Tutto è possibile

Tutto accade

Fulvia si svegliò qualche minuto prima che suonasse il campanello della sveglia. Rimase sdraiata, preparandosi per un nuovo giorno, identico a quello di ieri, di una settimana, di un mese, di un anno fa. Tutto procedeva liscio nella sua vita, seguendo un ordine prestabilito, senza sorprese.

O forse no. Qualche anno prima, suo figlio le aveva riservato una sorpresa. Si era iscritto all’università e aveva annunciato il suo desiderio di vivere da solo. Quante ansie, quante suppliche per dissuaderlo! Ma lui minacciava di abbandonare gli studi e di arruolarsi. Che fare? Alla fine cedettero, pagandogli anche l’affitto di un appartamentino. Dopo la laurea, trovò lavoro e rifiutò ogni aiuto dai genitori.

Fulvia si alzò con delicatezza per non svegliare il marito e si diresse in cucina. Ben presto, l’aroma del caffè appena fatto si diffuse per la casa: quello vero, non l’orrendo surrogato istantaneo.

Quando il marito entrò in cucina, profumando di bagnoschiuma, trovo una tazza fumante e un piatto con panini imburrati. Omelette e cereali non li digeriva. Fece colazione in silenzio e, altrettanto taciturno, lasciò la stanza.

“Ritornerò tardi, stamattina c’è la riunione del consiglio accademico,” gridò dall’ingresso.
Fulvia lo raggiunse, gli sistemò la cravatta e il colletto della camicia, spazzò via una invisibile polvere dalla spalla, come se stesse dando l’ultimo tocco a un dipinto. Era un rituale, con l’unica differenza che d’inverno aggiustava la sciarpa, e d’estate la cravatta. E via, quella polvere invisibile dalla giacca, dal cappotto o dal pellicciotto, a seconda della stagione.

Dopo la partenza del marito, Fulvia si mise a posto, bevve un tè al limone e si sedette al portatile. Lavorava da casa, traducendo articoli e libri dall’inglese e dal francese.

Il lavoro scorreva fluido, il libro le piaceva. Ogni tanto consultava i dizionari, cercando la sfumatura giusta. Un trillo del telefono la distrasse.

“Fulvia Rossini? Buongiorno. Sono Valentina Fiore, del dipartimento,” si presentò una voce all’altro capo.

Al suono di quell’inflessione piatta, Fulvia visualizzò subito una donna alta, piatta, dall’aspetto poco gradevole, sulla quarantina.

“Buongiorno. Cosa succede? È successo qualcosa a Leonardo?” si agitò.

“No, con lui tutto bene.” Una pausa. “Ho bisogno di parlarle. Mi trovo qui vicino per caso. Potrei passare tra cinque minuti. Le va bene?”

“Sì, certo,” rispose Fulvia, perplessa su come mai quella professoressa fosse “nelle vicinanze” durante l’orario di lezione.

Esattamente cinque minuti dopo, il campanello suonò. Fulvia aprì e fece entrare l’ospite.

“Un tè? Caffè?” propose.

“Grazie, no. Ho poco tempo. Tra una lezione e l’altra, ho trovato un buco e…”

Si sedettero in salotto sul divano.

“Mi dica,” disse Fulvia.

“Mi dispiace doverglielo dire, ma non posso tacere. Suo marito ha una relazione con una studentessa, una ragazzina di vent’anni. Vive con la madre disabile,” cominciò Valentina.

“Mi risparmi i dettagli.”

“Va bene. Ho sentito per caso una sua telefonata. Insomma, questa studentessa aspetta un bambino. E lui le ha promesso di non abbandonarla, di aiutarla…”

Fulvia tacque. Passato un minuto, l’altra riprese.

“Non è la prima volta. C’è stata Vera Conti, la docente di antropologia, poi Nin”E poi tutto finì come doveva finire: con un nuovo inizio, un respiro più leggero, e la strana consapevolezza che, nonostante tutto, la vita sapeva ancora sorprenderla.”

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

3 × one =

Tutto è possibile