Le mie regole

Le mie regole

Come spesso accade, Giulia non conosceva suo padre. Se n’era andato subito dopo la sua nascita, lasciando lei e sua madre sole. Vivevano in un paesino della Toscana, in una piccola casa con un orto. La mamma non la viziava: fin da piccola, Giulia aveva imparato ad accendere la stufa, a zappare, annaffiare, e fare la spesa da sola.

Studiava con ottimi voti, amava la scuola e sognava di diventare un’attrice, di vivere in una grande città. Dopo il diploma, lasciò il suo paesino per Firenze, trovò un lavoro grazie al primo annuncio che le capitò sotto gli occhi e si iscrisse all’università telematica.

“I sogni sono sogni, ma serve un mestiere che ti dia da mangiare,” diceva la mamma. “Gli artisti oggi campano, domani no.”

Una volta laureata, quando iniziò a guadagnare di più, Giulia comprò un’auto a rate. Non una Mercedes, certo, ma una modesta Fiat Panda, usata ma affidabile. Orgogliosa, la portò in visita alla mamma.

Ora aveva un’altra macchina, ma non dimenticò mai la prima. Tempo fa, la vide parcheggiata in città e non credette ai suoi occhi: quella vecchietta ancora girava! La terrebbe ancora, se non… come spesso accade, si era innamorata. Il primo amore, la prima esperienza. Lui le propose quasi subito di andare a vivere insieme. Affittarono un piccolo appartamento. Poco dopo, lui la convinse a vendere l’auto.

“È vecchia, da un momento all’altro si romperà. Vendiamola e prendiamone una nuova, che ci durerà anni,” insisteva. “Meglio venderla ora, mentre è ancora in buone condizioni.”

Giulia accettò. Come avrebbe potuto dubitare? Un uomo ne sapeva più di una ragazza giovane. Gli affidò la vendita. Per comprare la macchina nuova, dovette fare un prestito. Lui promise che l’avrebbe aiutata a pagare. E quanto fu felice Giulia della sua nuova Lancia Y!

Pian piano, però, fu lui a usare l’auto. La portava al lavoro e poi se ne andava per i fatti suoi. Pagò un paio di rate, poi disse che non aveva più soldi.

E pazienza, Giulia lo amava, lo giustificava, ma un giorno la vicina la fermò in cortile e le chiese: “Lo sai che il tuo ragazzo porta altre ragazze a casa tua?”

“L’ho visto con i miei occhi. Sono arrivati insieme, si sono abbracciati nell’androne e sono usciti dopo tre ore.”

“Lo so, è…” Giulia, travolta dalla rabbia e dall’amarezza, non trovò le parole. “Scusi, sono di fretta,” balbettò, dirigendosi verso casa a passo svelto.

“Caccialo via, ragazza, finché sei in tempo!” le gridò dietro la vicina.

A casa, Giulia diede sfogo alla rabbia e al pianto. Quando lui tornò, gli prese le chiavi della macchina e lo mise alla porta.

Rimase sola, con l’auto e il prestito da pagare. La sera, dopo il lavoro, faceva le pulizie nell’ufficio, senza che i colleghi lo sapessero. Prese studenti per ripetizioni d’inglese. Tornava a casa stremata, ma saldò il debito in fretta. Poi decise di comprare un piccolo appartamento con un mutuo.

Una volta, in vacanza dalla mamma, il paesino le sembrò minuscolo, invecchiato.

“Perché sei sola? Il tempo passa, la giovinezza non dura per sempre. Non trovi nessuno che ti piaccia? Sei carina, hai la macchina,” le disse la mamma, rispettosa.

E Giulia, in un impeto di autocommiserazione, le raccontò del suo fallimento amoroso.

“Sei troppo ingenua. Ti avevo detto che in città è pieno di tentazioni e truffatori. Leggi libri d’amore, ma la vita è diversa. Non ci sono più cavalieri. Tutti vogliono vivere alle spalle delle principesse. Be’, troverai la tua anima gemella.” La mamma uscì dalla stanza, ma tornò poco dopo con un pacchettino avvolto nella carta di giornale.

“Tieni. Avevo messo da parte per il tuo matrimonio. Non puoi vivere sempre in affitto. Non è molto, ma basta per l’anticipo.”

Giulia baciò la mamma. Entrambe scoppiarono a piangere.

Tornata a Firenze, comprò un monolocale. Tanto a casa ci andava solo per dormire. Continuò a lavorare e a fare ripetizioni la sera e nei weekend per pagare il mutuo. Ma almeno non puliva più uffici. Stanca ma felice, rientrava nella sua piccola casa.

Ricordando la sua delusione, Giulia si teneva alla larga dagli uomini. Aveva paura delle relazioni serie, non lasciava entrare nessuno nella sua vita. A ventotto anni, aveva un appartamento, metà mutuo pagato, un’auto con cui lavorava.

Tutto l’aveva ottenuta da sola, con fatica e determinazione. Non molti ragazzi potevano dire lo stesso. Non aveva parenti ricchi né un padre che la aiutasse. Solo sé stessa.

Ma la vita sentimentale non decollava. Non aveva tempo per conoscere nessuno, né un posto dove farlo. E se incontrava qualcuno, ci andava con i piedi di piombo. Eppure, voleva tanto sposarsi, una famiglia, qualcuno per cui cucinare, stirare camicie, aspettare la sera… E figli, certo.

Poi, all’improvviso, arrivò la sua ex compagna di scuola, Lucia. Portava regali dalla mamma: conserve e marmellate. Da lei aveva ottenuto l’indirizzo di Giulia.

“Beata te, Giuly. Hai fatto bene a scappare da questo buco. Guarda, hai la casa, la macchina, lavori, si vede che guadagni bene. Io sono rimasta per Luca. Lo amavo fin dalle medie. Ricordi? Sua mamma stava male. L’ho accudita come fosse la mia. Portavo via il vaso, la imboccavo. Dimmi, ne è valsa la pena? Tutto per quell’amore maledetto.”

Poi la madre di Luca morì. Peccato, certo. E perché Dio l’ha punita? Lei e Luca stavano pensando al matrimonio, quando arrivò una nuova insegnante giovane e carina. Chissà come si erano conosciuti, ma lui iniziò a cercarla. Quando Lucia lo scoprì, fece una scenata da far tremare i muri. “Te lo racconterò un’altro giorno. Non l’avranno dimenticata tanto presto.”

“Mi sono presa cura di sua madre, sopportato l’odore, portato via il vaso, e lui ha difeso quella topolina? Che ne pensi?”

Decise allora di andarsene e ricominciare. Incontrò la mamma di Giulia al mercato, che le diede l’indirizzo e i regali. “I più intelligenti sono scappati in città, come te. Posso stare da te qualche giorno? Troverò lavoro, affitterò una stanza,” concluse Lucia.

“Certo. Tanto io torno solo per dormire. Non posso nemmeno tenere un gatto. Domani compro una brandina. Ho solo il divano, non puoi dormire per terra,” rispose Giulia.

“Ma per favore, non starò tanto!”

Giulia era abituata alla solitudine. Ma non poteva certo cacciarla in strada.

“Ho preparato il letto, sei stanca. Vai a dormire, vedo che tieni gli occhi aperti. Io devo preparare le lezioni per domani,” disse Giulia.

Quando Lucia si addormentò, Giulia lavò i piatti, mise via la bottiglia di vino mezzo vuota. Lei non beveva, aveva solo assaggiato, ma Lucia ne aveva bevuto un bel po’. La stanchezza, il vino e il viMa poi, proprio mentre stava per arrendersi all’idea che l’amore non fosse fatto per lei, incontrò Matteo alla fermata del tram, un uomo che non le chiese soldi né auto, ma solo il privilegio di camminarle accanto, e questa volta, Giulia decise di crederci.

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