“Un altro problema…”
“Giulia, dai, vieni, ti prego,” supplicava Simona.
“No. Non conosco nessuno lì. Vai da sola o chiama Federica o Carlotta,” rispose Giulia. “Gli esami si avvicinano, devo studiare.”
“Carlotta sta ripetendo, Federica senza il suo Marco non si muove e da sola è imbarazzante, sembra che stia rincorrendo Davide.”
“E non è così?” chiese Giulia.
“Giuli, ti prego…” Simona giunse le mani come in una preghiera.
“Va bene. Ma se mi lasci sola lì, lo paghi,” avvertì Giulia, alzandosi dal divano.
Uno degli studenti più grandi aveva i genitori partiti per un anno in Africa, lasciando libero l’appartamento. Il sabato sera organizzavano feste. Si radunavano gli universitari più grandi, arrivavano ragazzi da altri anni e persino alcuni neolaureati, condividendo la loro esperienza, guardando dall’alto in basso gli studenti più giovani.
Simona ci era capitata per caso. Aveva frequentato un ragazzo del terzo anno, che l’aveva introdotta nel gruppo. Quando si erano lasciati, lei aveva messo gli occhi su Davide. Ecco perché supplicava Giulia di accompagnarla, sperando di incontrarlo ancora. Con la sessione in corso, all’università non c’era modo di vederlo.
Giulia indossò un paio di jeans e una camicia bianca ampia, infilata solo da un lato. Sul suo corpo snello e alto, stava benissimo. Si truccò gli occhi, sciolse i capelli e si girò verso Simona, che aspettava impaziente.
“Cosa aspettiamo?” chiese Giulia.
“Sentimi, quel trucco ti dona. Sembri una donna misteriosa dell’Oriente.”
“Ma se Davide non c’è, ce ne andiamo,” pose come condizione Giulia.
“D’accordo,” acconsentì subito Simona.
Ad aprire la porta trovarono una ragazza in jeans e una camicia da uomo, una sigaretta tra i denti e una chioma riccia e spettinata. Strizzò gli occhi per il fumo, osservandole. Senza dire una parola, accennò un cenno con la testa, invitandole a entrare. Dall’appartamento arrivavano musica bassa e voci.
“Non toglierti le scarpe, qui non si usa,” sussurrò Simona all’orecchio di Giulia. Si comportava come un’ospite abituale, anche se era chiaro che era nervosa quanto lei. Al centro della stanza, un tavolo con avanzi di stuzzichini, bottiglie mezze vuote di vodka e vino economico. Sul divano c’era un ragazzo con due ragazze, mentre altri due discutevano a tavola. Una coppia ballava vicino alla finestra, o meglio, muoveva i piedi a ritmo, dato lo spazio limitato. Nessuno notò le due arrivate. E se qualcuno le guardò, perse subito interesse. Cosa avrebbero potuto dire a delle matricole?
Si sedettero su un divano libero. Poco dopo, suonò il campanello e riapparve la ragazza con la camicia da uomo, seguita da due ragazzi. Subito furono accolti con entusiasmo, tutti si avvicinarono per salutarli.
“Eccolo!” Simona saltò su e si avvicinò, parlandogli. Lui rispose con aria annoiata. L’altro invece fissava Giulia. Era più vecchio degli altri, alto, atletico, bello, con occhi grigi intelligenti. Giulia abbassò lo sguardo, turbata.
“Ciao. Ti annoi?” Le si sedette accanto. Da vicino, sembrava ancora più maturo. “Non ti ho mai vista prima. Vieni a ballare?” Le tese la mano. Il suo palmo era caldo e forte.
Si misero a muoversi lentamente vicino alla finestra. La musica bassa non impediva di parlare. Lui le chiese che anno fosse, quale facoltà frequentasse, se vivesse con i genitori o in un appartamento condiviso… Nella stanza arrivavano continuamente altri ragazzi. Giulia pensò che l’appartamento, che le era sembrato piccolo, doveva avere stanze nascoste.
Poi Simona si avvicinò, dicendo che se ne andava. Era chiaramente sconvolta.
“Anch’io devo andare,” disse Giulia, guardando con rammarico il suo compagno di ballo. Non voleva lasciarlo.
“Vi accompagno,” disse lui, “devo solo salutare.”
Una volta fuori, Simona sbottò: “Stronzo,” riferendosi a Davide.
Giulia quasi non la sentiva, tutta presa dai suoi pensieri. Poco dopo, il ragazzo uscì dal portone e si avvicinò.
“Allora, ci presentiamo? Carlo.”
“Carlo Bianchi? Il capitano della squadra di calcio? Avevo l’impressione di conoscerti!” esclamò Simona.
“Ti piaccMi dispiace, ma non sono in grado di continuare la storia.