolo paese di Monteverde, avvolgendo le strade in una morbida penombra. Paolo tornò a casa dal lavoro, stanco ma soddisfatto. Nell’ingresso lo accolse sua moglie, Giulia, con un sorriso caldo e il profumo delle polpette appena cucinate.
“Ciao, vuoi cenare? Ho preparato le polpette,” disse lei, aggiustandosi il grembiule.
“Certo, grazie,” rispose Paolo, togliendosi le scarpe. Tirò fuori dalla tasca un mazzo di chiavi e le lasciò cadere distrattamente sul tavolino.
Giulia notò una chiave che non riconosceva e, strizzando gli occhi, chiese:
“Che chiavi sono queste?”
“Mia madre è partita per un centro termale per tre settimane,” spiegò Paolo, massaggiandosi il collo. “Mi ha chiesto di controllare il suo appartamento e mi ha lasciato le chiavi.”
All’improvviso, gli occhi di Giulia brillarono di un fuoco furbo, quasi sinistro. Batté le mani ed esclamò:
“Finalmente! Lo farò!”
Paolo si immobilizzò, senza capire cosa stesse succedendo. Sua moglie, solitamente calma e riservata, sembrava aver architettato qualcosa di enorme.
“Di cosa parli? Cosa farai?” chiese, guardandola con crescente preoccupazione.
Giulia rispose solo con un sorriso enigmatico, ma il suo sguardo era così deciso che a Paolo venne un brivido lungo la schiena.
Poche settimane prima, la loro vita era stata sconvolta. Tornati da una visita ai genitori di Giulia, avevano trovato il loro appartamento irriconoscibile. La carta da parati nel corridoio, scelta con cura, era stata sostituita con motivi sgargianti e pacchiani. I mobili in salotto e nella camera da letto erano stati spostati: l’armadio era in mezzo alla stanza e il letto rivolto verso la finestra, rovinando il comfort abituale.
“Ma che è successo?” Giulia, sconvolta, lasciò cadere la borsa a terra appena varcata la soglia.
Paolo sbirciò dietro di lei, cercando di capire ciò che vedeva. Il cuore gli si strinse per lo sgomento.
“Chi è stato?” Giulia tremava di rabbia, le mani le tremavano. “Questa non è più casa nostra!”
“Calmati,” Paolo le mise le mani sulle spalle, cercando di parlare con tono pacato. “Vediamo cosa è successo.”
Ma più osservavano l’appartamento, più cresceva il loro sdegno. Il divano in salotto era stato spostato vicino alla finestra, la tv era stata messa in un angolo. Nella camera da letto, il comò era stato spostato dove prima c’era lo specchio. Era il caos, e il colpevole era evidente: la madre di Paolo, Maria Rosaria.
Un mese prima, Maria Rosaria era arrivata per una “ispezione”. Fin dal primo momento aveva criticato tutto: dal colore della carta da parati alla disposizione dei mobili.
“Questa carta da parati è così triste, sembra un ospizio!” aveva dichiarato, scuotendo la testa. “Ci vuole qualcosa di allegro, che rallegri la vista!”
“A noi piace così,” rispose Giulia, trattenendo l’irritazione.
“No, non va bene! Con questi colori viene la malinconia, non sorprende che tu sia sempre nervosa,” continuò la suocera, ignorando le obiezioni. “E i mobili sono messi male. L’armadio dev’essere nell’angolo, non in mezzo al salotto! E il letto è orientato male.”
Giulia voleva ribattere, ma lo sguardo di Paolo la fermò. Sapeva bene che discutere con sua madre era inutile. Maria Rosaria poteva brontolare per ore su come “sistemare” la loro vita. Alla fine se ne andò, lasciando un’aria pesante. Paolo e Giulia, una volta chiusa la porta, sospirarono sollevati, sperando che fosse finita lì.
Poco dopo, però, dovettero partire per l’anniversario della madre di Giulia. Il loro gatto, Nerino, non poteva restare solo, e Paolo propose di chiedere a Maria Rosaria di occuparsene. Giulia era contraria:
“Vuoi darle le chiavi? Comincerà a fare come le pare!”
Ma non avevano alternative. A malincuore, Giulia accettò, ma diede istruzioni precise: cosa dare da mangiare a Nerino, ogni quanto cambiare l’acqua, dove fossero i suoi giochi. Ogni giorno telefonava per controllare. Maria Rosaria rispondeva seccamente: “Tutto bene,” e chiudeva in fretta. Avrebbe dovuto insospettirla, ma Giulia ignorò i presentimenti.
Tornati a casa, capirono che la suocera non si era limitata a badare al gatto. Aveva orchestrato un vero colpo di stato nel loro appartamento.
“E adesso cosa facciamo?” chiese Giulia stanca, osservando la carta da parati estranea e i mobili spostati.
“Rimettiamo tutto a posto, rifacciamo la carta da parati,” sospirò Paolo. “Ci vorrà tempo e soldi. Posso chiamare mia madre e dirle quello che penso.”
Giulia asciugò una lacrima e rifletté. All’improvviso, il suo viso si illuminò con un sorriso furbo.
“No,” disse, con voce determinata. “Ho pensato a qualcosa di meglio. Tua madre va al centro termale, vero?”
Paolo annuì, ancora confuso. Giulia gli strizzò l’occhio, e il suo piano prese forma.
Quando Maria Rosaria partì per il centro termale, lasciando le chiavi di casa a Paolo, Giulia sentì che era arrivato il momento. Brillava di anticipazione. Aveva già in mente la perfetta vendetta per l’invasione del loro spazio.
“Finalmente le farò capire cosa si prova!” esclamò, facendo tintinnare le chiavi.
Paolo, pur con qualche dubbio, accettò di sostenere la moglie. Sapeva che sua madre meritava una lezione.
Per tre settimane, nei weekend, si recarono nell’appartamento della suocera. Mentre lei si rilassava, la sua casa cambiava. Giulia entusiasta sostituiva la carta da parati con motivi pacati, floreali, l’opposto dei vivaci papaveri che Maria Rosaria amava. Paolo aiutava a spostare i mobili: l’armadio dalla camera finì nel corridoio e le mensole in salotto furono sostituite con altre, “più adatte”. Aggiunsero anche decorazioni che, secondo Giulia, “ravvivavano” l’ambiente.
Quando Maria Rosaria tornò, non credette ai suoi occhi. Varcata la soglia, rimase come paralizzata.
“Ma cosa avete fatto?!” urlò, chiamando subito il figlio. “Dov’è la mia carta da parati coi papaveri? Che roba è questo verde? Chi vi ha permesso?”
Paolo, mantenendo la calma, rispose:
“Abbiamo pensato che i tuoi motivi fossero troppo vivaci. Alla tua età ci vuole qualcosa di rilassante.”
“È uno scherzo?” sbottò Maria Rosaria. “Non avevate il diritto! Mi sono fidata delle chiavi e voi… Perché avete spostato l’armadio? Che mensole sono queste? Rimettete tutto subito!”
“Non abbiamo ancora finito,” la interruppe Paolo. “Dimmi un po’: perché hai pensato che a noi piacessero i cambiamenti che hai fatto a casa nostra?”
Dall’altro parte del telefono, il silenzio. Maria Rosaria sembrava rendersi conto, per la prima volta, delle conseguenze delle sue azioni.
“È diverso!” ribatté alla fine. “Io volevo il vostro bene, e voi… Questo è solo cattivo gusto!”
“Comunque sia, è casa nostra, e tu non hai voce in capitolo,” tagliò corto Paolo. “Se non vuoi ritrovarti il div”Da quel giorno in poi, Maria Rosaria imparò a rispettare i confini altrui, capendo che l’amore vero non invade, ma sa stare al proprio posto.”