Non ci voleva proprio!

Oggi è stata proprio la ciliegina sulla torta…

Viviana viveva da sola. Con il marito, non erano riusciti ad avere figli. All’inizio speravano, ci provavano, poi avevano deciso di adottarne uno da un orfanotrofio. Era stata una sua decisione—a lui, in fondo, non importava granché. A dire il vero, era contento così. Forse Viviana ci aveva messo troppo tempo a prepararsi per quel passo importante, aveva rimandato, riflettuto, e intanto gli anni passavano. Dopo i quaranta, aveva rinunciato. Aveva paura, lo ammetteva.

Lui, il marito, era un appassionato di escursionismo, di quei viaggi zaino in spalla, tenda e canzoni attorno al falò. E suonava bene la chitarra, va detto. Socievole, amava le compagnie, le serate tra amici.

Da giovane, anche a Viviana piaceva quella vita. Ma con l’età, aveva cominciato a stancarsene. Basta camminare tutto il weekend col peso sulle spalle, tornare la domenica sera, farsi una doccia veloce e il lunedì già tornare al lavoro, con le punture di zanzara, la pelle arrossata dal vento, le unghie trascurate. Desiderava dormire di più nel weekend, farsi una doccia calda, invece di lavarsi nell’acqua gelida di un fiume o in uno stagno sporco. Usare un bagno normale, senza offrire il sedere nudo alle zanzare.

Anche le esperienze, quando sono troppe, stancano. Cominciava ad avere spesso male alla schiena, le articolazioni soffrivano per lo sforzo. E così smise di accompagnarlo nelle escursioni.

Lui, per solidarietà, saltò un paio di uscite. Ma lei vedeva che era triste, irrequieto. Allora lo convinse ad andare senza di lei. Lui fu felice.

“Perché lasciare un uomo libero? Te lo dico io, qualche donnina se lo porterà via. Niente, col tempo si sarebbe calmato,” la rimproverò l’amica.

“Se non l’ha fatto da giovane, difficilmente lo farà ora.”

“Che ingenua. Un uomo non è una donna, ha valore a qualsiasi età,” scuotendo la testa rispose l’amica.

“E allora? Mi suggerisci di andare con lui per paura che tradisca? Nonostante il dolore? Ma no. Se vuole tradire, lo farà anche a casa. Mica serve andare in montagna. Poi, abbiamo il nostro gruppo.”

“Va bene, va bene,” replicò l’amica.

Da allora, il marito non la invitò più. Andava da solo. Senza accorgersene, si allontanarono. Non avevano più argomenti in comune né ricordi da condividere. Ma Viviana non notava nulla di strano in lui.

Finché un giorno tornò a casa distratto, assente.

“Raccontami, dove siete andati questa volta?” chiese lei, riscaldando la minestra.

“Sul solito percorso, ci sei già stata. C’erano dei nuovi.”

“E le foto? Cosa hai scattato, me le fai vedere?” Cercava di tirarlo su di morale, di farlo parlare.

“Ti ho detto, era lo stesso percorso di sempre,” evitò il suo sguardo, fissando il piatto.

Viviana finse di credergli. Però, dentro di sé, sentiva che era successo quello che l’amica aveva previsto.

Lui rimase in silenzio per tre giorni, poi parlò.

“Scusami. Mi sono innamorato. Davvero. Non credevo potesse capitarmi,” disse, senza guardarla.

“Così, all’improvviso?” sorrise amara Viviana.

“Era venuta al posto tuo. È stata con noi in alcune escursioni. Non riesco a immaginare la vita senza di lei.”

“È giovane?”

Lui tacque.

“Capisco. E adesso cosa vuoi fare? Te ne vai da lei?” Viviana cercava di mantenere la calma, di non scoppiare in lacrime, di non litigare.

“Lei sta divorziando dal marito. Ha un figlio. Non ha dove vivere, mica può venire qui. Scambiamo casa?” Finalmente la guardò.

“E perché non scambia la sua?”

“È del marito. Se non sei d’accordo, allora io… Non so…” Si alzò, camminando nervoso per la stanza.

L’appartamento era stato acquistato insieme durante il matrimonio. Ogni fibra del suo corpo si ribellava all’idea. Ma dopo averci pensato, accettò, a patto di poter scegliere lei la soluzione. Fu doloroso vederlo così felice.

“No, sapevo che eri stupida, ma non fino a questo punto,” disse l’amica, indicandosi la tempia.

“Hai ragione. Ma c’è un bambino. Non è colpa sua. Non sono una strega. A cosa mi serve un appartamento grande, da sola?”

Viviana fu fortunata: trovò un monolocale luminoso, nello stesso quartiere, vicino al lavoro, appena ristrutturato. Dell’appartamento del marito non si interessò. A che pro?

Rimase sola, senza marito né figli. Ci si abitua, pensò.

Una sera tardi, squillò il telefono. Suo fratello. Chiamava raramente, anzi, solo una volta, quando era morto il padre.

Viviana era venuta a studiare in città da un paesino. Aveva vissuto in un dormitorio, poi si era sposata… Per i suoi parenti, era considerata ricca. Lavorava in città, aveva una casa. Ovviamente, benestante. Si aspettavano regali costosi. All’inizio tornava spesso a casa, ma i rimproveri negli occhi dei parenti, persino della madre, i discorsi sulla sua ricchezza, la opprimevano. Come spiegare che una casa non è lusso, ma necessità, e che vivere in città è costoso?

Per i genitori, il figlio minore era la luce degli occhi. Sarebbe cresciuto, non li avrebbe abbandonati, li avrebbe aiutati nella vecchiaia. Tutte le speranze erano riposte in lui. Il figlio, l’erede. Viviana si sentiva un’estranea, un’intrusa. Smise di tornare. Poi il marito si era appassionato all’escursionismo, e non aveva più tempo.

Il padre era morto dieci anni prima. L’ultima volta che era tornata al paese.

Non si aspettava niente di buono da quella chiamata.

“Luigi? Che succede?” chiese Viviana, preparandosi al peggio. “La mamma?..”

“No, è viva. Ma sta male. Non esce più di casa. Non riesce a fare nulla. L’età, sai. Potresti venire?”

“Non posso adesso. Forse tra un mese.”

Era sollevata che la madre stesse bene.

“Guarda…” titubò il fratello. “Sara mi ha lasciato,” disse infine. “Ha detto che non ne poteva più di badare anche a mamma, che viviamo su due fronti, capisci? Insomma, ha preso i ragazzi ed è andata via. E io? Sono un uomo. Non sono capace di gestire la casa. Lavoro. Mamma non è d’aiuto, ha bisogno di assistenza.”

“Insomma, non sono solo. Sto con una. Aspetta un bambino. Non posso caricarla anche di mamma. Aiutami, prenditela tu.”

“Chi?” Non capiva se si riferisse alla madre o alla donna incinta.

“Mamma, mica Sara.”

“E Sara…”

“La mia compagna. Non siamo sposati, però…”

“Dev’essere felice. Si sente la gioia nella voce,” pensò Viviana.

“E dove la prendo? Anch’io ho divorziato, ho solo un monolocale.”

“Meglio così. Sarete in compagnia. E c’è la pensione. Mica le piace Sara a mamma. Vieni a prenderla. Qui morirà sola.”

Per quanto discutesse, allaViviana riagganciò il telefono con un sospiro, guardandosi intorno nel monolocale ormai troppo silenzioso, e capì che, nonostante tutto, l’unica persona su cui poteva davvero contare era se stessa.

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