«Mamma, se continui a interferire, me ne vado. Per sempre.»
Nel giorno del suo compleanno, Elisabetta si alzò presto, preparò le verdure per le insalate, marinò la carne, pelò le patate e andò dal parrucchiere. Tornata a casa, si mise subito ai fornelli.
«Buon compleanno, mamma! Sei bellissima. L’anno di nascita sul tuo documento è sbagliato. Sembri dieci anni più giovane.» – Andrea, ancora in pigiama e appena sveglio, le diede un bacio sulla guancia.
«Sistemati e dammi una mano. Da sola non ce la faccio» – disse Elisabetta.
«Sì, faccio in fretta.» – Ma a metà strada per il bagno, Andrea si fermò. «Forse dovremmo chiamare Giulia? Lei è più brava in queste cose.»
«È una buona idea. Chiamala, che venga ad aiutare» – convenne Elisabetta.
Quando Andrea, vestito, rasato e profumato di colonia, tornò in cucina, Giulia stava tagliando le verdure mentre sua madre asciugava i bicchieri con un panno.
«Che bel lavoro di squadra» – disse Andrea, prendendo una fetta di cetriolo dal tagliere.
Giulia gli rivolse il viso, offrendo le labbra per un bacio, ma lui si tirò indietro. Elisabetta notò tutto. «Si vergogna di me» – pensò.
«Andrea, prepara il tavolo in sala e metti la tovaglia. È sullo scaffale più alto» – chiese Elisabetta, per stemperare il disagio.
«Subito!» – Andrea si raddrizzò, annuì con fare militare e scosse la testa per allontanare una ciocca di capelli bagnati dalla fronte.
«Sei un uomo, ma ti comporti ancora come un ragazzino» – sorrise Elisabetta.
«Mamma, quanti ospiti ci saranno?» – gridò Andrea dall’altra stanza.
«Con noi, nove» – rispose lei dopo un attimo di riflessione.
Aveva cresciuto il figlio da sola, e nonostante tutto era diventato un bell’uomo. Elisabetta aveva sempre sognato una famiglia numerosa e unita. Suo padre era morto giovane, e il marito l’aveva lasciata tre anni dopo la nascita di Andrea. Non aveva mai ricostruito la sua vita sentimentale. Ma presto Andrea si sarebbe sposato, e la sua famiglia sarebbe cresciuta. Cosa aspettava? Ventisei anni erano l’età giusta. E Giulia le piaceva, una ragazza perbene, modesta, di buona famiglia. Se Dio voleva, si sarebbero sposati e avrebbero avuto nipoti… Elisabetta sorrise ai suoi pensieri.
La carne nel forno era quasi pronta. Era ora di cuocere le patate.
«Giulia, non dimenticare di tagliare il pane…» – Un suono alla porta interruppe la frase.
Elisabetta diede un’occhiata alla tavola imbandita, si controllò nello specchio dell’ingresso per assicurarsi che i capelli fossero a posto, si tolse il grembiule e aprì la porta.
Gli ospiti arrivarono poco a poco. Sul tavolino vicino alla finestra erano già posati diversi mazzi di rose, diffondendo un dolce profumo. Accanto, buste regalo e scatole legate con nastri colorati.
Andrea conosceva tutti: l’amica d’infanzia di sua madre con il marito, la capa della contabilità dove lavorava Elisabetta (senza marito, perché non ne aveva), e un’altra collega con il consorte. Gli ospiti si aggiravano attorno al tavolo, chiacchierando vivacemente e lanciando occhiate golose alle portate, in attesa di sedersi.
Ma Elisabetta aspettava ancora. Andrea capì: mancava qualcuno. Chi?
«Ho una fame da morire» – si lamentò Giulia.
«Resisti, mamma sta aspettando qualcuno» – Andrea le strinse la mano.
Finalmente suonò il campanello, e Elisabetta corse ad aprire con sollievo. Poco dopo rientrò in salotto, abbracciando una bella donna.
«Vi presento Beatrice, la mia ex vicina di casa. Io facevo la terza media quando lei andava ancora alle elementari. Sua madre mi chiese di tenerle d’occhio. È diventata così bella che non l’avevo riconosciuta. È stata lei a fermarmi.»
«Io ti ho riconosciuta subito, non sei cambiata per niente» – disse Beatrice con una voce limpida e melodiosa. Andrea immaginò che cantasse bene.
Un semplice vestito grigio le aderiva alla figura snella. I capelli biondi e folti cadevano in morbide onde. Il suo viso era piacevole, sempre sorridente.
«Prego, cari ospiti, accomodatevi» – disse Elisabetta.
Subito si udì il rumore delle sedie, mentre tutti si sistemavano e decidevano da dove cominciare.
Andrea si sedette di fronte alle colleghe di sua madre, con Giulia accanto e Beatrice dall’altra parte. Da lei emanava un profumo elegante e costoso. Gli uomini la osservavano con curiosità, le donne con diffidenza.
Andrea sollevò la bottiglia di vino e guardò Beatrice in segno di domanda, chiedendo permesso per servirla. I loro volti erano così vicini che poté notare le piccole sfumature dorate nei suoi occhi. Lei sorrise e annuì.
«Quanti anni ha? Sembra poco più grande di me…» Andrea cercò di calcolare l’età di Beatrice, ma Giulia lo distrasse. Un ospite alzò il bicchiere per il primo brindisi. Andrea non ascoltò, i suoi pensieri erano per Beatrice. Il suo profumo lo stordiva, lo attirava… Senza aspettare la fine del brindisi, Andrea staccò il bicchiere dal suo.
«E con me no?» – disse Giulia, offesa.
Andrea si voltò a malincuore. Lei cercò di incrociare il suo sguardo, ma lui distolse gli occhi. «Cosa ti servo? Insalata russa o quella lì? Mamma dice che è buonissima.»
«Come vuoi» – rispose Andrea, svuotando il bicchiere d’un fiato.
«Non credevo che la figlia di Elisabetta fosse già così grande. Studi o lavori?» – chiese Beatrice, avvicinandosi.
«Mi sono laureato tre anni fa, ora lavoro.»
«Wow. Con una mamma così, non c’è da stupirsi.»
Parlavano quasi con le fronti a contatto, per sentirsi meglio. Ogni volta che le loro braccia si sfioravano, Andrea sentiva un’onda di calore, il cuore in tumulto. Cercava ogni occasione per toccarla di nuovo, ma con sua delusione Beatrice si allontanò leggermente.
Giulia gli chiese qualcosa, e Andrea si voltò infastidito. Dopo alcuni brindisi e bicchieri di vino, una piacevole leggerezza gli annebbiò la mente.
«Andrea, metti su musica, balliamo un po’» – propose Elisabetta.
Avevano già scelto insieme la playlist. Andrea accese il computer, e dalle casse uscì una canzone ritmata degli anni Novanta. Le donne si spostarono sul divano, gli uomini uscirono a fumare. Elisabetta iniziò a sparecchiare per «far posto al dolce». Giulia si offrì di aiutarla, comportandosi come la padrona di casa, quasi una moglie, cosa che irritò moltissimo Andrea.
Beatrice fu l’ultima ad alzarsi, incerta sul da farsi. Andrea le si avvicinò.
«Balliamo?»
Lei alzò un sopracciglio sorpresa. Dopo un attimo, posò le mani sulle sue spalle. Lo spazio era poco, così si limitarono a dondolare sul posto. I loro occhi erano alla stessa altezza, pericolosamente vicini.
Gli uomini tornarono e invitarono le mogli a ballare. Diventò tutto troppo stretto. Senza parlare, AndreaBeatrice si ritirò infine tra le sue braccia, e mentre il sole sorgeva oltre le colline toscane, Elisabetta comprese che l’amore, seppur inatteso, aveva unito la sua famiglia più di quanto avesse mai osato sperare.