Il Regalo Inaspettato

Annalisa controllò ancora una volta la casa, assicurandosi che tutto fosse spento e in ordine. Adorava tornare in un appartamento pulito. Ma perché mai stava lasciando il suo paradiso? Eppure viveva già come in un sanatorio, libera di fare ciò che voleva. Se non fosse partita, però, sua figlia se ne sarebbe risentita. Quel viaggio al mare era il suo regalo di compleanno.

Sospirò, trascinò la valigia fuori dalla porta e chiuse con due giri di chiave. Scosse la maniglia per assicurarsi che fosse ben serrata, poi bussò alla porta accanto.

“Già te ne vai?” chiese la vicina, Rosanna.

“Sì, ti porto le chiavi,” rispose Annalisa, porgendogliele con riluttanza.

“Non preoccuparti, innaffierò le piante e terrò tutto sotto controllo. Goditi il riposo e non pensare a nulla,” la rassicurò Rosanna. “Che fortuna avere una figlia così, che ti regala una vacanza! Il mio Sandro, invece, pensa solo alla bottiglia. Aveva una famiglia, una casa… ha buttato tutto via.”

Annalisa provò pena per la vicina, ma solo allora realizzò che lasciarle le chiavi poteva essere rischioso. E se suo figlio si intrufolasse in casa sua? Niente di valore, certo, ma ogni oggetto aveva un suo costo. E poi, l’idea che qualcuno frugasse tra le sue cose la disturbava. Avrebbe dovuto chiedere a qualcun altro di badare all’appartamento. Ma era troppo tardi per tornare indietro, e non voleva offendere Rosanna con la sua sfiducia. Quante volte l’aveva aiutata?

La vicina colse il dubbio sul volto di Annalisa.

“Non ti preoccupare, nasconderò le chiavi e non dirò nulla a Sandro. Va’, tutto andrà bene,” promise.

Annalisa annuì e si avviò verso le scale con la valigia.

“Buon viaggio!” le gridò Rosanna prima di chiudere la porta.

Decise di andare a piedi alla stazione: perché prendere un taxi per due fermate? E l’autobus con la valigia sarebbe stato solo una seccatura. Attraversò il sottopassaggio e raggiunse i binari, dove un treno era già fermo. Camminò lungo la carrozza, cercando la numero nove. Trovatala, si fermò ad aspettare.

“E se la numerazione partisse dall’altro lato?” si agitò per un attimo. “Va bene, il capotreno annuncerà da che parte inizia, avrò tempo di spostarmi,” si tranquillizzò.

Una settimana prima, sua figlia era arrivata all’improvviso e le aveva detto di averle regalato la vacanza in anticipo, perché avesse il tempo di prepararsi.

“Sei incinta?” le aveva chiesto Annalisa.

Un secondo figlio sarebbe stato benvenuto, ma il primo aveva appena un anno. Troppo presto.

“No, non sono incinta. Ti ho comprato un soggiorno al mare per il tuo compleanno. Il treno parte l’undici, cuccetta riservata. Ecco.” Le aveva teso una busta. “Avrai una settimana per prepararti.”

“Da sola? Senza di voi? Ma il mio compleanno! E gli ospiti? La cena? No, non partirò. Rivendi il biglietto,” aveva deciso con fermezza.

“Mamma, ho scelto questa data proprio perché non passassi la giornata ai fornelli. Volevo che il tuo regalo fosse il mare. Quand’è stata l’ultima volta che sei stata al sud? Non te lo ricordi nemmeno. È un dono da me e da Luca. Fai pure come vuoi,” aveva risposto la figlia, offesa. “Se non vuoi andare al mare, resta pure a casa. Ma io non rivenderò il biglietto. Se rimanessi incinta, dovresti aspettare anni prima di ripartire. Ho scelto una bella pensione, proprio in riva al mare.”

E così, dopo qualche mugugno per la decisione presa senza il suo consenso, Annalisa aveva iniziato a preparare la valigia.

Ed eccola alla stazione. Questi viaggi, specie da sola, le causavano più ansia che gioia. Una sequela di preoccupazioni: arrivare in tempo, chi avrebbe condiviso il vagone, come sarebbe andata… E alla sua età, lo stress non faceva bene.

Quando l’altoparlante annunciò l’arrivo del treno, specificando che la numerazione partiva dalla coda, Annalisa si calmò. Aveva calcolato bene. Poco dopo, il fischio del treno risuonò nell’aria. Si preparò, strinse la valigia e tenne i documenti nell’altra mano. Altri viaggiatori attendevano con le loro cose.

Il convoglio sfrecciò lungo il binario, rallentando fino a fermarsi. La controllora del nono vagone aprì la porta proprio di fronte a lei, pulì i corrimano e si preparò a controllare i biglietti.

Annalisa fu la prima a mostrare i documenti, salì, entrò nella sua cuccetta e si sedette sul sedile, rilassandosi. Bene, metà dell’impresa era fatta: era sul treno.

Con uno scatto, il convoglio riprese a muoversi. La porta si aprì con un fruscio, e tre ragazze entrarono rumorosamente, riempiendo lo spazio. Annalisa uscì nel corridoio per lasciarle sistemarsi.

Il treno accelerò. Fuori dal finestrino, filavano boschi e campi, i riflessi dei fiumi luccicavano al tramonto. Le notti di luglio sono brevi: appena cala il buio, già torna la luce. Le ragazze, ridacchiando, la superarono dirette al vagone accanto. Annalisa rientrò, si cambiò e si sdraiò. Il ritmo delle ruote la cullò fino al sonno.

Si svegliò alla fermata successiva, con la voce dell’altoparlante che annunciava la stazione. Il cielo era già più chiaro. L’orologio segnava le due e mezza. Una ciocca di capelli biondi pendeva dalla cuccetta superiore. Non aveva sentito le ragazze rientrare. Le elogiò mentalmente per la discrezione e si riaddormentò.

Al prossimo risveglio, il sole inondava il vagone, l’aria era afosa. Le ragazze dormivano ancora. Annalisa uscì silenziosamente nel corridoio. La porta del bagno recava un cartello “occupato”. Doveva aspettare.

“Andate al mare?” le chiese un uomo con un asciugamano sulle spalle.

“Qui tutti vanno al mare,” rispose con tono asciutto.

Non aveva voglia di chiacchierare, specie davanti al bagno. Gli voltò le spalle, segnale chiaro. Ma lui continuò a parlare, insistendo con domande. Lei tacque, ignorandolo. Quando finalmente il bagno si liberò, fu un sollievo.

Le ragazze dormivano ancora. Assetata, si diresse verso il posto della controllora, ma trovò la porta chiusa. Anche lei doveva dormire profondamente.

“Non c’è acqua. Ho già controllato,” sentì la voce familiare dietro di lei. “Potremmo andare al ristorante, è due vagoni più avanti. Almeno lì il tè è decente, non questa brodaglia,” propose l’uomo.

“Mi sta dando fastidio?” gli domandò bruscamente, voltandosi.

“Ma perché questa ostilità? Solo una chiacchierata. Cosa c’è di male? Qualcuno l’ha ferita, che scappa dagli uomini?”

“Nessuno mi ha ferita.” Lo spinse via e rientrò in cuccetta.

Si risvegliò per il trambusto nel corridoio. Il treno era fermo. Per un attimo temette un incidente, poi capì che i passeggeri si riversavano fuori per la sosta. Anche lei scese.

“Vuole un gelato? Laggiù c’è un chiosco,” le disse la”Grazie,” mormorò Annalisa, accettando il gelato e sorridendo finalmente, mentre il sole del sud le scaldava il cuore e le ricordava che a volte la vita offre sorprese proprio quando meno te lo aspetti.

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