Era una tiepida sera di maggio quando il telefono di Lucia squillò. “Lucia, ciao. Che fai?” chiese la voce di Giulia dall’altro capo.
“Appena tornata dal lavoro. Hai qualcosa di urgente? Scusa, sono stanca morta, oggi è stato un giorno infernale,” rispose Lucia, buttandosi sul divano.
“Ti chiamo per ricordarti che domani è il mio compleanno. Ci vediamo alle sette al ristorante ‘Pegaso’. Niente scuse, ci sei?” E come al solito, Giulia riagganciò prima che Lucia potesse replicare.
“Chi era?” La mamma era già sulla porta della stanza, orecchiando.
“Hai sentito tutto,” sbuffò Lucia. La madre fece una smorfia offesa. “Era Giulia, mi ha invitato al suo compleanno,” aggiunse, cercando di ammorbidirla.
“Peccato che non abbia comprato quel vestito azzurro, ora ti sarebbe servito,” commentò la madre con un tono di rimprovero.
“Mamma, me ne sono dimenticata completamente, non ho neanche un regalo! E poi non ho voglia di andare da nessuna parte. La saluterò un’altra volta.”
“Un’altra volta? Giulia è la tua unica amica, e tu vuoi offenderla? Rimarrai completamente sola. Domani compro io il regalo, non preoccuparti. Vai, svagati un po’, hai sempre solo il lavoro in testa. Tra poco compirai trent’anni, e niente famiglia, niente figli. Anzi, non hai mai avuto neanche una relazione seria!”
“Che c’entra? E non ho trent’anni, ne ho ventisette!”
“Non ventisette, già ventisette. Giulia ha un sacco di pretendenti. Magari ti presenta qualcuno,” borbottò la madre.
“Mi sembra che tu voglia sbarazzarti di me il prima possibile, come diceva la nonna,” ribatté Lucia, senza nascondere l’irritazione.
“E cosa c’è di male? I figli delle tue ex compagne di scuola stanno per finire il liceo…”
“Giulia, tra l’altro, nonostante i suoi pretendenti, non è neanche sposata,” fece notare Lucia con sarcasmo.
“Lei si sposerà, non preoccuparti. Ma tu…”
“Eccoci. È ricominciata.” Lucia alzò gli occhi al cielo. Era un discorso vecchio, doloroso e senza soluzione.
“Dimmelo pure che stai per morire e io non sono sistemata,” sbottò Lucia, ormai furiosa.
“Non ho intenzione di morire, ma il tempo passa e mi piacerebbe avere il tempo di coccolare i nipoti,” insisté la madre, anche lei arrabbiata.
“Mamma, hai solo cinquantatré anni!”
“Appunto! Tra poco andrò in pensione, e niente nipoti. Quindi domani vai a quel compleanno. Oddio, le polpette stanno bruciando!” La madre corse in cucina.
Il giorno dopo, Lucia entrò nel ristorante con un sacchetto regalo in mano. Indossava il vestito azzurro consigliato dalla madre e aveva sciolto i capelli ricci, sempre su suo suggerimento. Si sentiva a disagio, fuori posto, come Alice cresciuta all’improvviso. Era in ritardo per via della litigata con la mamma.
La sala era affollata, tutti i tavoli occupati. Tra di essi scivolavano silenziosi i camerieri in lunghi grembiuli neri. Il brusio dei commensali le arrivò come un’onda del mare.
“Ha prenotato o è attesa?” Un maître in un completo impeccabile le si avvicinò con un sorriso professionale.
“Sì, è il compleanno di un’amica…” rispose Lucia, imbarazzata. Andava raramente nei ristoranti e si sentiva sempre in soggezione.
“Segua.” L’uomo la condusse al tavolo, dove Giulia sedeva tra due ragazzi. Conosceva già Daniele Lombardi, figlio del banchiere, presentatole una volta da Giulia. L’altro era più semplice, con un’aria un po’ smarrita. Ovviamente, Giulia lo aveva invitato per lei. Ecco perché l’aveva trascinata lì…
L’uomo le scostò la sedia, invitandola a sedere.
“Grazie.” Giulia lo premiò con il suo sorriso più ammaliante. “Finalmente, amica mia! Abbiamo già ordinato, scusa, ma ho scelto io.” Gli sussurrò: “Stai benissimo.”
Lucia avrebbe voluto sparire. Si scusò per il ritardo, augurò buon compleanno all’amica e le passò il regalo. Giulia lo posò ai suoi piedi senza neanche guardarlo.
Daniele versò lo spumante. “Per me solo un goccio,” avvertì Lucia quando la bottiglia si avvicinò al suo bicchiere. “Stasera ho il turno di notte.”
“Lucia è un’infermiera,” spiegò Giulia con finto rispetto.
Daniele brindò, tutti trincarellarono e bevvero. Lucia si limitò a sorseggiare lo spumante freddo e posò il bicchiere. Arrivarono le portate.
“Conosci Stefano? È un marinaio, ci credi?” sussurrò Giulia, prendendo posate.
“Nella marina mercantile?” chiese Daniele.
“Su un peschereccio,” rispose Stefano a denti stretti.
“Si guadagna bene?”
“Non mi lamento.”
“Deve essere dura stare mesi in mare, niente donne, niente divertimenti…” Daniele riempì di nuovo i bicchieri.
“Dopo il turno sei troppo stanco per pensare alle donne. All’inizio è difficile, poi ti abitui.”
Stefano mangiò con appetito e rispose alle domande. Non guardò mai Lucia, ma ogni tanto lanciava occhiate furtive a Giulia. Cosa c’era da meravigliarsi? Era bellissima, tutti i ragazzi ci cascavano. Lucia si sentì di nuovo invisibile.
Una piccola orchestra iniziò a suonare, e Giulia trascinò Daniele a ballare. Presto altre coppie si unirono. Quando tornarono al tavolo, Lucia annunciò: “Devo andare, devo cambiarmi prima del turno.”
“Stefano, accompagnala,” ordinò Giulia come una regina che distribuisce favori.
“No, davvero, non serve!” protestò Lucia, alzandosi in fretta.
“Invece sì,” insisté Giulia, fissando Stefano.
Lucia salutò e si diresse verso l’uscita. “Non c’è bisogno, abito qui vicino,” disse una volta fuori, voltandosi bruscamente verso Stefano.
“Ti accompagno,” rispose lui, testardo.
“Fai come vuoi,” borbottò Lucia tra i denti.
Arrivarono a casa sua in silenzio. “Siamo arrivati. Arrivederci.”
“Tra due giorni parto per Livorno. Devo fare una visita medica, poi torno in mare.” Stefano guardò la casa. “Quali sono le tue finestre?”
“Buon viaggio,” rispose Lucia, entrando nel palazzo senza aggiungere altro. Quando si voltò, Stefano era già sparito.
“Chi era quello che ti ha accompagnato?” chiese la madre non appena Lucia varcò la porta di casa.
“L’hai visto.” Lucia si tolse con piacere le scarpe col tacco.
“Ho guardato per caso dalla finestra,” si giustificò la madre.
“Certo, per caso,” commentò sarcastica Lucia, passandole accanto.
“Allora, chi era?” La madre le porse un contenitore con dei panini quando uscì in jeans e felpa.
“Uno degli ammiratori di Giulia.” Lucia infilò le sneakers. “Grazie, devo andare.” Prese il contenitore, baciò la madre sulla guancia e uscì.
Più tardi, Giulia le confessò di aver invitato Stefano solo per lei. “Apprezza, amica, mi preoccupo per te.”
Il tiepido maggio lasciò il posto a un’estate torrida, poi a un autunno umido. Quando un’ambulanza portò unEra una gelida sera di novembre quando l’ambulanza portò in ospedale un ragazzo pestato, con un braccio rotto e una commozione cerebrale, e Lucia riconobbe con sorpresa Stefano, il marinaio che non l’aveva mai dimenticata davvero, e mentre gli medicava le ferite capì che il destino, a volte, riporta indietro le persone giuste al momento giusto.