Il Destino

**Il Destino**

“Oggi ho parlato con Luisa. Sai, Matteo è tornato a fare il solito giro,” disse Anna, mentre in televisione iniziava la pubblicità, interrompendo la serie che seguivano sul secondo canale.

Guardò il marito, che, appoggiato a un cuscino, osservava lo schermo con interesse.

“Pino, mi ascolti? Matteo ha ricominciato,” ripeté lei, senza ricevere risposta.

“Ti sento. E a te che importa?” chiese lui.

“Come sarebbe? Luisa è la mia amica. Mi preoccupo per lei. Matteo non ti ha detto niente?” domandò Anna, studiando il profilo del marito.

“Non deve rendermi conto. E poi non lo vedo da tempo. E quella tua amica, te lo dico chiaro, è una isterica. Io pure scapperei. Basta parlare di questo. Il film riprende.”

“Ah sì? È lui che te l’ha detto? Quindi è colpa di Luisa. È sempre colpa della donna, no? Basta trovare una scusa per giustificare il vostro fare da galli. E chi l’ha resa così? Lui è sempre in giro.” Anna serrò le labbra, mentre il marito fissava la tv.

“Sentimi, io ti sgrido spesso. Quante volte ti ho detto di pulirti i piedi prima di entrare? Porti tutto lo sporco in casa. Non sciacqui mai la vasca dopo esserti lavato… Allora sono anche io una isterica? Magari anche tu fai come lui? Per fare compagnia?” Anna lo fulminò con lo sguardo.

“Ecco, ci siamo. Ora tocca a me,” disse Vittorio, spostando la coperta e alzandosi dal letto. “Finisco la puntata in cucina.”

“Mi dispiace solo per la mia amica,” disse Anna alla sua schiena.

“Che amore che avevano. Le saliva alla finestra con i fiori, al secondo piano. E poi, non vi basta mai un uomo?” gridò Anna verso la porta aperta.

“Finché siete fidanzate, siamo ‘tesori’, ‘piccoline’, ‘amori’. Poi, quando vi trovate un’altra, diventiamo tutte isteriche,” borbottò tra sé, come se lui potesse sentirla. “Quante volte Luisa lo ha perdonato. La prima volta è caduto in ginocchio, ha giurato che non avrebbe più sbagliato, piangeva. L’ha fatto per i figli. Matteo è un buon uomo, ma le ha consumato l’anima. Finché non smette, continuerà così…” Anna tacque e tese l’orecchio. Dalla cucina non arrivava alcun suono.

“E se anche Vittorio mi tradisse? Perché è scattato così? Gli ho toccato un nervo scoperto? No, è pigro. Matteo almeno si tiene in forma, va in palestra. Il mio ha già la pancia, la calvizie avanza…”

Ma quel dubbio piantato nel cuore cominciò a germogliare. Anna non guardava più lo schermo, perso ogni interesse per la serie. Si alzò, infilò le pantofole e andò in cucina. Vittorio sedeva sulla sedia, una gamba sull’altra, fumando e dirigendo il fumo verso la finestra socchiusa. Entrò una corrente d’aria, e Anna rabbrividì.

“Perché hai ricominciato a fumare?”

Lui trasalì, la cenere cadde sul tavolo.

“Uffa, mi hai spaventato.” Vittorio la spazzò via. “Anche io ho i miei pensieri. Matteo è pur sempre un amico.”

“Allora parlaci. Non gli vergogna, davanti ai figli? Che esempio dà?” Anna prese il portacenere dal davanzale e lo mise sul tavolo.

“Come se mi ascoltasse. Non mi intrometto. Sa cosa fa. È la sua vita,” disse lui, tirando un’ultima boccata e spegnendo la sigaretta. Poi andò alla finestra e la chiuse.

“Andiamo a dormire.” Superò la moglie senza guardarla.

Anna scosse la testa, spense la luce e tornò in camera. Vittorio era già coricato, voltato dall’altra parte. In tv andava già il programma di Bruno Vespa. Anna spense tutto e si mise a letto. Da mesi ormai dormivano così, schiena contro schiena.

Si erano conosciuti negli anni felici dell’università, innamorati perdutamente. Due anni dopo si erano sposati. La vita era andata come per tutti: litigi, riconciliazioni, avanti così. La figlia era cresciuta, si era laureata e si era trasferita a Milano. Anna non pensava alla felicità. Ma era stata felice. Gli amici divorziavano, si risposavano. Ognuno aveva una storia. Loro erano insieme da ventisette anni, sposati da venticinque. Un quarto di secolo.

I pensieri tornarono a Luisa. Nelle orecchie le risuonava ancora la sua voce: “Perché mi fa questo? Ho fatto tutto per lui. Gli ho dato figli. Ora non ho più gioventù, né marito, resto sola alla mia età…”

Dall’altro lato del letto, Vittorio fissava il buio, trattenendo i sospiri, immobile.

Due giorni dopo, Vittorio tornò tardi dal lavoro. Anna non si allarmò. Capita. Traffico, un amico incontrato per caso, lavoro da finire. Dal suo sguardo capiva sempre il motivo. Se arrivava allegro e brillo, era stato con gli amici. Se cupo, problemi in ufficio.

Finalmente la chiave girò nella serratura. Anna sentì il rumore dei vestiti che venivano tolti. Senza il solito brontolio. Poi passò in cucina.

Quando lo raggiunse, Vittorio era seduto a tavola, appoggiato alla parete. Non sembrava rilassato, anzi, teso come una corda. Anna percepì la sua agitazione. Il cuore le si strinse. Quell’ansia tornò a serpeggiarle dentro, come quella notte. Vittorio fissava il vuoto, come se dovesse prendere una decisione importante.

“È successo qualcosa?” chiese Anna piano, mentre l’inquietudine colmava tutto il suo essere. “Vuoi che ti riscaldi la cena?”

“No, ho mangiato.” Si alzò e uscì senza guardarla.

Anna colse un lieve profumo di colonia. Non era il suo. Era un odore estraneo, ma familiare. Lo aveva già sentito.

Lo aspettò in salotto, ma Vittorio non tornò. Malato? Si era messo a letto? Entrò in camera. Lui sedeva ancora sul bordo del letto, in completo, le mani serrate sulle ginocchia, la testa china.

“Pino…” chiamò.

“Siediti,” disse.

Lei obbedì, sedendosi a distanza, avvertendo ancora quel profumo e la tensione che emanava da lui. Anna tacque. Con un sesto senso, sapeva già cosa avrebbe detto.

“Non posso mentire. C’è un’altra donna,” confessò finalmente.

“Vuoi andartene?”

Non serviva chiederlo. Era evidente. Un uomo parla così quando ha già deciso.

“Sì. Non posso più combattere. Penso sempre a lei.”

“Sempre. Quindi è da tempo. E io, ingenua, credevo che fosse per lavoro o gli amici.” Anna rise amaramente.

“Se te ne vai, non tornerai da me come fa Luisa,” disse.

“Lo so. Ho deciso. Non posso più stare così, ingannarti. Prendo le mie cose e vado.”

Anna voleva chiedergli: e io? E la figlia? E i nostri venticinque anni insieme? Ma improvvisamente tutto le sembrò indifferente. Aveva sempre creduto che non sarebbe successo a loro. Ma sapeva che non avrebbe perdonato. Non sarebbe stata come Luisa, a tenerlo per il bavero.

Si alzò e uscì, chiudendo la porta. Sentì Vittorio muoversi nella stanza, le grucce che sbattevano nell’Anna rimase immobile in corridoio, sentendo il rumore della valigia che si chiudeva, e capì che la loro storia, quella vera, era finita proprio come era iniziata: con un silenzio che non avrebbe più avuto fine.

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