**Siamo Solo Amici**
Il telefono strappò Fiamma dalla cena. Cucinare per sé era un evento raro. Di mattina, si accontentava di un caffè, a pranzo mangiava qualcosa al bar vicino al lavoro, e la sera beveva un bicchiere di latte o un tè con biscotti. Se aveva davvero fame, si faceva una frittata. Nel weekend, andava dai genitori. Sua madre le riempiva sempre dei contenitori con il cibo, e rifiutarsi sarebbe stato come dichiarare guerra.
Fiamma stava finendo il suo bicchiere di latte quando dalla camera arrivò la suonetta insistente del cellulare. “Dovrei cambiarla con qualcosa di più tranquillo,” pensò. Quella melodia le dava sui nervi, si incollava al cervello. Alla fine cedette, lasciò il bicchiere e andò a rispondere. Numero sconosciuto, ma se qualcuno insisteva così tanto, doveva essere importante.
“Ciao. Non speravo più di trovarti,” disse una voce che le era dolorosamente familiare. Anni erano passati, eppure la riconobbe all’istante. “Riaggancia!” le ordinò la sua coscienza.
“Per favore, non riattaccare. Ho bisogno di parlarti,” disse l’ex amica, come se avesse letto i suoi pensieri.
Fiamma tacque, aspettando.
“Non ho più nessun altro a cui rivolgermi. Solo tu puoi aiutarmi. Dimmi l’indirizzo, vengo da te. Ti prego, è importante,” aggiunse Carla, dopo una pausa.
Qualcosa non andava, altrimenti Carla non l’avrebbe chiamata. Una volta erano state amiche inseparabili, in un’altra vita.
“D’accordo, te lo mando con un messaggio,” disse Fiamma, e riagganciò.
Il cuore le batteva forte. Perché proprio ora? Scrisse l’indirizzo con le dita che le tremavano. Carla rispose subito: “Aspettami.”
Fiamma tornò in cucina, lavò il bicchiere e si sedette.
Aveva passato anni a scacciare i ricordi dell’ex amica. Credeva di aver perdonato, dimenticato, superato. Ma quella telefonata aveva riaperto tutto, come una valanga che le crollava addosso.
***
A sua madre piaceva tantissimo il film *Il Valzer del Mattino*. L’URSS era crollata, ma quel film sopravviveva, ancora attuale come allora. Per questo aveva chiamato sua figlia Fiamma, come la protagonista. Quando la presentava, tutti ricordavano subito il film.
A differenza dell’attrice, però, Fiamma non era una bellezza. Capelli biondo chiaro, come le ciglia, occhi grigi e piccoli. E poi il fisico—seno minuscolo, un complesso che la tormentava. “Crescerà,” la rassicurava sua madre.
Carla, invece, aveva un seno perfetto, e lo portava come un trofeo. Gli sguardi dei ragazzi ci si incollavano sopra e non si staccavano più.
Ogni estate, Fiamma andava in campagna dalla nonna. Il paese ormai era diventato un posto per villeggianti, con solo quattro case abitate d’inverno: la nonna, la vicina zia Nina, e due coppie di anziani. A zia Nina d’estate arrivava il nipote, e con lui Fiamma passava tutte le vacanze.
Ma un’estate tutto cambiò. Vide davanti a sé non più un ragazzino, ma un bel giovane, e si vergognò di buttarglisi addosso come faceva da piccola. Luca, però, la salutò con un sorriso e la invitò al fiume, come se niente fosse.
Chiacchierarono per tutta la strada, ma una volta sulla riva, Fiamma si sentì stranamente imbarazzata a spogliarsi davanti a lui. Aspettò che entrasse in acqua, poi, voltandosi, si sfilò in fretta il vestito e si tuffò prima che potesse notare quanto fosse piatta. Non era mai cresciuto, nonostante le promesse di sua madre.
Alla fine di agosto, tutti ripartivano. Non venne mai in mente di scambiarsi numeri o indirizzi. Era come se ci fosse una regola non detta: la vita in campagna e quella in città non si mescolavano.
L’ultima estate prima dell’ultimo anno di liceo, Luca non arrivò. Zia Nina disse che era partito con la madre al mare. AnnE poi, un giorno, mentre camminava lungo il fiume con Luca e mi resi conto che avevo smesso di contare i giorni che ci separavano dalla sua partenza, perché il presente era finalmente diventato più luminoso del passato.