Il Rifugio

Nonno Arduino e la sua nuova compagna

Quando Giulia e suo marito Marco si trasferirono nel palazzo, al primo piano viveva già una coppia di anziani: Elena Luigia e Arduino Vittorio. Andavano sempre insieme, al supermercato, dal medico, a fare due passi. Li vedevi camminare a braccetto, sostenersi a vicenda. Difficilmente li incontravi da soli.

Una sera, Giulia e Marco tornavano da una cena da amici. Davanti al loro portone c’era un’ambulanza, e dall’ingresso uscirono due infermieri con una barella. Dietro di loro, affannato, avanzava nonno Arduino, quasi non riuscendo a star loro dietro.

Tutti lo chiamavano nonno Arduino, mentre sua moglie era sempre “Elena Luigia”, mai solo “Elena”. Lui era completamente bianco, persino la barba rada sul viso segnato dalle rughe. Le palpebre sottili gli ombreggiavano gli occhi grigi, quasi trasparenti. Sembrava smarrito, spaventato.

“Cosa è successo?” chiese Marco, avvicinandosi.

Nonno Arduino fece un gesto vago con la mano, come per dire che la situazione era grave, o magari per chiedere di essere lasciato in pace. Marco si rivolse a uno degli infermieri che stava sistemando la barella con una donna minuta nell’ambulanza.

“Voi chi siete?” domandò l’uomo, diffidente.

“Siamo suoi vicini, ci preoccupiamo per lui,” rispose Marco.

“Non intralciate, allora. Preoccupatevi da lontano,” borbottò l’infermiere, chiudendo lo sportello.

Nonno Arduino cercò di salire anche lui.

“Dove va? Meglio che resti. Non può aiutare sua moglie, la portiamo in terapia intensiva, non la farebbero entrare. Lei mi farebbe solo perdere tempo. Portatelo a casa,” ordinò l’infermiere prima di chiudersi dentro.

L’ambulanza partì a sirene spiegate. Nonno Arduino, Marco e Giulia rimasero ad ascoltare quel suono finché non si perse in lontananza.

“Andiamo su, nonno. Non è estate, fa freddo, prendi un raffreddore. È uscito così, senza nemmeno la giacca,” disse Marco.

Il vecchio si lasciò condurre in casa.

“Vuoi salire da noi? È più facile quando c’è qualcuno,” propose Marco davanti alla porta aperta del primo piano.

“Grazie. Vado a casa mia. Aspetterò la mia Elena,” mormorò lui, entrando.

“Come vuoi. Siamo al quarto piano, se hai bisogno,” gli ricordò Marco.

Nonno Arduino annuì e chiuse la porta.

“Che pena… una vita insieme,” sospirò Giulia salendo le scale. “Dovremmo avvertire i parenti, che vengano a stargli vicino.”

“Non ne ha,” disse Marco voltandosi.

“Come lo sai?”

“Gliel’ho chiesto una volta. Suo fratello è morto giovane. C’è un nipote da qualche parte, ma figurati se gli importa di lui. Lui ed Elena non hanno avuto figli. Se lei se ne va, resterà solo. E gli anziani, da soli, non vivono a lungo. Come le colombe—se perdono il compagno, muoiono di crepacuore.”

“Non sapevo fossi un romantico. ‘Come le colombe’…” sbuffò Giulia.

Il giorno dopo, dopo cena, Marco decise di far visita al vecchio.

“Vai, magari ha bisogno di qualcosa. Non vorrei che si struggesse davvero,” convenne Giulia.

Marco scese al primo piano. La porta era socchiusa. Entrò in fretta.

“Nonno, tutto bene?” chiamò verso l’interno.

Dalla cucina uscì nonno Arduino, più curvo del solito.

“Scusa, sono venuto a vedere come stavi. Perché la porta aperta?”

“Mi è scappato di mente,” fece lui con la mano. “Entra, vuoi un caffè?”

“No, ho appena cenato. Tu hai mangiato?”

“Non mi va niente. Penso solo alla mia Elena.” Si lasciò cadere su una sedia scrostata.

Marco entrò in una cucina ordinata. Sul tavolo era rimasta una tazzina di caffè a metà. La decorazione di papaveri rossi e foglie dorate attirava l’attenzione.

“Alla mia Elena piaceva la porcellana elegante,” sospirò il vecchio. “Ora non c’è più, ma non posso disubbidirle, bere il caffè nel bicchiere. Mi ci sono abituato. Vuoi un goccio?”

“Non ti abbattere. La medicina oggi è più avanzata…”

“Una vita insieme. Non so immaginarmi senza di lei… Non si è mai ammalata seriamente. Sempre in piedi. Forse ha esaurito le forze.” La voce gli si spezzò, come se stesse per piangere. “Pensavo che sarei partito io per primo. Ora capisco che è meglio così. Per lei sarebbe stato più difficile. Io sono più forte. Va’, non preoccuparti per me.”

“Allora, come sta?” chiese Giulia quando Marco tornò.

“Resiste. Dice che lei non si era mai ammalata.”

“Allora guarirà,” commentò lei, positiva.

Ma il giorno dopo, nonno Arduino salì da loro e annunciò che Elena Luigia aveva tirato le cuoia. La chiamò per nome e cognome. Chiese aiuto per i funerali.

“Certo, accomodati, ne parliamo,” disse Marco.

Passarono due settimane. Una sera, Giulia si sedette accanto a Marco sul divano.

“Che pena, povero vecchio. Solo al mondo.”

Lui annuì, senza staccare gli occhi dalla partita in tv.

“Ho pensato una cosa…”

Marco annuì di nuovo senza ascoltare.

“Ma che annuisci? Non ho finito! Stacca quel televisore,” esigette lei.

“Non può aspettare?”

“No. Tra due mesi Federico compie diciott’anni. Tra qualche anno sarà grande. E se si sposa? Ci porterà la moglie in questo stesso appartamento.”

“Di che parli? Quale moglie?” Marco finalmente la guardò.

“Proprio di quello. Il tempo vola. Come faremo in quattro? E se diventassero cinque?” continuò Giulia.

“Dove vuoi arrivare?”

“Nonno Arduino ha ottantun anni. Ho chiesto. È un’età avanzata. Tutto può succedere. Solo, è triste, annoiato. E lui ha un bilocale. Se muore, andrà allo Stato.”

“E allora? Non siamo parenti. Non sarà certo nostro.”

“Appunto. Dovrebbe andare a Federico. Avrà un posto per la moglie,” spiegò lei.

“Non capisco. Come?”

“Bisogna fare in fretta, prima che altri ci soffino l’idea.”

“Sei seria? Vuoi che il nonno…” Marco fece un gesto con la mano sulla gola.

“Ma che dici? Niente crimini! Faremo le cose per bene. Lo accudiremo, chiederemo l’affidamento. Magari facciamo un accordo,” rifletté Giulia. “Piano piano, senza spaventarlo.”

“Ah,” fece Marco. “Sei un genio.” La guardò con nuovo rispetto.

“E poi dicono che gli uomini sono più intelligenti delle donne.”

“Spiegami, donna intelligente, come glielo proponi? La moglie è appena morta e tu con i tuoi contratti. È ancora autosufficiente.”

“Per ora. Se altri ci battono sul tempo? Addio appartamento.”

“Già nostro? Non corri un po’ troppo?”

“Non subito, poco alla volta. Prima la spesa, poi la cena. Aspetta che si abitui alla vita comoda, sarà lui a proporlo.”

“E se vive fino a cent’anni?”

“Potrebbe,” ammise Giulia. “Ma dubito. Hai detto tu stesso, come le colombe.”

Marco si grattò il petto, pensierMa pochi mesi dopo, mentre Giulia e Marco stavano per iniziare a risistemare l’appartamento, arrivò la notizia che nonno Arduino e Oksana si erano sposati in municipio, e la loro risata allegra riempì di nuovo il palazzo come un tempo.

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