Un’altra sfida in arrivo…

Un altro problema…

“Giulia, dai, vieni, per favore,” supplicava Simona.

“Non voglio. Non conosco nessuno là. Vai da sola o chiama Francesca o Daniela,” rispose Giulia. “Abbiamo gli esami, devo studiare.”

“Francesca sta studiando, Daniela non va da nessuna parte senza il suo Marco, e da sola è imbarazzante, sembrerebbe che sto cercando Andrea.”

“E non è così?” chiese Giulia.

“Giulia, ti prego…” Simona incrociò le mani in un gesto di supplica.

“Va bene. Ma se mi lasci sola là, sai cosa ti aspetta,” avvertì Giulia, alzandosi dal divano.

Uno degli studenti più grandi aveva i genitori partiti per un anno in Africa per lavoro, e l’appartamento era libero. Il sabato organizzavano feste. Si riunivano gli universitari più grandi, ma arrivavano anche ragazzi di altri corsi e persino alcuni appena laureati, che si vantavano della loro (ancora modesta) esperienza e guardavano dall’alto in basso gli studenti, soprattutto quelli di primo anno.

Simona era capitata lì per caso. Aveva avuto una storia con uno studente più grande, che l’aveva introdotta nel gruppo. Poi si erano lasciati, e Simona aveva messo gli occhi su Andrea. Ecco perché supplicava Giulia di accompagnarla, sperando di rincontrarlo. Con la sessione in corso, all’università non c’era modo di vederlo.

Giulia indossò dei jeans e una camicia bianca larga, infilata solo da un lato. Sulla sua figura magra e alta, stava bene. Si truccò gli occhi, lasciò i capelli sciolti e si voltò verso Simona, che aspettava impaziente.

“Allora?” chiese Giulia.

“Senti, quel trucco ti sta bene. Sembri una donna orientale, misteriosa.”

“Ma se Andrea non c’è, ce ne andiamo,” impose Giulia.

“D’accordo,” rispose subito Simona.

Ad aprire la porta era una ragazza con jeans e una camicia da uomo, una sigaretta tra i denti e una chioma riccia e arruffata. Strizzò gli occhi per il fumo, osservando le due amiche. Senza dire nulla, fece un cenno con la testa verso la stanza, invitandole a entrare. Si sentiva musica e voci.

“Non toglierti le scarpe, qui non si usa,” sussurrò Simona all’orecchio di Giulia, che stava per slacciarsi le ballerine. Si comportava come un’abitudinaria, anche se era chiaro che era nervosa quanto Giulia. Al centro della stanza c’era un tavolo con avanzi di cibo e bottiglie mezze vuote di vino economico. Sul divano c’era un ragazzo circondato da due ragazze, mentre altri due discutevano accanto al tavolo. Una coppia ballava vicino alla finestra, o meglio, si muoveva appena per mancanza di spazio. Nessuno prestò attenzione alle due arrivate, e se qualcuno le guardò, perse subito interesse. Cosa potevano avere da dire delle matricole?

Le ragazze si sedettero su un divano libero. Poco dopo, suonò il campanello e riapparve la ragazza con la camicia da uomo, seguita da due ragazzi. Furono accolti con entusiasmo, tutti si alzarono per salutarli.

“Eccolo!” Simona si alzò e andò verso di loro, parlando con uno. Lui sembrava annoiato, rispose a monosillabi. L’altro, invece, fissava Giulia. Era più grande degli altri, alto, atletico, con occhi grigi intelligenti. Giulia abbassò lo sguardo, imbarazzata.

“Ciao. Ti annoi?” Il ragazzo si sedette accanto a lei. Da vicino, sembrava ancora più adulto. “Non ti ho mai vista prima. Vieni a ballare?” Le tese la mano. Il suo palmo era caldo e forte.

Cominciarono a muoversi vicino alla finestra. La musica era bassa, si poteva parlare. Lui le chiese di che corso era, se viveva con i genitori o in un dormitorio… Nella stanza arrivavano altri ragazzi. Giulia pensò che quell’appartamento avesse stanze nascoste.

Poi arrivò Simona, visibilmente sconvolta. “Vado via.”

“Anch’io devo andare,” disse Giulia, guardando con rammarico il ragazzo. Non voleva lasciarlo.

“Vi accompagno,” disse lui. “Un attimo che saluto.”

Uscirono.

“Che stronzo,” borbottò Simona, riferendosi ad Andrea.

Giulia ascoltava a malapena, presa dai pensieri per il nuovo incontro. Poi lui uscì dal portone e le raggiunse.

“Allora, ci presentiamo? Dario.”

“Dario Ferraro? Il capitano della squadra di calcio? Ecco dove ti avevo visto!” esclamò Simona.

“Ti piace il calcio?” chiese lui, sorpreso.

“Stavo con un tifoso sfegatato. Non perdeva una partita.” Simona ridacchiò. “Che figata, dirò a tutti che ho conosciuto Dario Ferraro!”

Cercò di monopolizzare la sua attenzione. Se uno non aveva funzionato, non si sarebbe lasciata sfuggire l’altro. Ma Dario capì il gioco.

“Simona, dove abitate?”

“Ti faccio vedere,” disse lei, e iniziò a parlare senza sosta.

Giulia camminava in silenzio.

“Ecco casa mia, quella dopo è di Giulia. Ci vediamo?” chiese Simona.

“Buonanotte,” disse Giulia, dirigendosi verso il suo palazzo.

“Giulia, aspetta!” Dario la seguì.

Simona lo guardò sconsolata. Aveva sperato di continuare la conversazione.

L’aria era fresca dopo la calura del giorno. Giulia e Dario rimasero sotto il portone a parlare. Non volevano separarsi. Lui le raccontò che lavorava per un giornale locale, che sognava di diventare giornalista, magari in televisione.

“Prima o poi mi farò notare,” disse con sicurezza. “E tu vuoi fare l’insegnante? Tipo, ami i bambini?”

“Che c’è?” s’irritò Giulia.

“No, niente. Solo curiosità,” si scusò. “Dammi il tuo numero.”

“Non ce l’hai?” Giulia tirò fuori il telefono e glielo porse.

Lui compose il numero, e il suo telefono squillò. Giulia capì che si erano scambiati i contatti. Sentì un’ondata di calore al pensiero di rivederlo.

“Non me l’aspettavo da te. Timida, e ti sei presa Dario Ferraro,” la chiamò Simona quella sera. “Allora? Siete usciti? Vi siete baciati?”

“No, sono tornata subito a casa. Devo studiare per l’ultimo esame.” Non menzionò lo scambio di numeri.

Dario chiamò due giorni dopo, quando Giulia aveva ormai perso le speranze. Aveva appena finito l’ultimo esame. La sessione estiva era finita, era tempo di divertirsi. Lui la invitò a fare un giro in pedalò, poi andarono in un bar…

Si videro quasi ogni giorno. Giulia si innamorò. Lui aveva una macchina vecchia, uscivano dalla città, camminavano, facevano il bagno al lago…

Un giorno pioveva forte. Dario propose di andare a casa di un amico. Giulia accettò, ma si irrigidì quando lui aprì la porta con le sue chiavi.

“Dov’è l’amico? Porti spesso ragazze qui?” chiese, facendo un passo indietro.

“Stiamo qui, beviamo un caffè, chiacchieriamo. Dove vai con questo tempo? L’amico è al mare, io tengo d’occhio la casa.”

Giulia esitò, poi rimase. Era innamorata. Se doveva succedere, che succedesse. Bevvero il tè,E anni dopo, quando la figlia di Giulia iniziò la scuola media, incrociò per caso Dario in un bar, ma lui non la riconobbe, e lei capì che non era mai stato davvero importante, solo una lezione che l’aveva portata alla felicità di adesso.

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