Il primo amore non si scorda mai
Alessandra era una ragazza affascinante di ventisette anni. Nella sua vita tutto sembrava uscito da una canzone: “Ci innamoriamo, ci lasciamo, ma raramente le storie coincidono…” Piaceva a molti ragazzi, ma la maggior parte voleva tutto e subito, nel senso più fisico del termine. Perché perdere tempo? I tempi erano quelli. Le occasioni vanno prese al volo, altrimenti sfuggono, e qualcun altro ne approfitterà.
Alessandra era cresciuta in un regno di donne. Sua nonna e sua madre, donne colte e perbene, l’avevano allevata con cura. Il suo nome era un omaggio alla bisnonna, educata in un collegio per signorine nell’Italia di un tempo.
Suo nonno era morto giovane, e sua madre si era separata dal marito quando lei aveva dodici anni. Fin da piccola, Alessandra amava leggere storie d’amore cavalleresche, dove gli eroi difendevano l’onore delle loro amate, affrontando ogni pericolo pur di salvarle dal freddo, dalla fame e dalle avversità. Sognava un amore così, puro e disinteressato, fatto di passeggiate sotto la luna e baci rubati. Pur essendo una ragazza moderna, conosceva la realtà, ma nel cuore desiderava ancora quelle emozioni antiche.
I ragazzi di oggi, però, avevano poco di romantico. Frettolosi, cercavano solo il piacere immediato. Un fiore, una rosa solitaria, per il primo appuntamento, e poi subito al dunque, senza tanti giri di parole. Niente lune, niente sospiri. I fiori si regalavano solo per occasioni speciali, e solo se la relazione durava abbastanza da portare al matrimonio.
Niente romanticismo. Eppure a molte ragazze piaceva così. Anche loro volevano tutto e subito. Perché sprecare tempo in chiacchiere quando si poteva passarlo a godersi la vita?
Alessandra non era fatta per relazioni così veloci. Si innamorava fino a sentire il cuore battere all’impazzata, le farfalle nello stomaco, e poi soffriva vedendo l’uomo dei suoi sogni portarsi a letto un’altra, magari un’amica. Gli uomini correvano, volevano divertirsi finché potevano, senza mogli né figli a legarli.
Le sue amiche si erano tutte sposate, avevano avuto figli, divorziato, risposate, e ancora figli. Quando si vedevano, chiedevano ad Alessandra, stanca ma curiosa: “E tu, quando trovi il tuo principe?” Ma il destino sembrava aver perso la strada per consegnarle l’uomo perfetto dei suoi sogni. E se non l’avesse mai incontrato?
I sogni sono belli, ma il tempo passa. Intorno a lei, i ragazzi liberi diminuivano, sostituiti da divorziati con bagagli pesanti. Aspettare era diventato insopportabile. Il cuore chiedeva amore. E così incontrò Marco, carino, con la macchina e un appartamentino. Cosa volere di più? Si tuffò a capofitto.
Ma Marco non parlava di matrimonio. Poi si scoprì che era già sposato. No, non era un ingannatore, non aveva mentito. Semplicemente, anche lui si era innamorato perdutamente. Ma Alessandra non aveva mai chiesto nulla. Del resto, lui e la moglie non vivevano insieme. Non divorziava solo perché non ne vedeva la necessità. Ma ora che aveva incontrato Alessandra, avrebbe sistemato tutto.
La ragazza fu felice, senza nemmeno chiedergli se avesse figli. E invece c’era un bambino.
Innamorata, Alessandra aspettò paziente che il suo uomo sistemasse le cose. E quando finalmente divorziò, lei lo ebbe tutto per sé. Ma la macchina era andata all’ex moglie, per convincerla a firmare le carte. Anche l’appartamento, una monolocale difficile da dividere, gliel’aveva lasciato. Marco, da vero gentiluomo, non aveva voluto litigare per questioni di soldi. Adesso era senza nulla, con mutui da pagare e gli alimenti da versare.
Era questo che Alessandra aveva sognato? Avrebbe dovuto lasciarlo lì, in mezzo ai guai. Ma non era così che l’avevano educata. Sua madre e sua nonna le avevano insegnato che quando si ama, non si abbandona l’altro nella difficoltà. E così, come una moglie devota, decise di restargli accanto, nella gioia e nel dolore.
Se la famiglia sospettava qualcosa, ormai era tardi per intervenire. Tanto più che Marco le aveva fatto la proposta, si era indebitato per organizzare un matrimonio sontuoso, e poi…
Vissero in affitto, cosa che Alessandra non raccontava a nessuno. Era felice, convinta che avrebbero superato tutto insieme. Se qualche dubbio si insinuava nel cuore, lo ignorava. E poi rimase incinta quasi subito. Felice, certo, ma come avrebbero fatto? Troppi debiti, troppe spese.
Marco cercò altri lavori. Tornava a casa tardi, crollava a dormire. La mattina se ne andava senza un sorriso.
Alessandra aveva ottenuto ciò che voleva. Fingeva felicità con la famiglia, ma loro sentivano la verità. Intanto si avvicinava il parto, e l’ansia cresceva. Come sarebbe andata? Non lavorava, i soldi di Marco sparivano per pagare affitti e debiti. Il cappotto non chiudeva più sulla pancia, e l’inverno era freddo. Servivano mille cose per il bambino, ma i soldi non c’erano.
Passava le notti in bianco, chiedendosi come uscire da quel labirinto. Le rose degli occhiali colorati erano appassite da tempo.
“Troverò una soluzione,” diceva Marco, tornando sempre più tardi. “Sto lavorando.” Ma i soldi non arrivavano.
“Devo pagare l’affitto. Lascia qualche soldo,” chiese una mattina Alessandra.
“Scusa, ho dato tutto per il debito. Chiedi a tua madre.”
E così fece. La madre e la nonna, mai ricche, tirarono fuori quel che potevano.
“Stavolta ti aiutiamo, ma poi? Lascialo,” disse la nonna.
Alessandra tornò a casa e si sfogò con Marco. Si sentiva in colpa, triste, persa.
“Sei in maternità, trovati un lavoretto,” le propose lui.
“Chi assume una incinta?”
“Non devi farti assumere, lavora da casa. Inventati qualcosa.”
Facile a dirsi. Ma Alessandra ci pensò e decise di fare ripetizioni. Laureata, con un buon inglese, poteva aiutare studenti in difficoltà. Cominciò con i figli delle amiche, poi il passaparola portò altri allievi. Ora era lei a dare soldi a Marco.
Dopo il parto riprese subito a lavorare, stringendo il piccolo tra le braccia. In quei momenti, le paure scomparivano.
Le amiche le regalarono passeggino, culla, vestiti a non finire. E una di loro le aprì gli occhi: Marco non lavorava, passava le sere dalla vicina del piano di sopra.
Quella sera lo affrontò. Lui negò, urlando che era invidia.
“Invidia di cosa? Delle nostre ristrettezze?” ribatté lei, trattenendo le lacrime.
Dopo altre sofferenze, Alessandra decise di lasciarlo. Marco la supplicò, promettendo di cambiare.
“Non sei affidabile, sei un traditore. Sai solo fare figli,” gli disse, portando il bambino dalla madre.
Quando il piccolo crebbe, Alessandra trovò un lavoro stabile. La vita migliorò. Decise di non sposarsi mai più. Chi la voleva, con un figlio?
Ma la suocera arrivò, implorandola di tornare.
“Un bambino ha bisogno del padre! Marco è cambiato!”
Lui comprò rose,Marco si inginocchiò davanti a lei in lacrime, ma Alessandra, ormai serena nel suo nuovo amore, chiuse la porta alle spalle senza voltarsi, sapendo che la vera felicità era finalmente arrivata.