“Non te la darò. A nessuno.”
“Posso?” Una ragazza sbirciò dalla porta socchiusa dello studio.
“Gli appuntamenti sono finiti per oggi. Riceviamo solo su prenotazione.”
Il volto della ragazza sembrava vagamente familiare a Marina De Luca. Aveva una memoria eccezionale per i volti, ma era certa che quella ragazza non si fosse mai presentata da lei prima.
“Mi scusi, ma non ho trovato disponibilità fino alla fine del mese,” disse la ragazza.
“Lunedì apriranno le prenotazioni per le prossime due settimane. Oppure può fissare un appuntamento con un altro medico,” propose stancamente Marina.
Le colleghe della clinica si lamentavano spesso che molte pazienti volessero essere visitate proprio da lei.
“Volevo parlare con lei.”
Ed ecco che Marina la riconobbe…
***
“Ciao!” Entrò senza bussare Isabella, diffondendo nell’aria il profumo di un costoso profumo francese.
“Isabella, quante volte ti ho detto di bussare? Potrebbe esserci una paziente sulla poltrona.”
“Nel corridoio non c’è nessuno. Quindi sei libera,” sorrise l’amica, imperturbabile. “Andiamo al bar? Devo dirti una cosa.”
“Parlami qui. Perché dovremmo andare al bar?”
“Quando vedo quella poltrona da tortura, mi viene il mal di stomaco. Come fai a lavorarci?” Isabella arricciò il nasino perfetto.
“Guarda che aiuto i bambini a venire al mondo. Non è una missione importante? Va bene, mi cambio un attimo,” disse Marina, sparendo dietro il paravento.
“E a te stessa non sei riuscita ad aiutare,” sussurrò Isabella.
“È davvero meschino ricordarmelo,” rispose Marina da dietro il paravento.
“Scusa, Marina, ho detto una stupidaggine.”
“Va bene, ma mi devi un caffè e una pasticceria.” Marina uscì dal paravento e sorrise.
Il bar era nell’edificio accanto. Di solito ci andavano medici e pazienti della clinica. La sera si riunivano anche i giovani, ma era ancora presto, e dopo il turno serale, lo staff correva a casa. A quell’ora, il bar era deserto. Le amiche occuparono un tavolo e fecero l’ordine.
“Volevi parlarmi di qualcosa,” ricordò Marina quando il cameriere se ne fu andato.
Isabella frugò nella borsetta per prendere il telefono.
“Che aspetti? Parla,” la incalzò Marina. “Sei incinta?”
“Dio mio, no. Mi basta già la figlia di Sergio. Non credevo che crescere un figlio non tuo fosse così difficile. È terribilmente capricciosa. Ma davvero ero così anch’io?”
“Isabella, non tergiversare. Sono stanca e voglio tornare a casa.”
Il cameriere portò il caffè e i dolci. Dopo un sorso, Isabella iniziò a cercare qualcosa nel telefono, poi lo porse a Marina in silenzio.
“Guarda.”
“Luigi. E allora?” Marina stava per restituirle il telefono.
“Guarda meglio. Chi c’è accanto a lui?” Isabella strizzò gli occhi, come faceva sempre quando era agitata.
“Con una ragazza. E quindi?”
“Scorri,” chiese Isabella.
Marina passò il dito sullo schermo. Nella foto successiva, Luigi abbracciava la ragazza, aiutandola a indossare il cappotto. E poi… Poi si stavano baciando.
“Allora? Che ne dici? Riconosci il posto?” Nella voce di Isabella non c’era trionfo, solo rimpianto.
Marina alzò gli occhi, improvvisamente spenti, verso l’amica.
“Perché me l’hai mostrato?”
“Perché tu lo sapessi. Chi è avvisato è mezzo salvato. Luigi ti tradisce. L’ho scoperto per caso. Un amico di Sergio festeggiava il compleanno in quel ristorante. Sono uscita per andare in bagno e l’ho visto. Prima volevo avvicinarmi, pensavo fossi lì con lui. Poi è arrivata quella ragazza. Luigi non mi ha notato. Non avrebbe notato neanche se il soffitto gli fosse crollato addosso. Sai come la guardava?”
Marina si alzò dal tavolo.
“Marina, scusami. Non avrei dovuto mostrarti quelle foto. Ma volevo che lo sapessi,” si pentì troppo tardi l’amica, balzando in piedi. “Dove vai?”
Marina la fermò con un gesto e andò verso l’uscita. In strada, inspirò profondamente e si allontanò dal bar. Il cuore le batteva forte nel petto, martellandole le tempie. Camminava guardando davanti a sé, ma non vedeva nulla. Davanti ai suoi occhi c’era l’ultima foto del telefono di Isabella.
Erano sposati da quindici anni. E in tutto quel tempo, non era mai riuscita a rimanere incinta. All’inizio, Luigi la consolava e la sosteneva, ma col tempo avevano smesso di parlare di quell’argomento doloroso. Marina aveva visto quanta felicità c’era negli occhi di suo marito quando giocava per terra con i figli degli amici.
Sapeva che prima o poi sarebbe successo. E cosa si aspettava? Luigi sognava dei figli, e lei non poteva darglieli. Ma non era pronta al suo tradimento.
Sulla strada di casa, Marina si calmò un po’. Luigi non era ancora tornato dal lavoro. Seduta davanti alla televisione, fissava il vuoto. Non sentì nemmeno il marito rientrare.
“Sei già a casa?” chiese lui, entrando in sala.
“Certo. Sono quasi le nove. E tu perché così tardi?” domandò Marina con voce tesa.
“Eh…” Luigi si slacciò la cravatta e iniziò a sbottonarsi il colletto della camicia.
“Eri con lei?” Marina gli tese il telefono.
Luigi diede un’occhiata veloce allo schermo. La sua mano si fermò sul colletto.
“Mi stavi pedinando?” Strappò il colletto, e un bottone volò via.
“No. Ti ha visto Isabella al ristorante per caso e mi ha mandato le foto.”
“È un fotomontaggio. Guarda bene, potrei essere suo padre. La tua Isabella si è impegnata parecchio.”
Marina non perse l’agitazione del marito.
“E dimmi anche che quella ragazzina ti ha sedotto. Sii un uomo, ammettilo. Vuoi dei figli, e lei può darteli. O forse già…?” Marina lo guardò con disperazione. “Non tormentare né me né lei. È gelosa, vero? Va’ da lei.”
Luigi si avvicinò a Marina.
“Perdonami. Pensavo che avresti gridato, che avresti rotto i piatti. Invece tu…”
“Vai via, per favore. Altrimenti, come hai giustamente notato, inizierò a rompere i piatti.”
Luigi se ne andò. Marina prese dal frigo una bottiglia di brandy semivuota, ne versò una dose abbondante in una tazza e la bevve. L’alcool le bruciò la gola, e lo stomaco si contrasse in segno di protesta. Marina tossì, prese un bicchiere d’acqua dal rubinetto e bevve. Ma quasi subito si sentì meglio, la tensione si allentò. Ne bevve ancora.
La mattina seguente si svegliò con il mal di testa. Voleva chiamare per chiedere un giorno di riposo, ma pensò che il lavoro l’avrebbe distratta dai suoi pensieri dolorosi.
Due giorni dopo, arrivò Luigi.
“Ho pensato che sarebbe meglio prendere le mie cose in tua presenza. Non voglio nascondermi come un ladro.”
“Va bene. Prendile. Dove vivete insieme?” Marina stessa si sorprese di quanto fosse calma.
“AbbE mentre stringeva la piccola Maria tra le braccia, finalmente si rese conto che la vita, nella sua crudeltà, le aveva comunque donato l’amore più grande.