In viaggio verso la felicità

In Vacanza per la Felicità

Per un anno intero sogniamo le vacanze, ci prepariamo, sperando di tornare felici. Eppure, spesso accade il contrario…

Già a maggio, Marco e Beatrice iniziarono a pianificare la vacanza. Scelsero la meta e l’alloggio. Beatrice voleva le spiagge sabbiose di Rimini, con quel fondale basso che si estendeva per chilometri, l’acqua tiepida. Per il piccolo Luca, sarebbe stato perfetto.

“Vuoi andare con il bambino?” chiese Marco con freddezza.

“Lo dici come se fosse solo mio. Sì, e allora? Ci vanno anche con i neonati.”

“Se non c’è nessuno con cui lasciarlo. Ma noi abbiamo tua madre. Chiedile di stare con il nipote, vedrai che non si rifiuterà. Portarci dietro notti insonni, pannolini e capricci… che vacanza sarebbe?”

Beatrice era d’accordo con il marito. Ma non riusciva a immaginarsi lontana dal figlio per dieci giorni interi.

La madre la appoggiò.

“Andate da soli, riposatevi. È piccolo, vi stanchereste solo, e poi non capirebbe nemmeno.”

“Guarda che hotel ho scelto. E la vista dalla finestra? Dai piani alti si vede il mare.” Marco girò il laptop verso di lei.

“Che importa la vista dalla finestra? Se vai al mare, ci vai per viverlo, non per guardarlo dalla stanza,” ribatté Beatrice. “E poi, ci sono spiagge di sassi, non ci si può sdraiare.”

“E a cosa servono i lettini? Almeno non portiamo la sabbia in camera.”

Marco trovava sempre l’argomento giusto. E Beatrice cedeva, perché lo amava follemente. Che importava la meta, il tipo di spiaggia, l’importante era stare con lui. In due anni e mezzo di vita insieme, nulla era cambiato.

“Penso che sia meglio volare. Più costoso, ma più veloce,” disse Marco.

Beatrice pensava a Luca. Piccolo sì, ma avrebbe capito subito la sua assenza, si sarebbe rattristato, pianto. Ce l’avrebbe fatta la nonna?

“Allora, prenoto l’hotel?” la distrasse il marito.

“Sì, certo.”

Avevano visioni diverse su tutto, famiglia compresa. Marco era rimasto presto senza genitori, cresciuto dai nonni. Il nonno se n’era andato quando lui finiva il liceo. La nonna lo aveva seguito due anni dopo.

Quando si erano conosciuti, Marco viveva già da solo. Quasi subito, Beatrice si era trasferita da lui, avevano ristrutturato insieme, preparando il loro nido. Tutti la invidiavano.

“Sei fortunata, Bea. Uno sposo bellissimo, e pure con casa, senza suocera intrusiva. Attenta a non fare la schizzinosa, che te lo portano via,” la canzonava l’amica.

“Non sarai mica tu?” rideva Beatrice.

“E perché no? Anch’io sono carina.”

La prima delusione arrivò un mese dopo il matrimonio, prima del compleanno di Beatrice, quando Marco le disse chiaramente di non invitare la madre.

“Vengono gli amici, lei si annoierebbe.”

“È anche il suo giorno. Mi ha partorita, cresciuta. Come faccio a dirglielo?” si ribellò Beatrice.

“Invitala il giorno dopo. Ci vediamo, prendiamo un tè con la torta.”

A Beatrice non piacque, ma amava Marco e non voleva litigare. La madre, se si offese, non lo fece vedere. Arrivò il giorno dopo, regalò un bel servizio da tè. Marco si sciolse in complimenti, la baciò sulla guancia, la ringraziò per la figlia. Passò tutto senza scandali.

Così divenne la norma: a ogni festa, a casa loro si radunavano gli amici di Marco. Molti non avevano una casa, vivevano in affitto o con i genitori. La madre non veniva mai invitata.

“Se ami qualcuno, devi accettarlo com’è. È cresciuto senza genitori, non capisce il valore della famiglia,” diceva la madre. “E poi, non litigate per colpa mia. Che sarà mai un compleanno. Una moglie deve essere saggia e paziente. Se iniziate a discutere, non finisce bene. Hai un figlio, ha bisogno del padre, e poi è dura crescerlo da sola, credimi.”

Beatrice lasciava Luca alla madre e correva per negozi. Dopo il parto era ingrassata, i vestiti non le andavano più, serviva un costume nuovo. Una volta si rigirava davanti allo specchio con un nuovo vestito chiaro.

“Ti piace? Quando mi abbronzo, sarà uno spettacolo.” Si voltò verso Marco.

“Non male. Ma ti rende pallida. Ti appesantisce,” disse lui, appena dandole un’occhiata.

Fu come una doccia fredda. Si guardò allo specchio, critica. Prima del matrimonio era magra, tonica, piena di vita. Con l’allattamento, si era ammorbidita.

“Prima ti piaceva che il seno fosse più grande,” disse offesa.
Il vestito non le piaceva più. Lo ripiegò, lo mise via.

“Non offenderti. Ma il colore davvero non ti dona,” cercò di rimediare Marco.

Si avvicinava la partenza. Beatrice preparava lentamente le valigie. Cercava di “respirare” il figlio, non lo lasciava andare. Si pentiva di aver accettato di partire senza di lui. Meglio rimandare di un anno, non sarebbero morti senza il sud. Anche Luca avrebbe giovato del mare, della sabbia calda, dell’abbronzatura. Pazienza, crescendo, sarebbero andati tutti insieme. Marco gli avrebbe insegnato a nuotare. Sempre che…

Beatrice scacciò il pensiero. Da dove era venuto? Non avevano mai litigato seriamente. Si amavano. “Niente se…” si impose.

Cercava di mangiare meno, si controllava ogni giorno allo specchio. E capiva che, anche se avesse perso peso, non sarebbe tornata quella di prima, quella di cui Marco si era innamorato.

Portarono Luca dalla nonna sulla strada per l’aeroporto. Marco aspettava impaziente mentre Beatrice lo copriva di baci.

“Basta. Sembra che parta per sempre.” La madre le prese il bambino. “Ecco, già fa il broncio, sente. Andate, prima che scoppi a piangere,” fece cenno con la mano.

Marco era felice come un bambino. In aereo scherzava con le hostess. Beatrice aveva già notato che, quando c’era una donna carina, Marco iniziava a flirtare. Erano sposati da poco, e già guardava altrove. Cosa sarebbe successo poi?

“Bea, vuoi un succo? Beee-a!” la chiamò Marco.

“No, grazie.”

“Smettila di farti prendere dalla malinconia. Luca sta bene con la nonna. Gli porteremo delle conchiglie…”
E Beatrice gli sorrise, scacciando i pensieri cupi.

La camera dell’hotel era piccola ma comoda. Con l’aria condizionata. Il mare a due passi.

“Libertà!” esclamò Marco, la sollevò e la fece roteare per la stanza, poi la lasciò cadere sul letto largo. “Allora, andiamo al mare?” si rialzò agile.

“Sì. Ora mi cambio…”

Sulla spiaggia era pieno di gente, tutti abbronzati fino a scurirsi. Beatrice non aveva fretta di spogliarsi, esibire quel corpo pallido.

“Dai, togliti tutto. Ti abbronzerai prima,” disse Marco, sfilandosi i pantaloni. Le sue gambe bianchissime luccicavano, ma non sembrava imbarazzato, o fingeva. E Beatrice si spogliò. Per fortuna il costume era coprente, non si vedeva troppo quel leggero rotondino. Guardava con invidia le ragazze slanciate, dalle gambe lunghe e i corpi perfettiE quella sera, sotto le stelle del Mediterraneo, Beatrice capì che talvolta l’amore più vero non è quello che ti promette il mare, ma quello silenzioso che aspetta sulla riva.

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