Lezioni di guida emozionanti

**Lezioni di Guida**

Teresa parcheggiò l’auto davanti all’ufficio e si affrettò verso l’ingresso. Davanti a lei camminavano lentamente due ragazze, chiacchierando. Proprio davanti alla porta, si fermarono all’improvviso, bloccandole il passaggio. Senza pensarci due volte, Teresa si infilò tra loro, le spinse via con un gesto brusco e tirò a sé la porta d’ingresso.

“Ehi, dove credi di andare…” Le insulti volarono alle sue spalle.

In un altro momento, avrebbe risposto per le rime, ma quel giorno Teresa era disperatamente in ritardo. Evitò la discussione e corse verso l’ascensore, già pieno di persone. All’ultimo secondo, si intrufolò dentro, urtando un uomo e spingendolo indietro.

“Scusi,” borbottò, girandosi verso le porte che si chiudevano. Per un attimo, tra gli stipiti, intravide i volti arrabbiati delle due ragazze. Le porte si chiusero e l’ascensore iniziò a salire. «Avrei dovuto mostrare loro la lingua,» pensò Teresa troppo tardi.

Aveva il viso arrossato dalla corsa e i capelli scomposti. C’era uno specchio sul retro, ma l’ascensore era troppo affollato per raggiungerlo. Si lisciò i capelli con la mano.

Qualcuno ridacchiò alle sue spalle. Teresa si voltò: era proprio l’uomo che aveva urtato. Lo fissava con il mento sollevato, o almeno così le sembrava, data la differenza d’altezza. Sentì il profumo della sua colonia, elegante e discreto. Per un attimo, i loro sguardi si incrociarono. Poi Teresa si girò bruscamente, facendo svolazzare i capelli.

L’ascensore si fermò con un lieve scossone e le porte si aprirono silenziosamente. Uscì, sentendo ancora lo sguardo dell’uomo sulla sua schiena.

“Ti è piaciuta?” chiese Luca a Marco mentre l’ascensore riprendeva a salire. “A lei sembri piaciuto. Non vedevi come ti guardava?”

“Lascia stare. Frecce e gambette lunghe non mi impressionano. Ormai sono un uomo navigato. È ancora giovane e impulsiva, ma quando si sposerà, mostrerà il suo vero carattere. ‘Mio caro, Nina e suo marito sono stati alle Maldive, e noi dobbiamo andare di nuovo in Turchia? Sono stufa. Simona ha tre pellicce, io solo una. Mi sento una poveretta…'” Marco gonfiò le labbra in una caricatura delle lamentele della moglie. Gli altri risero.

“Semplicemente non hai avuto fortuna con Elena,” commentò Luca.

L’ascensore si fermò e i due amici uscirono.

“Da questa parte,” indicò Luca.

“Concordo. Dopo di lei, non riesco più a guardare le donne. E basta parlare di questo,” disse Marco. “Qui?” Si fermò davanti a una porta di vetro.

Intanto, Teresa subiva le ire del capo.

“Dove diavolo sei stata? Il cliente ha riattaccato, stai rovinando l’affare!” urlò, schizzando saliva dalla rabbia.

“Lorenzo, ti giuro, è l’ultima volta. C’era traffico…”

“Non voglio scuse. Dormi meno e parti prima. Un altro ritardo e, giuro, Bellini, non importa che tua madre sia malata, ti licenzio. Ora sparisci e vai dal cliente.”

Teresa indietreggiò verso la porta.

“Grazie, Lorenzo. Sarò più veloce del vento. Prometto… no, giuro, non succederà più…” Uscì nel corridoio, rilasciando un sospiro di sollievo.

“Scorticati ti cercava. Era fuori di sé,” la salutò una collega quando Teresa rientrò in ufficio.

“L’ha già trovata.” Afferrò una cartella dalla scrivania e uscì di nuovo.

Evitando l’ascensore, scese di corsa le scale, uscì dall’edificio e si bloccò davanti alla sua auto. Nella fretta, aveva parcheggiato la sua piccola Fiat troppo vicino alla Kia davanti. Aveva sperato che chi si fosse parcheggiato dietro le avrebbe lasciato spazio.

Ma anche lui doveva avere fretta. Un imponente Mercedes nero incombeva minaccioso sulla sua umile Fiat, quasi sfiorandone il paraurti. La sua auto era bloccata. «E ora? Come esco? Se avessi parcheggiato così io, che scandalo…» Anche se, in effetti, l’aveva fatto proprio lei.

Non poteva andare a piedi all’appuntamento. Teresa sedette al volante, posò la cartella sul sedile del passeggero, accese il motore e iniziò a cercare di liberarsi. Indietreggiò piano, sterzando con attenzione, liberando la macchina centimetro per centimetro.

Era nervosa. Nelle orecchie risuonavano ancora le minacce di licenziamento in caso di ritardo. Senza dubbio Lorenzo aveva chiamato il cliente, avvisandolo del suo arrivo. E lei perdeva tempo prezioso.

Concentrata, calcolò di poter uscire senza urtare l’auto davanti e indietreggiò un’ultima volta. Ma nella fretta, fuTeresa esitò un attimo, poi allungò la mano verso quella di Marco, sorridendo con un misto di ironia e timida speranza.

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