La Nipote

*Here’s the culturally adapted story in Italian, rewritten for an Italian setting with all names, locations, and cultural references adjusted accordingly:*

**La Nipote**

Francesca si addormentò solo all’alba. Quando aprì gli occhi, la luce del sole inondava la stanza e accanto al letto c’era Marcello che sorrideva.

«Ti ho aspettato tutta la notte. Dove sei stato?»

«Piccola mia, vedi, non mi è successo niente. Sistemati e andiamo a fare colazione da qualche parte», disse Marcello.

Fuori faceva già caldo come in piena estate.

«Vuoi un gelato?» Senza aspettare la risposta, Marcello si avvicinò al chiosco e comprò il gusto preferito di Francesca, crema catalana nella cialda.

«Sei di buonumore. Hai vinto a carte?» chiese Francesca, leccando la cima del gelato.

«Hai sbagliato. Ho avuto un’idea. E per realizzarla, ho bisogno del tuo aiuto.»

«Ma non mi hai mai voluta con te prima. Cosa devo fare?»

«Niente. Devi solo starmi vicino. Ma se non vuoi, posso farcela da solo.»

«No, resto con te», rispose Francesca in fretta.

«Sapevo che avresti accettato. Puoi già scegliere l’abito bianco», disse Marcello con aria compiaciuta, sotto l’effetto del suo buonumore.

«Davvero? Mi stai chiedendo di sposarti?» La ragazza si illuminò, dimenticando persino il gelato che scioglieva in mano.

Nessuna donna aveva mai osato parlare di matrimonio con Marcello. Ma Francesca era un’altra cosa. Era diventata il suo talismano, portafortuna. Un anno prima l’aveva salvata da tre teppisti.

Francesca viveva con la madre in una piccola città. Dopo la fuga del padre, la madre aveva cominciato a bere. Peggiorò tutto quando portò a casa un uomo, dicendo che sarebbe rimasto con loro. Il compagno guardava Francesca con interesse non nascosto, e una volta provò a costringerla a letto. La ragazza riuscì a scappare, salì sul treno regionale e finì in una grande città.

Niente soldi, nessun parente. Cosa fare? Dove andare? Con quel viso spaesato attirò l’attenzione di un gruppo di ragazzi che bighellonavano alla stazione in cerca di polli da spennare. Sarebbe finita male per Francesca, ma Marcello accorse alle sue grida e la salvò. Da allora erano insieme.

Francesca si era innamorata di Marcello. Alto, atletico, ben vestito, con un sorriso che ispirava fiducia, con lui si sentiva al sicuro. Lui non nascondeva di fare affari poco puliti, ma non la coinvolgeva mai.

Si sedettero su una panchina del lungomare. Il gelato si scioglieva al sole, la cialda si ammolliva, il liquido dolce colò sul palmo della mano, poi sul polso e infine macchiò l’orlo del vestito.

«Dannazione!» Francesca balzò in piedi, allontanando il gelato per non sporcarsi ancora.

«Buttalo via», disse Marcello con indolenza, strizzando gli occhi al sole come un gatto sazio.

Francesca gettò la cialda nel cestino e si leccò il gelato dalla mano. «È ancora una bambina», pensò Marcello con tenerezza.

«È un affare redditizio, ma va pianificato bene. Non si può sbagliare. Un ragazzo con la fidanzata ispira più fiducia di uno solo.»

«Con la fidanzata?» chiese Francesca, risedendosi.

«Tu sei la fidanzata.» Marcello la strinse a sé e lei si appoggiò a lui.

«Ieri ho saputo di una vecchia un po’ svanita. Non ha nessuno. Il marito è morto da tempo, e anni fa il suo unico figlio è caduto in una missione all’estero. Lei lo dimentica e lo aspetta ancora la sera. Porta al dito un anello, non se lo toglie mai. Ha di sicuro altri gioielli. Il marito era un pezzo grosso.»

«Vuoi rubarle i gioielli?» intuì Francesca.

«No, niente rumore. Ce li darà da sola. Ci presenteremo come suo nipote e la fidanzata. Capisci? Il tuo compito è farle venire voglia di regalarti i suoi gioielli per il matrimonio.»

Marcello aveva i suoi principi. Francesca si sentì in colpa per l’anziana. Era una cosa ingannare politici ricchi, un’altra una vecchietta sola e indifesa. Rifletté.

«Comprati un vestito semplice, qualcosa che piacerà alla vecchia», disse Marcello, ignorando la sua esitazione.

«E se si accorge? Se non ti riconosce come nipote?»

«Ha problemi di memoria, e non lo vede da anni.»

Due giorni dopo, Marcello e Francesca erano davanti alla porta blindata di un vecchio palazzo. Marcello l’osservò un’ultima volta e fu soddisfatto del suo aspetto modesto. Lui, come sempre, era impeccabile.

«Parla poco, ok?» Francesca annuì.

Marcello suonò il campanello. Dietro la porta si sentirono passi strascicati, poi il clic della serratura. Francesca si aspettava una vecchia decrepita, ma davanti a lei c’era una signora minuta con un vestito antiquato e un colletto di pizzo. I capelli bianchi erano raccolti da una forcella con un fiocco nero.

«Chi cercate?» chiese la donna, strizzando gli occhi miopi.

«Lei, se è Anna Maria De Luca. So che suonerà strano, ma sono suo nipote», disse Marcello con serietà.

«Non capisco… Mio figlio non si è mai sposato. Dev’esserci un errore.»

«Possiamo entrare?» Marcello sorrise con quel suo sorriso irresistibile.

«Certo.» Anna Maria li fece passare.

«Ecco, l’immaginavo così. Permette?» Marcello passò davanti alla foto ingrandita di un uomo in uniforme militare.

«Mia mamma ne ha un’altra, da cadetto.» Si voltò verso Anna Maria.

«Non riesco ancora a crederci…»

«Vengo da Pisa. Suo figlio ha studiato lì, no? Mia madre lo conobbe pochi mesi prima della laurea. Quando lui partì, scoprì di essere incinta. Lui non scrisse, non chiamò, e lei non seppe come dirglielo. Non mi parlò mai di mio padre, pensava l’avesse abbandonata. Poi mi raccontò tutto. La trovai, scoprii che era morto in missione…»

Anna Maria sussultò e cadde sulla sedia, gli occhi velati di lacrime.

«Paolino, figlio mio…»

«Mi hanno chiamato Paolo anche io.»

Francesca lo fissava incredula. Mentiva così bene che anche lei si commosse. Anna Maria era già sotto il suo incantesimo. Tirò fuori un vecchio album e mostrò foto del figlio da bambino.

Francesca tratteneva le lacrime. Avrebbe voluto una famiglia così. Notò che Marcello non guardava le foto. Ovviamente, era una recita. Ma lei non voleva fare del male a quella donna.

Marcello lesse i suoi pensieri.

«Non commiserarla. È solo lavoro. Hai visto quel monile? Tocca a te convincerla a mostrarti il resto.»

Bevvero il caffè. Anna Maria parlò del dolore per la perdita del figlio, chiese dettagli sulla sua vita a Pisa. Marcello inventava.

«Lei è un’insegnante?» chiese Francesca.

«Sì. Ho insegnato italiano e storia per quarant’anni», rispose Anna Maria, animandosi.

«Mi ricorda la mia prof. Portava sempre un anello verde. E a volte una spilla rotonda con una pietra blu.»

«Mio marito mi ha regalato questo an”Quando Anna Maria le consegnò la spilla con un sorriso tremulo, Francesca capì che non avrebbe mai potuto tradire quella gentilezza, così nascose i gioielli nella scatola delle scarpe e quella notte, mentre Marcello dormiva, sussurrò alla vecchia signora la verità, decidendo di restare con lei per sempre.”

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