**31 Maggio, Roma**
Ieri, mentre tornavo dal lavoro, l’ho vista. Proprio lei. Ero distratto, cercavo una svolta, e quando mi sono voltato, era già sparita. Da allora, ogni volta che la nostalgia mi assaliva, venivo qui, seduto in macchina, sperando di rivederla. Immaginavo di scendere e dirle: «Ciao! Che sorpresa!»
Andavamo in classe insieme. Era una ragazza normale, niente di speciale, se non il fatto che fosse la prima della classe. Non le avevo mai dato peso. A quel tempo, le ragazze non mi interessavano. Eravamo cresciuti insieme, diventati quasi fratelli e sorelle. Come si fa a innamorarsi di una sorella? Impossibile. Io uscivo con i ragazzi, giocavo a calcio, e poco altro. Con alcune ragazze parlavo di più, con altre meno. Ma lei, Fiammetta, non l’avevo mai notata davvero.
Poi arrivò la maturità. Se prima non mi preoccupavo dei voti, adesso era diverso. Mia madre sognava che mi iscrivessi a Giurisprudenza, che diventassi avvocato come mio padre, morto due anni prima per un infarto.
Ma io non volevo fare l’avvocato. Mi piaceva la programmazione, l’intelligenza artificiale. E per quell’università serviva la matematica.
La scuola mi annoiava, ma sapevo che l’università sarebbe stato diverso. Si studia per un obiettivo, non solo per nozioni inutili.
Quel giorno, il Professore Rossi ci ricordò che avremmo scritto un compito in classe. «Il voto che prenderete oggi sarà quello della pagella. La maturità è vicina, abituatevi.»
Gli studenti bravi si preoccuparono, i pigri invece si rallegrarono: era la loro occasione per riscattarsi. Risolsi gli esercizi velocemente, ma il problema mi bloccò. Il tempo era poco, cominciai a sudare. Provai a copiare: davanti a me c’era Marco, detto “il Panzone”, ma ignorò il mio colpetto sulla schiena. Dietro di me, Fiammetta—mai che aiutasse nessuno. Il mio amico Valerio, seduto accanto, scrollò le spalle: «Non rompere, faccio fatica anch’io!»
Poi un tocco leggero sulla schiena. Mi voltai e incrociai gli occhi di Fiammetta. «Dai», sussurrò. Le passai il foglio e aspettai, il cuore in gola. Il Professore Rossi, alto e magro come una gru, controllava i banchi. Quando la sua ombra cadde su di me, il foglio con la soluzione era già tornato nella mia mano. Appena in tempo.
«Grazie», le dissi dopo la lezione. «Non ti avrei mai creduto capace.»
«Eravamo nello stesso gruppo», rispose lei, come se niente fosse.
Non me l’aspettavo. Mai avrei pensato che Fiammetta—silenziosa, seria Fiammetta—mi avrebbe salvato.
La aspettai all’uscita.
«Come hai fatto a capire che ero in difficoltà?»
«Ti agitavi come un pesce fuor d’acqua.»
Parlammo del futuro. Io, programmaMa mentre parlavamo, sentii lo sguardo di Raffaella, la compagna che mi seguiva ovvero, e capii che la vita aveva già scritto per noi una storia diversa da quella che avremmo voluto.