Una donna solitaria con un rimorchio

**Donna sola con il “rimorchio”**

Raffaella cresceva da sola suo figlio. Il marito l’aveva lasciata più di dieci anni prima. Per tutto quel tempo, lui aveva pagato regolarmente gli alimenti, pulito davanti alla coscienza e alla legge. O almeno, così sosteneva.

Se n’era andato, portandosi via le sue cose e l’auto, lasciando a Raffaella un mutuo da pagare e un bambino. In tutti quegli anni, non era mai passato a vederlo, mai un regalo di compleanno, mai una telefonata.

«Probabilmente avrà già abbindolato qualche altra poveraccia come te. Scapperà dalle responsabilità finché non gli cascheranno le brache, e speriamo presto. Te l’avevo detto di non fare quel mutuo. Non mi hai ascoltato. Adesso ci lavorerai sopra tutta la vita», sospirava la madre di Raffaella.
Peccato che fossero stati proprio loro, lei e suo padre, a insistere perché firmasse quel mutuo e intestasse l’appartamento a sé.

E così era andata: stipendio su stipendio, due lavori, un figlio da crescere. Per fortuna, Alessio non dava troppi problemi.

Dopo il secondo turno, stanca morta, faceva la spesa e trascinava i piedi verso casa, sognando di liberarsi al più presto delle buste pesanti, togliersi le scarpe, sedersi e chiudere gli occhi. Si sentiva come quei cavalli al parco che portano in giro i bambini, guadagnandosi da vivere un giro alla volta.

Gli intrecciano le criniere, gli mettono pennacchi luccicanti in testa, li coprono con gualdrappe colorate. E loro camminano lenti, con lo sguardo spento, mentre sulla groppa c’è un altro bambino felice. Ecco, Raffaella si sentiva così. Vita in cerchio: lavoro, spesa, casa.

Indossava abiti comodi, presi al mercato rionale. I vestiti nuovi erano rari e li tirava fuori solo per occasioni speciali, che nella sua vita scarseggiavano. E così, prima o poi, diventavano vecchi.

Mentre camminava, pensava a cosa preparare per cena, se Alessio fosse già a casa… La borsa le penzolava da una spalla, una mano la reggeva per evitare che scivolasse, l’altra stringeva la busta della spesa. Se il figlio era a casa, poteva riposare cinque minuti e poi mettersi a bollire pasta e würstel.

Eppure, un tempo, che donna era! Capelli folti, occhi luminosi. La linea, peraltro, ancora invidiabile. Come tutte, sognava l’amore. Ed era arrivato, sotto le spoglie di Massimo. Come non innamorarsi di un ragazzo così carino? Le aveva promesso amore eterno, una macchina, magari una BMW, come minimo una Mercedes, e due figli.

La macchina l’aveva comprata, e ci era partito per il suo futuro radioso, lasciando a Raffaella l’appartamento col mutuo e un bambino.

Raffaella guardava la strada davanti a sé. Bastava distrarsi un attimo per finire in una pozzanghera o per slogarsi una caviglia. Le strade, si sa, non sono il massimo. E poi, dovevi fare attenzione a non farti inzuppare da qualche pirata della strada che sfrecciava nelle pozzanghere.

«Raffaella!» Una donna elegante e impeccabile le sbarrò la strada.

Ci volle un attimo per riconoscere Simona, la sua compagna di scuola. Non era mai stata una bellezza, ma ora sembrava uscita da una copertina patinata. Raffaella, al confronto, si sentiva un cencio.

«Che bello incontrarti! Sono venuta a trovare mia madre, ma non c’è più nessuno dei vecchi tempi. Tutti sparpagliati chissà dove. Raffy! Dimmi, come va?»

«Non si vede?» pensò Raffaella, ma disse: «Normale, come a tutti».

«Sei sposata?»

«Divorziata. Vivo con mio figlio. E tu?»

«Io…» Simona chiuse gli occhi, come abbagliata dal sole. «Ho sposato uno spagnolo, vivo a Barcellona. Sono qui per una settimana. Dai, non posso lasciarti così. Usciamo a prendere un caffè o invitami da te. Dove abiti?»

«Qui vicino. Vieni, ma è un disastro. Non ho neanche lavato i piatti di ieri».

«Tranquilla, so adattarmi. Sono pur sempre italiana, no?»

Raffaella aprì la porta di casa e chiamò verso le stanze: «Alessio, sei qui? Abbiamo ospiti».

Sulla soglia apparve un ragazzo sveglio.

«Oddio! È tuo figlio? Che bel ragazzino», esclamò Simona. «In che classe sei? Hai già pensato a cosa studiare?»

«Non ho deciso. Mamma, ho lavato i piatti, devo fare i compiti», disse, sparendo nella sua stanza.

«Ma che indipendente», commentò Simona, con una punta d’invidia.

«E tu? Hai figli?» chiese Raffaella, gonfia d’orgoglio.

«No. Mio marito è molto più grande. Ha già figli grandi, non ha voglia di ricominciare con pannolini e biberon».

Raffaella preparò in fretta la cena, mentre Simona raccontava della vita in Spagna.

«Allora, perché hai divorziato? Beveva?» domandò alla fine Simona.

«No, non beveva. Finché non è nato Alessio, tutto bene. Poi… lui non dormiva, era un neonato difficile. Io non lavoravo, ero in maternità, e c’erano il mutuo, il finanziamento per la macchina… Lui disse che era stanco di quella vita e se ne andò, anzi, partì con la sua auto».

«Che stronzo!» sbottò Simona. «Ti ha mollata con un figlio e un mutuo!»

Raffaella evitò di approfondire quanto fosse stato davvero difficile. Tanto Simona non avrebbe capito. I genitori l’avevano aiutata, altrimenti non ce l’avrebbe fatta o avrebbe perso casa.

«Su, considera finita la tua sfortuna. Lì abbiamo tanti uomini single. Non giovanissimi, ma ancora in forma e intenzionati a sposare una donna più giovane. Amano le italiane. E te lo dico io, sai che siamo fatte così: fermeremmo un cavallo al galoppo, entreremmo in un edificio in fiamme e cresceremmo un figlio da sole. Io e mio marito abbiamo tanti amici. Tra tre giorni torno in Spagna e ti trovo un bel partito».

«Ma dove, io ho il “rimorchio”. SDS».

«E che roba è? Una setta?»

«È come gli uomini chiamano le donne sole con un figlio: separata, divorziata, single. Appena scoprono che c’è un bambino, neanche ti guardano».

«Ma che sciocchezze? Meglio essere SDS che ABF».

«E quello cos’è?» chiese Raffaella.

«Abbandona i figli, ecco cos’è. A certi uomini dovrebbero marchiarlo in fronte».

«E in Spagna non li abbandonano?»

«Certo che sì. Gli uomini sono uguali dappertutto. Ma tuo figlio è quasi grande. Sei perfetta sotto ogni punto di vista. Tra tre giorni parto e mi occupo di te. Hai Skype? Bene! Beviamo alla tua nuova vita!»

Raffaella tirò fuori dal frigorifero una bottiglia di vino mezza vuota, avanzata dal suo compleanno.

«Però, datti una sistemata. Cambia taglio, comprati qualcosa di carino», consigliò Simona.

Raffaella si vergognò a dire che i soldi scarseggiavano e che spenderli in vestiti le sembrava uno spreco.

Poi Simona sePoi un giorno, mentre tornava a casa a piedi nudi dopo essersi slogata una caviglia con i tacchi nuovi, Raffaella si rese conto che forse, dopotutto, la felicità non era a Barcellona né nel prossimo uomo che avrebbe incontrato, ma proprio lì, nella sua vita semplice, tra le risate con Alessio e la libertà di poter scegliere, finalmente, per sé stessa.

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