Ciao! Sapevo che ci saremmo incontrati…

Ciao! Sapevo che ci saremmo incontrati prima o poi…

Un anno fa, mentre tornava dal lavoro, Matteo la vide per caso. Cercò di girare, tornò indietro, ma lei era già sparita. Da quel giorno, ogni volta che la tristezza e i ricordi lo assalivano, tornava lì, si sedeva in macchina e sperava di rivederla. Immaginava come sarebbe sceso e le avrebbe detto: «Ciao! Che sorpresa incontrarti qui!»

Avevano frequentato la stessa classe. Una ragazza normale, senza niente di particolare, tranne che era la prima della classe. Lui non le aveva mai fatto caso. A quel tempo, nessuna ragazza gli interessava. Avevano passato così tanti anni insieme, cresciuto, maturato, che tutte le compagne gli sembravano quasi sorelle. Come si può innamorarsi, diciamo, di una sorella? Impossibile. C’erano e basta. Con i ragazzi era diverso, quello sì. Certo, con alcune ragazze parlava di più, con altre meno. Ma lei, non l’aveva mai notata.

Davanti a loro c’era la maturità. E se prima Matteo prendeva i voti con calma, ora cominciava a preoccuparsi. Sua madre sognava che, dopo il liceo, si iscrivesse alla facoltà di giurisprudenza, diventasse avvocato come suo padre, morto improvvisamente due anni prima per un infarto.

Ma Matteo non voleva fare l’avvocato. Voleva programmare, esplorare le nuove tecnologie, l’intelligenza artificiale. E per entrare all’università e lavorare serviva la matematica.

Studiare lo annoiava terribilmente. Ma l’università non era come il liceo. Lì capivi perché studiavi, non era solo un insieme di nozioni inutili per la vita.

Il Prof. Ricci, insegnante di matematica, all’inizio della lezione ricordò che quel giorno avrebbero fatto un compito in classe.

«Il voto che prenderete oggi sarà quello della pagella. La maturità è vicina, abituatevi. E non importa quali voti avete preso finora.»

Quelli bravi si irrigidirono, quelli meno preparati si rallegrarono, perché avevano una possibilità, seppur minima, di prendere un buon voto.

Gli esercizi Matteo li risolse rapidamente, ma si bloccò sul problema. Il tempo stringeva e lui non riusciva a venirne a capo. Cominciò a innervosirsi e pensò a chi poter copiare. Davanti a lui c’era Ciccio Lombardi. Non sarebbe stato d’aiuto, ma Matteo gli diede un colpetto con la penna sulla schiena larga. Lui non si voltò nemmeno.

Dietro di lui c’era la secchiona Lucia Marini. Da lei non c’era da aspettarsi aiuto. Non aveva mai dato un suggerimento in vita sua.

Accanto a lui c’era il suo amico Paolo. Neanche lui era un genio della matematica. Matteo provò a passargli il foglio, ma Paolo lo scacciò: «Non rompere, non sto finendo neanche io.»

Nella fila accanto c’era Valentina Rossi, che aveva lo stesso compito. Ma da lei non avrebbe mai chiesto. Era innamorata di lui e poi non se ne sarebbe più liberato.

Il Prof. Ricci passò tra i banchi, le mani dietro la schiena. Alto e magro, con un completo grigio severo, si chinava sui tavoli, piegandosi in vita, e ricordava a Matteo un airone. Si fermò vicino a Lombardi. Guardò il suo foglio, scosse la testa e proseguì.

Mancava poco alla fine della lezione. All’improvviso, sentì un lieve colpetto sulla schiena.

Matteo si girò e incrociò lo sguardo di Lucia. «Dai», disse solo con le labbra. Lui capì, le passò il foglio con il problema irrisolto e aspettò. Il professore stava già tornando verso il loro banco. Matteo sudava dalla tensione. Cosa ci metteva tanto Lucia?

«Guerra, più attenzione. Trova l’errore e correggi. Hai ancora tempo.» Il Prof. Ricci si fermò al banco accanto e batté un dito lungo e sottile sul foglio di Luca Guerra.

In quel momento, un foglio leggero gli cadde sulla spalla. Lo afferrò e lo divorò con gli occhi. In fondo, a matita, c’era la soluzione del problema. La copiò subito con la penna e cancellò le tracce di matita. L’ombra del professore cadde sul banco. Il cuore di Matteo si bloccò. Forse l’aveva visto? Ma in quel momento suonò la campanella salvifica.

«Bene, finite. Lasciate i fogli sul mio tavolo», ordinò il Prof. Ricci, dirigendosi verso la cattedra.

Matteo, sollevato, lasciò il suo foglio sulla pila e uscì in corridoio.

«Grazie mille. Mi hai salvato», disse a Lucia Marini quando uscì dall’aula.

«Dai, non è niente. Avevamo lo stesso compito, non è stato difficile.»

Non si sarebbe mai aspettato che la silenziosa secchiona Lucia lo avrebbe aiutato, e senza neanche chiederlo. Mai aiutava nessuno, e invece stavolta… Valentina Rossi passò accanto a loro e li fulminò con lo sguardo. Pazienza.

Dopo scuola, Matteo aspettò Lucia all’uscita.

«Lucia, come hai capito che non avevo risolto il problema?» le chiese, camminando al suo fianco.

«Ti agitavi e giravi la testa, l’ho capito.»

«Avevo paura di prendere un tre.»

«Vuoi fare giurisprudenza?» chiese Lucia.

«Come lo sai? No. Mia madre ci conta, ma io voglio fare informatica. È il futuro.»

«Le nostre madri lavorano insieme. Non lo sapevi?»

«No, la mia non mi ha mai detto nulla…»

Camminarono scambiandosi frasi senza importanza.

«Valentina ci sta seguendo, la sento bruciarmi la schiena con lo sguardo. È gelosa. È innamorata di te», disse improvvisamente Lucia.

«Lo so. Mi perseguita. E tu dove vuoi iscriverti?» chiese Matteo.

Era abituato a Valentina sempre nei paraggi, non ci faceva più caso.

«A medicina.»

«Wow. Vuoi salvare vite?»

«Bambini. Voglio fare la pediatra», rispose semplicemente Lucia.

La cosa lo sorprese. Non avrebbe mai immaginato che la seria e silenziosa Lucia Marini volesse fare la pediatra. Ma cosa sapeva di lei? Ecco, era arrivata a casa sua. Tra poco sarebbe entrata, e Valentina gli sarebbe piombata addosso.

«Ascolta, spiegami il problema. Se capita all’esame, non potrai aiutarmi», trovò da dire.

«Ora.» Lucia posò lo zaino sulla panchina vicino al portone, tirò fuori un quaderno e una matita e cominciò a spiegare.

Si chinarono entrambi sul quaderno, le teste quasi a sfiorarsi. Matteo sentiva il respiro di Valentina vicino al suo orecchio destro. Voleva spostarsi, ma una ciocca dei capelli di Lucia, sfuggita dal cappello di lana, gli sfiorò la guancia sinistra. Un brivido gli attraversò la pelle, il respiro gli mancò e uno strano dolore gli serrò lo stomaco. Gli venne voglia di avvicinarsi ancora di più a lei.

«Hai capito?» chiese lei, alzando gli occhi su di lui.
Tra le lunghe ciglia, i suoi occhi neri brillavano di piccole macchie dorate. Le labbra carnose muovevano parole che Matteo non sentiva, come se fosse diventato sordo. La fissava come se la vedesse per la prima volta.

«Allora, hai capito o no?» ripetè Lucia, severa.

Matteo era confuso. Si era perso a guardarla«Sì», mentì lui, mentre dentro di sé sapeva che quella ragazza silenziosa e intelligente era l’unica cosa che avrebbe davvero contato nella sua vita.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

9 + twelve =

Ciao! Sapevo che ci saremmo incontrati…