**Donna Sola con Bagaglio**
Ginevra cresceva da sola il figlio. Il marito l’aveva lasciata più di dieci anni prima. Per tutto quel tempo, lui aveva puntualmente pagato gli alimenti, con la coscienza pulita e la legge dalla sua parte. Almeno, così diceva di sé.
Se n’era andato, portandosi via le sue cose e l’auto, lasciando Ginevra con un mutuo da pagare e un figlio in braccio. In tutti quegli anni, non aveva mai fatto visita al bambino, mai un augurio di compleanno, mai un regalo.
“Ne avrà già fregate altre come te, poverette. Scapperà sempre dalle responsabilità, finché non perderà la virilità. E speriamo presto. Te l’avevo detto, non prendere quel mutuo. Non mi hai ascoltata. Ora ci lavorerai per tutta la vita,” sospirava la madre di Ginevra.
Ironia della sorte, erano stati proprio loro, lei e suo padre, a insistere perché Ginevra avesse il mutuo e la casa intestata a lei.
Così viveva, da stipendio a stipendio, con due lavori e un figlio da tirare su. Per fortuna, Alessio non dava troppi problemi.
Dopo il secondo lavoro, sfiancata dalla stanchezza, entrava in un supermercato e trascinava i piedi verso casa, sognando di liberarsi della borsa pesante, togliere le scarpe, sedersi e chiudere gli occhi. Si sentiva come un cavallo da giostra: quelli che al parco portano in groppa i bambini, guadagnandosi il pane.
Le intrecciano le criniere, attaccano pennacchi luccicanti sulla testa, li coprono di gualdrappe colorate. E si muovono lenti, con gli occhi spenti, portando in groppa un altro bambino felice. Più o meno così si sentiva Ginevra. Una vita in cerchio: lavoro, spesa, casa.
Indossava abiti comodi, comprati da “Saldi & Affari”, senza pretese. Le novità le concedeva raramente, riservandole per occasioni speciali, che nella sua vita erano poche. Così, anche quei vestiti diventavano obsoleti.
Mentre camminava, pensava a cosa preparare per cena, se Alessio fosse già a casa… La grande borsa le pendeva dalla spalla. Con una mano la reggeva per evitare che scivolasse, nell’altra stringeva il sacchetto della spesa. Se il figlio era a casa, avrebbe riposato cinque minuti e poi cucinato pasta al sugo con würstel.
Eppure, un tempo, che donna era stata! Capelli folti, occhi luminosi. E la figura, ancora adesso, era invidiabile. Come tutte le ragazze, aveva sognato l’amore. Ed era arrivato, nelle sembianze di Luca. Come non innamorarsi di un ragazzo così affascinante? Le aveva promesso amore eterno, una macchina, magari una Ferrari o, in mancanza d’altro, una Mercedes. E due figli, sicuro.
La macchina l’aveva comprata, e con quella era partito verso un futuro luminoso, lasciando a Ginevra la casa con il mutuo e un figlio.
Ginevra fissava la strada davanti a sé. Bastava un attimo di distrazione per finire in una pozzanghera o per slogarsi una caviglia. Le strade lasciavano molto a desiderare. E bisognava sempre scansarsi dal bordo del marciapiede, per evitare che qualche pirata della strada la inzuppasse d’acqua sporca, sfrecciando sulle pozzanghere.
“Ginevra!” Una voce la fermò. Una donna elegante, vestita con stile, le bloccò il passo.
Ginevra stentò a riconoscere Sofia, la sua compagna di scuola. Non era mai stata una bellezza, ma ora sembrava uscita da una rivista patinata. Al confronto, Ginevra si sentì un’appestata, con il suo abito dimesso.
“Che bello incontrarti! Sono venuta a trovare mia madre, ma nessuno dei nostri c’è più. Tutti sparsi chissà dove. Gina! Dimmi, come stai?”
*Dalla mia faccia non si capisce?* pensò Ginevra, ma rispose:
“Bene, come tutti.”
“Sei sposata?”
“Divorziata. Vivo con mio figlio. E tu?”
“Io…” Sofia chiuse gli occhi, come abbagliata dal sole. “Ho sposato uno spagnolo, vivo a Barcellona. Sono qui per una settimana. Senti, non ti lascerò scappare così. Andiamo a bere qualcosa. O inviami da te. Dove abiti?”
“Qui vicino. Vieni, ma è tutto in disordine. Non ho nemmeno lavato i piatti di ieri.”
“Non fa niente, sono abituata a tutto, sono pur sempre italiana.”
Ginevra aprì la porta di casa e gridò verso le camere:
“Alex, sei a casa? Abbiamo ospiti.”
Sul limitare della porta apparve un ragazzo carino.
“Wow! È tuo figlio? Che bel ragazzo,” esclamò Sofia. “Che classe fai? Hai già pensato all’università?”
“Non ancora. Mamma, i piatti li ho lavati io, devo fare i compiti,” disse lui, scomparendo in camera sua.
“Che autonomo che è.” Nella voce di Sofia c’era una punta d’invidia.
“Tu non hai figli?” chiese Ginevra, gonfia d’orgoglio.
“No. Mio marito è molto più grande. Ha già dei figli adulti, non vuole più avere a che fare con pannolini e biberon.”
Ginevra preparò in fretta la cena mentre Sofia raccontava della vita in Spagna.
“Ma perché hai divorziato, marito alcolizzato?” chiese Sofia alla fine.
“No, non beveva. Prima di Alessio, tutto bene. Poi… dormiva poco, era irrequieto. Io non lavoravo, ero in maternità, e c’era il mutuo, il finanziamento per la macchina. Insomma, lui disse che era stanco di quella vita e se ne andò, anzi, scappò con la sua auto.”
“Che stronzo!” sbottò Sofia. “Ti ha lasciata con un figlio e un mutuo!”
Ginevra evitò di approfondire quanto fosse stato davvero difficile. E dubitava che Sofia avrebbe capito. I genitori l’avevano aiutata, altrimenti non ce l’avrebbe fatta, o avrebbe perso la casa.
“Non importa, la tua sfortuna è finita. Ci sono tanti uomini soli lì. Non giovanissimi, ma ancora in forze, che vogliono sposare una donna più giovane. Amano le italiane. Che ti spiego, sai com’è la nostra reputazione. Siamo forti, resistenti, sappiamo tutto fare. Io e mio marito abbiamo molti amici. Tra tre giorni torno in Spagna e ti troverò un fidanzato ricco.”
“Ma figurati, io ho un bagaglio. SFM.”
“E cioè? Un acronimo?”
“Le donne con figli, il modo in cui certi uomini le chiamano: Single con Figlio a Mantenere. Appena scoprono che hai un figlio, ti evitano come la peste.”
“Ma che sciocchezze! Meglio essere una SFM che un ABR.”
“E quello cos’è?” chiese Ginevra, incuriosita.
“Abbandona il suo Bambino, ecco cosa significa. A certi uomini andrebbe marchiato in fronte.”
“E in Spagna non abbandonano i figli?”
“Qualcuno sì. Gli uomini sono uguali dappertutto. Ma tuo figlio è quasi adulto. Sei perfetta. Tra tre giorni parto e mi occuperò di te. Hai Skype? Bene. Brindiamo alla tua nuova vita!”
Ginevra tirò fuori dal frigo una bottiglia di vino mezzo vuota, rimasta dal suo compleanno.
“Però datti una sistemata. Fatti un taglio, comprati qualcosa di nuovo,” consigliò Sofia.
Ginevra si vergognò a dire che i soldGinevra sorrise mentre osservava Alessio e Antonio ridere insieme in cucina, sentendo per la prima volta dopo tanto tempo che la felicità, fragile e preziosa, era finalmente tornata a casa sua.