Il Sogno di Un Futuro Insieme

Dopo cena, Alessandra si accoccolò sul divano con un libro tra le mani. Si era appena immersa nelle avventure della protagonista quando sua madre entrò nella stanza con un telefono che vibrava furiosamente. Sullo schermo, il sorriso smagliante di Beatrice Mancini.

Alessandra sospirò, posò il libro e rispose alla chiamata, lanciando un’occhiata eloquente alla madre. Questa finalmente capì di essere di troppo e uscì, anche se Alessandra sapeva bene che si sarebbe messa ad origliare dietro la porta.

Passarono cinque minuti a chiacchierare del nulla, poi Beatrice annunciò di volerla invitare al suo compleanno, festeggiato quel sabato nella casa di campagna.

«Ma il tuo compleanno era un mese fa, no?» chiese Alessandra, confusa.

«Che importa? Sono pronta a festeggiarlo ogni giorno. È solo un pretesto per incontrarci.»

«E perché? Possiamo vederci anche senza scuse,» ribatté Alessandra.

«No, ci vuole un po’ di mistero, un po’ di attesa. Arriva un amico del mio Fabio dalla Germania. Lui non sa quando compio gli anni. Se sente che c’è troppo interesse, potrebbe rifiutarsi di venire senza motivo. Ma un compleanno? Quello è serio. La mia amica Delia, la ricordi? È quasi svenita quando ha saputo del suo arrivo. Lui fa il regista, o qualcosa del genere, comunque lavora nel cinema. E Delia sogna di recitare. Si è attaccata a lui come una zecca, non lo lascia respirare. Una rottura, davvero.»

«Ah, ecco. E io a che ti servo?»

«Ma come? È il mio compleanno!» Beatrice cominciava a perdere la pazienza.

«Per fare numero?» intuì Alessandra. «E perché in campagna? C’è ancora la neve.»

«Non fare la sciocca, Ale. Per trattenerlo, ovvio,» rise Beatrice, compiaciuta. «Allora, vieni? Ci divertiremo, faremo una grigliata. C’è ancora l’albero di Natale, non abbiamo avuto tempo di smontarlo dopo le feste. E con tutta questa neve, figurati se riuscivamo a tornare. Dai, per favore…»

Alessandra immaginò il broncio teatrale di Beatrice.

«Va bene,» cedette con un sospiro.

Accettò solo perché mancavano ancora quattro giorni al sabato: chissà, poteva ammalarsi, o ammalarsi Beatrice, o succedere qualcos’altro, e la gita sarebbe saltata.

Appena posò il telefono, la madre rientrò.

«Dove ti ha invitata?»

«Mamma, hai sentito tutto,» sorrise Alessandra, ironica.

La madre non si scompose.

«Bene, vai. Sei sempre chiusa in casa. Tra poco avrai quarant’anni e nemmeno un marito. Quando mai avrò dei nipotini?»

«Mamma, i fidanzati non sono primule, non crescono in campagna,» scherzò Alessandra. «Ne ho ancora trentadue, mancano otto anni ai quaranta. E i figli dovrebbero nascere per amore, non perché tu vuoi i nipoti…»

La madre strinse le labbra, fece un gesto vago e uscì, solo per rientrare un attimo dopo e piantarsi davanti ad Alessandra.

«Passi le giornate a leggere. Vivi le vite degli altri mentre la tua ti sfugge. I libri non ti troveranno un marito. Il tempo passa…»

«Hai sentito, verrò. E ti porterò dei nipoti da lì,» scherzò di nuovo Alessandra.

La madre scosse la testa, offesa.

«Scusa, mamma.» Alessandra balzò dal divano per abbracciarla.

Il venerdì, Beatrice chiamò di nuovo per ricordarle l’uscita, raccomandandole di vestirsi bene, per non fare brutta figura con l’ospite straniero. Le avrebbero passato a prenderla alle sette.

«Così presto?» protestò Alessandra.

«La strada, la casa da scaldare, da preparare… Avremo appena il tempo.»

La sveglia suonò alle sei del mattino. Alessandra, ancora assonnata, non capiva perché l’avesse impostata così presto di sabato. Poi entrò la madre, annunciando che la colazione era pronta.

Alessandra ricordò la casa di campagna, il compleanno, e gemette. Addio, weekend tranquillo. Si trascinò in bagno. Un’ora dopo, uscì e trovò la macchina di Fabio già parcheggiata. Salì sul sedile posteriore e salutò tutti con aria truce.

«Su, non fare il muso. Puoi dormire durante il tragitto,» concesse Beatrice, magnanima.

Per tutto il viaggio, la amica chiacchierò senza sosta. «Come fa Fabio a sopportarla?» pensò Alessandra, prima di cedere al sonno.

Nel villaggio vacanze, tutto era silenzioso e innevato. Solo le strade erano segnate dalle tracce degli pneumatici. Almeno non sarebbero stati soli in quel paradiso bianco.

In salotto, un enorme albero di Natale artificiale dominava la stanza. Per un attimo, Alessandra ebbe l’impressione di essere tornata indietro di due mesi e mezzo, alla vigilia di Capodanno. Fabio si diede da fare con la stufa, e presto l’aria si riempì del profumo di legna, resina e ricordi d’infanzia.

Prima che le fiamme si alzassero, altre due auto si fermarono davanti alla casa. Alessandra e Beatrice osservarono dalla finestra: dalla prima scesero due conoscenti e Delia, dalla seconda un uomo alto e sconosciuto, con gli occhiali.

«Lui è il regista? Non ci somiglia molto,» osservò Alessandra.

«E tu quanti registi hai conosciuto nella vita?» ribatté Beatrice.

La comitiva avanzava tra la neve. Delia saltellava come una capretta, sprofondando nelle pozze e ridendo fragorosamente, annunciando il loro arrivo a chiunque avesse scelto di passare il weekend lì.

«Basta fissarli,» disse Beatrice, staccandosi per prima dalla finestra.

Andò ad accogliere gli ospiti, mentre Alessandra raggiunse la cucina per sistemare la spesa.

«Il tuo amico è davvero un regista?» chiese a Fabio.

Lui non fece in tempo a rispondere che la casa si riempì di voci, urla, e soprattutto delle risate isteriche di Delia, che si era già lanciata sull’albero. Il regista apparve con altri sacchetti, strinse la mano a Fabio e annuì ad Alessandra, fissandola un istante più del necessario.

«Posso aiutare?» chiese.

La cucina si riempì rapidamente, diventando stretta e chiassosa. Il crepitio della legna e il rombo del fuoco nella stufa erano piacevoli. Alessandra pensò che forse aveva fatto bene a venire.

Dopo panini e tè, gli uomini uscirono per preparare il barbecue, mentre le donne si misero a tagliare insalate e lessare patate…

A tavola si brindò, Beatrice accettò i regali senza vergogna, poi si ballò. Delia si appese senza ritegno al regista, che si chiamava Paolo. Lui beveva poco ed era il più sobrio della comitiva. Quando Delia uscì un momento, lui invitò Alessandra a ballare.

«Sei davvero appena arrivato dalla Germania? Da quanto vivi lì?» gli chiese.

Paolo cercò di rispondere, ma la musica era troppo alta. Alessandra smise di insistere. Delia tornò, cambiò canzone con qualcosa di più veloce e si mise a ballare davanti all’albero, quasi rovesciandolo. Qualche pallina si ruppe, tutti si precipitarono a raccogliere i cocci…

Alessandra ne approfittò per afferrareAlessandra sorrise tra sé, sentendo il calore di quella strana serata avvolgere il suo cuore, e per la prima volta si chiese se forse, tra le pagine della sua vita, ci fosse spazio anche per un capitolo imprevisto, scritto tra le stelle e il profumo della legna che ardeva.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

14 − 11 =

Il Sogno di Un Futuro Insieme