La Luna e il Sacco Segreto: Un Rimedio per la Fame

LA FAME CI STRINGEVA, MA LUI, OGNI NOTTE, SOTTO LA LUNA, NASCONDEVA UN SACCO DI FARINA CHE CI SALVÒ LA VIDA.

Mi chiamo Giulia Lombardi, e mio padre, Don Francesco, era un uomo di poche parole, ma di una forza incrollabile. Nacqui nei duri anni ’40, quando il dopoguerra stringeva come un laccio invisibile ogni casa. La miseria si sentiva nell’aria, e la fame, uno spettro che bussava alle nostre porte. Eravamo tanti fratelli, e mia madre, stremata, faceva miracoli con quel poco che avevamo per mettere qualcosa in tavola. Mio padre, un bracciante, lavorava dall’alba al tramonto, ma spesso il pagamento era misero, o semplicemente, non c’era lavoro.

Ricordo le notti di silenzio, quando lo stomaco brontolava e il sonno era difficile. Mia madre, con lo sguardo perso, cercava di nascondere il vuoto. Mio padre, invece, si alzava a mezzanotte. Pensavamo andasse in bagno, o forse a bere un bicchiere d’acqua. Non gli chiedemmo mai, eravamo troppo piccoli per capire la gravità della situazione, o per sospettare il suo segreto.

Anni dopo, quando la vita cominciò a concederci una tregua, e la tavola si riempì un po’ di più, mia madre ci svelò la verità. Durante i peggiori anni della fame, quando il pane era un lusso irraggiungibile, mio padre si era messo in un’impresa clandestina. Ogni notte, dopo la sua giornata estenuante, camminava chilometri fino a un mulino abbandonato, dove, protetto dall’oscurità e dalla luna, riusciva a procurarsi—chissà come—un piccolo sacco di farina. La nascondeva in un luogo segreto nell’orto, e poco a poco, con quella farina “extra”, mia madre poteva fare pane o polenta che ci davano la forza per sopravvivere un altro giorno.

Lui non ci disse mai niente. Né una lamentela, né una parola sul pericolo che correva, né sulla stanchezza che lo consumava. Le sue mani, screpolate e forti, erano le uniche testimoni del suo silenzioso sacrificio. Non ci fece discorsi sulla speranza, ce la cucinò ogni giorno con quel pane impastato di nascosto. Non era farina rubata, era farina della sua stessa disperazione trasformata in amore.

Mio padre ci salvò dalla fame, non con grandi gesti, ma con un atto d’amore puro, ripetuto notte dopo notte, nel più assoluto silenzio. Oggi, ogni volta che vedo un campo di grano, ricordo le mani di mio padre che seminavano, non solo chicchi, ma la speranza nei cuori dei suoi figli.

“L’amore più grande non si grida sempre, a volte si impasta in silenzio e si serve con ogni alba.”

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