Destini Incrociati

**Destino**

Oggi ho parlato con Ludovica. Ma lo sai? Alessio ha ricominciato a fare il cascamorto, ha detto Tamara, abbassando il volume della televisione durante la pubblicità che interrompeva la solita telenovela del secondo canale.

Guardò il marito. Era semisdraiato sul letto, appoggiato ai cuscini, e osservava distrattamente lo schermo.

“Vito, mi stai ascoltando? Alessio sta facendo di nuovo il cretino,” ripeté, senza aspettare una risposta.

“Ti sento. E a te che importa?” rispose lui, senza voltarsi.

“Come, scusa? Ludovica è la mia amica. Ci tengo a lei. Alessio non ti ha detto niente?” chiese Tamara, studiando il profilo del marito.

“Non deve rendermi conto. E poi non lo vedo da settimane. E poi, diciamocelo, la tua amica è una poco di buono. Scapperei anch’io. Basta, adesso ricomincia il film.”

“Davvero? Lui ti ha detto questo? Quindi è colpa di Ludovica. Per voi uomini la donna ha sempre torto, purché vi giustifichiate. Ma chi l’ha resa così? È la sua vita che Alessio rovina, sempre in giro con chissà chi!” Tamara serrò le labbra, mentre il marito fissava la tv con aria tesa.

“Sai, io ti rimprovero spesso. Quante volte ti ho detto di pulirti le scarpe prima di entrare? Porti sporco e sabbia dappertutto. E la doccia, lascia sempre tutto incrostato… Allora sono anch’io una pazza? Forse anche tu mi tradisci? Per fare come Alessio?” Tamara lo fulminò con lo sguardo.

“Eccoci, siamo partiti. Adesso tocca a me,” borbottò Vito, buttando via le coperte e alzandosi. “Finisco l’episodio in cucina.”

“Mi dispiace solo per la mia amica,” disse Tamara alla sua schiena.

“Si amavano così tanto, prima. Le aveva scritto poesie, le portava fiori di nascosto dalla finestra al secondo piano. Di che vi lamentate? Non è mai abbastanza,” gridò Tamara verso la porta aperta.

“Finché ci corteggiate, siamo le vostre stelline, le conigliette, le ragazzine. Poi, appena trovate l’amante, diventiamo tutte isteriche,” continuò a monologare, come se lui potesse sentirla. “Ludovica lo ha perdonato chissà quante volte. La prima volta si è fatto trovare in ginocchio, giurava che non l’avrebbe mai più fatto, piangeva perfino. Lei ci ha creduto, per i ragazzi. Ma no, Alessio è un brav’uomo, peccato che le abbia svuotato l’anima. Finché non gli cascherà a pezzi, continuerà a fare il gallo…” Tamara tacque, tendendo l’orecchio. Nel silenzio della cucina, nessun rumore.

“O forse Vito mi tradisce anche lui? Perché è scattato così? L’ho toccato nel vivo? No, è solo pigro. Alessio almeno si tiene in forma, va in palestra. Il mio ha la pancetta, la chierica che avanza…”

Ma quel dubbio, appena nato, cominciò a fiorire in ansia. Tamara non guardava più la tv. Si infilò le pantofole e andò in cucina. Suo marito era seduto su una sedia, una sigaretta tra le dita, dirigendo il fumo verso la finestra socchiusa. Un piccolo spiffero la fece rabbrividire.

“Ma quando hai ripreso a fumare?”

Lui trasalì, la cenere cadde sul tavolo.

“Mannaggia, mi hai spaventato,” disse Vito, soffiando via la cenere. “Forse sono preoccupato anche io. Alessio e io siamo amici da una vita.”

“Allora parlaci! Non gli pesa il fatto di dare un esempio così ai figli?” Tamara prese il portacenere dal davanzale e lo posò davanti a lui.

“E come se mi ascoltasse. Non sono mica suo padre. È la sua vita, sa quello che fa.” Fece un’ultima boccata, schiacciò la sigaretta. Poi andò verso la finestra e la chiuse.

“Andiamo a dormire.” Le passò accanto senza guardarla.

Tamara scosse la testa, spense la luce e lo seguì. Lui era già nel letto, voltato verso il muro. In tv parlava un talk show con Massimo Giletti. Tamara spense tutto e si coricò. Ormai erano mesi che si addormentavano così, schiacciati ognuno al proprio lato.

Si erano conosciuti all’università, giovani e pieni di sogni, incapaci di staccarsi l’uno dall’altra. Due anni dopo si erano sposati. La vita era andata come per tutti: litigi, riappacificazioni, la routine. La loro figlia era cresciuta, si era laureata ed era partita per Milano. Tamara non aveva mai ragionato sulla felicità. Eppure era stata felice. Gli amici divorziavano, si risposavano. Ognuno con la sua storia. Loro erano insieme da ventisette anni, sposati da venticinque. Un quarto di secolo.

I pensieri tornarono a Ludovica. Nelle orecchie riecheggiava ancora la sua voce: “Perché mi tratta così? Ho fatto tutto per lui. Gli ho dato dei figli. Ora non ho più gioventù, né mio marito, sola nella vecchiaia…”

Dall’altra parte del letto, Vito aveva gli occhi aperti, fissava il buio, tratteneva i sospiri e cercava di non muoversi.

Un paio di giorni dopo, Vito tardò dal lavoro. Tamara non si preoccupò. Capita. Traffico, un amico incontrato per caso, lavoro da finire. Dal suo umore capiva subito il motivo. Se tornava allegro e un po’ ubriaco, era stata serata con gli amici. Se cupo e nervoso, problemi in ufficio.

Finalmente, la chiave girò nella serratura. Tamara sentì il marito spogliarsi, senza il solito grugnire. Poi passò in cucina.

Quando lo raggiunse, Vito era seduto al tavolo, la schiena contro il muro. Ma non sembrava rilassato, anzi, teso come una corda di violino. Tamara percepì la sua agitazione. Il cuore le cadde. L’ansia di quella notte tornò a serpeggiarle dentro. Vito fissava il vuoto, come se stesse prendendo una decisione importante.

“È successo qualcosa?” chiese piano Tamara, mentre l’angoscia le invadeva lo sguardo. “Vuoi che ti riscaldi la cena?”

“No, ho già mangiato.” Si alzò e uscì dalla cucina senza guardarla.

Tamara captò una leggera traccia di profumo. Straniero, ma familiare. Lo aveva già sentito prima.

Aspettò in salotto davanti alla tv, ma lui non si fece vedere. Si era sentito male? Addormentato subito? Entrò in camera. Vito era seduto sul bordo del letto, ancora in giacca e cravatta, le mani strette sulle ginocchia, la testa bassa.

“Vito…” lo chiamò.

“Siediti,” disse lui.

Le obbedì, a una certa distanza, sentendo ancora quell’odore estraneo e la tensione che emanava. Tamara tacque. Con un sesto senso, sapeva già cosa avrebbe detto.

“Non posso mentire. C’è un’altra donna.”

“Vuoi andartene?”

Era inutile chiederlo. Era ovvio. Un uomo parla così solo quando ha già deciso.

“Sì. Non riesco a resisterle. Penso solo a lei.”

“Sempre. Quindi è già da tempo. E io, ingenua, credevo che fossi con gli amici.” Tamara sorrise amara.

“Se te ne vai, non ti riprenderò come ha fatto LudTamara gli strinse la mano più forte, sentendo per la prima volta dopo mesi che forse, nonostante tutto, il destino aveva ancora qualcosa di buono in serbo per loro.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

3 × five =

Destini Incrociati