Al primo giorno di università, due ragazze si notarono immediatamente. Entrambe carine, simili in qualche modo. Da quel momento, furono sempre viste insieme.
Lucia credeva di meritare meglio che passare la vita in un piccolo paese di provincia, come i suoi genitori. La madre lavorava come commessa, il padre era un muratore e, ovviamente, beveva. Dopo il diploma, annunciò che sarebbe partita per Milano per studiare.
I genitori sospirarono, ma non la dissuasero. Pensarono che forse avrebbe avuto più fortuna della sorella maggiore, che aveva sposato un uomo sbagliato e ora cresceva da sola due figli. Non potevano mandarle molti soldi, ma le avrebbero inviato verdure dal loro orto e conserve quando possibile. La vicina faceva la controllrice sui treni diretti proprio a Milano.
Arrivata a Milano, Lucia decise che avrebbe fatto di tutto per non tornare mai a casa. Si era legata a Caterina perché era milanese doc. Suo padre era un medico, la madre un’economista. Una famiglia perbene, colta.
Caterina si affezionò a Lucia, e lei ne approfittò. Si lamentava che gli stivali si erano rotti e non aveva soldi per comprarne nuovi. Caterina le prestava subito un paio dei suoi. Nessun vestito per una serata? Caterina le regalava un abito nuovo, tanto avevano la stessa taglia. E Lucia spesso dormiva da lei, soprattutto durante le sessioni d’esame. Nelle residenze universitarie non si riusciva a studiare.
Lucia odiava lo studio, ma si faceva forza sui libri, anche se avrebbe preferito divertirsi in discoteca. Pazienza, una volta laureata si sarebbe sistemata a Milano, e allora avrebbe fatto baldoria.
Caterina, invece, riusciva in tutto con facilità. Lucia la invidiava, anche se non lo mostrava. Come spesso accade, si innamorarono dello stesso ragazzo, bello e atletico. Lui era arrivato a Milano da una cittadina militare dove suo padre prestava servizio. Ben presto formarono un trio inseparabile.
“Daniele, con loro come fai, a turno o insieme? Passami una delle due”, scherzavano i ragazzi.
Persino i professori si divertivano a chiedergli chi amasse davvero.
Daniele ignorava le battute. Gli piaceva di più la calma e dolce Caterina. Ma aveva paura di mostrarlo, per non far credere che la scegliesse solo perché milanese.
A lezione, le sfiorava il ginocchio come per caso, si avvicinava per sussurrarle qualcosa. Quello che sfuggiva agli altri, Lucia lo capiva subito dall’espressione irrigidita di entrambi. E la rabbia per l’ingiustizia la travolgeva. Non bastava che Caterina fosse nata a Milano, in una famiglia perbene? Adesso si era pure presa il ragazzo più bello.
Daniele, stanco di nascondersi, confessò il suo amore a Caterina, mentre a Lucia faceva capire che era di troppo. Il trio si sfaldò. Lucia non poteva accettarlo. Non voleva perdere Caterina, né cederle Daniele.
E così cominciò a elaborare un piano per ripristinare la giustizia, per impedire che la loro relazione crescesse. Non poteva agire direttamente, doveva far litigare i due. Non c’era tempo da perdere: il terzo anno stava per finire, mancava solo la sessione. E se si fossero sposati prima della laurea?
«Magari si rompesse una gamba e rimanesse a casa. No, Daniele la porterebbe in braccio. Meglio che le vengano i brufoli… Le comprerò delle fragole…» pensò Lucia.
Ma il destino proteggeva Caterina. Lei non si ruppe una gamba, ma i brufoli uscirono a Lucia.
Poco prima degli esami, la madre di Daniele si ammalò gravemente. Lui concordò con il rettorato di sostenere gli esami ad agosto e partì. Faceva caldo, insolito per Milano. Sarebbe stato perfetto per la spiaggia, non per studiare. Dopo il primo esame, le amiche passeggiavano. Lucia si fermò davanti alla vetrina di un atelier di abiti da sposa.
“Quale vestito sceglieresti per il tuo matrimonio?” chiese a Caterina.
“Non lo so, non ci ho mai pensato.”
“Non ci credo. Tutte le ragazze sognano un abito bianco. Io vorrei questo”, disse Lucia, indicando un abito con una gonna ampia. “Mi starebbe bene, che ne dici? Dai, entriamo a provarlo, tanto non costa niente.”
“No, fa troppo caldo. Col nylon suderemmo. Andiamo a prendere un gelato”, rispose Caterina, trascinandola via.
“Dai, Caty, proviamolo solo un attimo. Facciamo che sono la sposa e tu l’amica”, insistette Lucia.
“Provare un abito prima della proposta porta sfortuna, non ti sposerai mai”, cercò di dissuaderla Caterina.
“Sono superstizioni da vecchi. Tu sceglierai il vestito prima, no? Tutte lo fanno e si sposano. Provo solo questo, per favore”, implorò Lucia.
“Va bene”, cedette Caterina.
Entrarono nel negozio. Le accolse una commessa annoiata e accaldata.
Lucia interpretò il ruolo della sposa e iniziò a esaminare i vestiti con aria critica. Ne scelse uno e andò a provarlo. Caterina ammise che era bellissimo e le stava benissimo. Pronta per il municipio, se avesse avuto qualcuno con cui andarci.
“Abbiamo un altro abito, elegante, ma pochi possono portarlo. Lei è magra, le starebbe perfetto. Le faccio un buono sconto”, disse la commessa a Caterina.
“Non sono io che mi sposo, ma la mia amica”, rispose sorpresa Caterina.
“Si può rimediare. Lo provi, semplicemente”, sorrise la commessa.
Caterina entrò nel camerino. Quando uscì, a Lucia mancò il fiato. L’abito sembrava cucito su di lei, le aderiva alla perfezione. Senza fronzoli, ma elegantissimo.
“Manca il velo”, osservò Lucia.
“Non ci vuole il velo, meglio una coroncina”, suggerì la commessa.
“Portacela”, chiese Lucia, cercando di nascondere l’invidia.
Tutto perfetto, come sempre per Caterina. Lucia si guardò allo specchio e il suo vestito le sembrò banale e scadente. La commessa portò un diadema di pietre. Le sistemò i capelli con una forcina, poi aggiunse il diadema.
Lucia la guardava con invidia.
“Posso farvi una foto? Le sta magnificamente”, chiese la commessa.
“Anch’io”, disse Lucia, tirando fuori il telefono. “Sorridi. Ora girati e guardami. Così. E ora…”, continuò senza sosta.
“Basta, scherziamo, ora basta”, disse Caterina, tornando a cambiarsi.
“La aiuto io”, si affrettò la commessa.
Lucia rimase sola. E allora le venne l’idea per far litigare Caterina e Daniele. Non sarebbe stato difficile. Sfogliò le foto sul telefono. Caterina sembrava una vera sposa. “Un po’ di ritocco e sarà perfetta”, decise Lucia. “Poi manderò la foto a Daniele. ‘Tu sei lì, mentre la tua ragazza si sposa qui’.” In una foto, sullo specchio, si intravedeva un ragazzo fuori dal negozio. Parlava al telefono. Non sembrava forse uno sposo in attesa? Lucia trattenne un grido di gioia: tutto andava alla perfezione.
Intanto, Caterina uscì dal camerino.
“Andiamo”, disse all’amica.
“Mi piace questo vestito, se non trovo di meglio, lo comprerò”, disse Lucia alla commessa, continuando la recita.
Dopo la sessione, Lucia non tornò a casa. Nella sua stanza ora viveva la sorella con iE, mentre il sole tramontava dietro le colline toscane, Daniele finalmente le prese la mano e sussurrò: “Non abbiamo perso abbastanza tempo, vero?”.