Tradimenti

Oh, senti questa storia, te la racconto come se fossimo al bar davanti a un caffè…

“Gioooooo…” singhiozzava Giulia al telefono.

“Ma che t’è successo? Parla chiaro! C’entra Luca? Giuli’, rispondi!” strillò Carlotta.

“Uhhh… Marco… Ahi…” ripiombò nel pianto Giulia.

“È successo qualcosa a Marco? Un incidente?” Carlotta la immaginò che scuoteva la testa, come se potesse vederla attraverso il telefono.

“Basta, ho esaurito la pazienza. Fra dieci minuti sono da te, sentito? Aspettami.” Carlotta aspettò un attimo, sentendo i singhiozzi dell’amica, poi riattaccò.

Si cambiò in fretta, prese la borsetta, controllò di non aver dimenticato niente, e uscì chiudendo la porta. Giulia abitava a due isolati, quindi Carlotta si mise a camminare di buon passo, talvolta correndo, borbottando: “Sempre la solita, non sa mai spiegarsi. Se è una cavolata, me la pagherà…”

Cinque minuti dopo suonava il citofono. Dal citofono arrivò solo un gracchiare.

“Giuli’, apri, sono io!” gridò Carlotta.

Finalmente la porta si sbloccò. Carlotta entrò di corsa nel palazzo, ma appena la porta si chiuse alle sue spalle, fu avvolta dal buio. Non c’era tempo per abituarsi, fece un passo verso le scale e inciampò, aggrappandosi alle ringhiere.

“Mannaggia, ma non potrebbero mettere una lampada decente?” borbottò.

Mentre aspettava l’ascensore, tappezzava con il piede, fantasticando su cosa fosse successo. “Purché siano tutti vivi e sani…”

Davanti alla porta di Giulia si fermò un attimo. Niente urla, niente pianti. Bene. Premette il campanello.

La porta si aprì, rivelando Giulia con gli occhi gonfi e il viso sformato dal pianto. Senza dire una parola, si voltò e si trascinò in cucina. Carlotta sospirò, si tolse le scarpe e la seguì.

Giulia si lasciò cadere su una sedia, le braccia molli in grembo. Sembrava una condannata.

“Giuli’, dimmi cos’è successo. Mi hai spaventata!” Carlotta le mise una mano sulla schiena. “Su, parla, altrimenti non capisco niente. Sono corsa come una pazza!”

“Marco mi ha lasciata,” disse Giulia con voce piatta.

“Lasciata? Per un’altra?”

Giulia annuì.

“Come è successo? Te l’ha detto lui o te lo sei immaginato?” Carlotta non era sorpresa. Marco era un bell’uomo, e glielo aveva ripetuto spesso: doveva stare attenta, perché altre donne ci avrebbero provato.

“Ha detto che ama un’altra, ha preso le sue cose ed è andato via. Carlò, dimmi tu perché! Io ho fatto di tutto, cucinavo, pulivo, gli ho pure dato un figlio, sono stata a dieta per tornare in forma dopo il parto… e lui se ne va lo stesso!”

“Oh santo cielo, tutti sani e salvi e tu ti lamenti come a un funerale,” sbuffò Carlotta. “Farà il giro e tornerà.” Si sedette accanto a lei.

“Tornerà? Davvero?” Giulia si animò, guardandola con speranza.

“Chi lo sa? Magari. E lei com’è? Bella? Giovane?”

“Ha la mia età. Grossa, rossa e con gli occhi storti.” Giulia fece una smorfia. “Carlò, ma che gli mancava? Io sono dieci volte meglio, eppure…” Ricadde in un singhiozzo.

“Non prendertela con te stessa. Sarà la crisi di mezza età, gli passerà.”

Giulia scosse la testa, scossa da un nuovo pianto.

“Smettila, riprenditi. Se torna e ti vede così, scapperà davvero!” A quelle parole, Giulia ricominciò a urlare come al telefono.

“Le lacrime non risolvono niente. Credi davvero che, se tornasse, sarebbe tutto come prima? Illusa,” cambiò tattica Carlotta, passando dalle coccole ai fatti. “Pensi: ‘Basta che torni, gli perdono tutto.’ Ma no, poi lo riempiresti di gelosia appena torna tardi dal lavoro. E rovineresti anche la vita a tuo figlio. A proposito, dov’è?”

“Dalla vicina.”

“Brava. Meglio che non ti veda così. Anche lui, piccolo o no, è un maschietto. Le lacrime e le scene non gli fanno bene.”

“Oh, ma smettila! Così finisci al manicomio. Hai del vino?” Carlotta si alzò e frugò in frigo. “Ecco, beviamo. Ti farà bene.” Stappò una bottiglia e ne versò due bicchieri pieni.

Giulia bevve d’un fiato, come fosse acqua, e le porse il bicchiere vuoto.

“Sognavamo di trasferirci in un bilocale… Lui aveva detto che sul lavoro stavano costruendo case per i dipendenti… Ora ci andrà a vivere con lei. E io e Matteo resteremo qui.”

“Non piangere, ti si gonfia la faccia!”

“Mi sento così male che vorrei morire,” si mise a dondolare sulla sedia.

“Ma sei scema? Scusami, Dio, ma se fai una stupidaggine, pensi che Marco si pentirà? Anzi, se la godrà. ‘Guarda che uomo sono, mia moglie non ha retto la separazione!’ E quella là pure sarà fiera di averlo rubato così. E tu? Marciresti sottoterra. E tuo figlio? Finirebbe in orfanotrofio o con una matrigna. E non ti perdonerebbe mai. Capisci?”

“Inoltre, i suicidi non vanno in paradiso. Chi sa cosa c’è dopo? E se c’è qualcosa…” abbassò la voce, fissandola. “Dove andresti?”

Giulia smise di singhiozzare e la fissò. Per un attimo, si guardarono negli occhi.

“Ma va’, non ho intenzione di farmi del male,” disse Giulia con un tono più lucido.

“Meno male, ricominci a ragionare. Ne vuoi ancora?” Versò il resto del vino.

“Grazie per essere venuta. Sai sempre cosa dire,” bevve Giulia. “Ma non andartene, resta qui. Con te mi sento meglio.”

“Certo. Ah, la bottiglia è finita. Vado a comprarne un’altra?”

“No, basta. Resta. Faccio il caffè,” Giulia si alzò, barcollò e ricadde sulla sedia ridendo.

“Stai ferma, lo faccio io.”

Bevvero il caffè, bruciandosi la lingua, mentre fuori calava la sera. Giulia smise di piangere. Lo sguardo tornò lucido.

“Devo prendere Matteo e metterlo a letto,” si alzò, questa volta più stabile, e andò in corridoio.

Poco dopo tornò con il bambino, che lanciò un’occhiata accusatoria alla bottiglia sul tavolo.

“Ciao, Matteo,” sorrise Carlotta.

“Abbiamo bevuto il caffè. Andiamo a dormire, tardi domani per l’asilo,” lo spinse verso la camera.

“Hai un bel bambino,” disse Carlotta quando Giulia tornò. “Lui è l’unico da compatire in tutta questa storia. Dai, riprenditi. È tardi, devo andare.”

“Non andare. Ho paura a restare sola. C’è posto sul divano,” la implorò Giulia.

La mattina dopo, fu Matteo a svegliarle.

“Mamma, ho sete.”

Giulia aprì un occhio, vide la luce e saltò su, stringendosi la testa.

“Siamo in ritardo! Carlotta, alzati!”E da quel giorno, Giulia imparò a camminare da sola, trovando nella luce di Matteo la forza per ricominciare.

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