**La Storia del Guardiano del Nostro Cortile**
Nei primi crepuscoli autunnali, Chiara tornava a casa. I lampioni stradali, come al solito, erano spenti a intermittenza, e nei cortili neppure uno. Davanti al portone, ogni autunno si formava una grande pozza d’acqua, e le macchine parcheggiate impedivano di girarle intorno. Ma quella sera, non c’era traccia della solita pozzanghera, anche se aveva piovigginato tutto il giorno. Svanita nel nulla.
Chiara aprì la porta d’ingresso e si voltò. La luce dal corridoio illuminava l’asfalto bagnato e lucente. *”Non mi sbaglio. Che strano.”*
L’ascensore l’aspettava al piano terra, cosa insolita. Di solito, la sera, era bloccato all’ultimo piano. Le porte si aprirono con un cigolio, invitandola a entrare. *”Fantastico. No, sicuramente è un miracolo”*, pensò Chiara mentre varcava la soglia. Premette il pulsante e lanciò un’occhiata fugace al suo riflesso nello specchio sporco.
Un viso pallido, stanco, con occhi tristi la fissava. Distolse lo sguardo e, per abitudine, si sistemò la ciocca di capelli sfuggita dal berretto. In quel momento, però, la cabina tremò e si fermò. Le porte si aprirono con un tintinnio, lasciandola sull’ingresso.
«Sono a casa» disse a voce alta, accendendo la luce e scacciando l’oscurità che aveva invaso l’appartamento.
Sei mesi prima era morta sua madre. Da allora, quell’appartamento vuoto l’aspettava con solitudine, silenzio e ricordi. Non aveva fretta di tornare, e spesso si tratteneva in redazione. Tutti i colleghi se ne andavano alle sei in punto, ma lei rimaneva. Sistemava i documenti, preparava i piani per il giorno dopo. I colleghi la trovavano pedante e inflessibile e la evitavano. Lei, semplicemente, era abituata a lavorare con precisione e velocità, pretendendo lo stesso dagli altri.
Prima, a casa, l’aspettava la madre malata. Non c’era tempo per rilassarsi o compatirsi. Prima di ammalarsi, sua madre era stata un’insegnante severa, e Chiara aveva imparato a fare tutto perfettamente, per non deluderla, anche se con una certa resistenza interiore. Ora, era diventata esigente come lei.
Una sola relazione seria aveva avuto nella vita. Ma tutto si era incrinato prima del matrimonio. Sua madre stava già male, e Chiara si era rifiutata di trasferirsi dal fidanzato, non volendo lasciarla sola. Lui, però, non aveva accettato di vivere in un piccolo appartamento con una suocera malata.
Così, a trentadue anni, Chiara era rimasta sola. Gli uomini della redazione erano sposati o corteggiavano ogni donna in vista. E oltre al lavoro, non usciva mai. Prima per la madre, adesso per la stanchezza e l’indifferenza verso la propria vita. La aspettava una serata solitaria davanti alla televisione o con un libro.
Un sabato, Chiara si svegliò tardi, si stirò e guardò fuori dalla finestra. Il cortile era coperto da un velo di neve, segnato da orme scure. Significava che non aveva gelato, e presto si sarebbe sciolta. Le venne voglia di camminarci sopra, lasciando anche le sue tracce. Si affrettò verso il bagno.
Serve tanto per essere felici? Un po’ di neve e due giorni liberi davanti. Chiara fece colazione, si vestì e uscì.
«Chiarina, vai al supermercato? Mi compri il pane e un filoncino?» sentì dietro di sé. Era la vicina del primo piano, affacciata alla finestra socchiusa.
«Certo. Ti serve altro?»
La vecchietta ci pensò un attimo.
«No, grazie, basta il pane.» La finestra si richiuse.
Be’, almeno aveva uno scopo. E Chiara si incamminò verso il negozio, cercando di non calpestare le orme degli altri.
Restituendo il pane alla vicina, le chiese cosa fosse successo alla pozzanghera davanti al portone.
«L’ha fatta sparire il nuovo guardiano. Bravo, eh?»
«E il vecchio dov’è finito?» Non che le importasse davvero. Era solo per cortesia.
«È morto una settimana fa. Ma entra, ti racconto tutto» l’invitò la vicina.
Tanto non aveva niente da fare, e Chiara entrò nell’appartamento accogliente, pieno di mobili pesanti e antichi.
«Sto tornando dalle poste qualche giorno fa, e nel cortile c’è un uomo seduto sulla panchina. Scontroso, ma non ubriaco. Di ubriachi me ne intendo, per via di mio marito, pace all’anima sua. Questo non sembrava un fannullone. Ogni volta che guardavo dalla finestra, era lì. E fa già freddo, siamo a novembre. Allora penso: non ha dove andare.»
«Sono uscita e gli ho chiesto cosa aspettasse. Aveva gli occhi tristi. “Vieni in portineria”, gli dico, “scaldati un po’”. Se cerca lavoro, gli dico, il nostro guardiano è morto. Guardi quanta foglia c’è nel cortile. “Vada in comune domani”, gli dico, “si faccia assumere, invece di stare qui senza far niente”.»
«Guarda come ha pulito il cortile. Lavoratore, educato, saluta sempre. E dorme nel ripostiglio. Si vede che non ha un posto dove stare. Eccolo lì, si parla del diavolo…» La vicina accennò alla finestra.
Nel cortile camminava un uomo alto, non anziano, ma la barba incolta gli aggiungeva anni.
Il giorno dopo, Chiara lo vide dalla finestra mentre spazzava l’asfalto. *Swoosh-swoosh, swoosh-swoosh.* Osservò a lungo i movimenti monotoni della scopa. Non sembrava un semplice lavoratore. La curiosità la tormentava. E presto, il caso li fece incontrare. Mentre buttava la spazzatura, inciampò. Una mano forte la salvò dalla caduta.
«Grazie» disse Chiara, riconoscendo nel suo salvatore il nuovo guardiano.
Da sotto un berretto di lana vecchio e sformato, occhi grigi e intelligenti la fissavano. La barba incolta gli dava un’aria malaticcia.
«Lei è il nuovo guardiano» osservò, studiandolo con interesse.
«Più o meno» borbottò lui, allontanandosi.
*”Che tipo antipatico”* pensò Chiara, gettando il sacchetto.
Un giorno, tornando dal negozio, si scontrò con lui mentre portava via scatole dal ripostiglio. Lei lo salutò e si scansò.
«Senta, perché fa il guardiano? È un lavoro per pensionati, lei è giovane» gli gridò alle spalle.
«E a lei che importa?» rispose, voltando appena la testa, senza fermarsi.
«Niente. Sono curiosa.»
Lui non rispose, facendo capire che non aveva intenzione di aprirsi con nessuno, tanto meno con quella pallida farfallina.
«Maleducato» sbuffò Chiara, ma lui ormai era lontano.
*”Che tipo strano. E perché mi ci sono fissata? Cosa penserà di me? Una donna sola che ci prova con il guardiano per disperazione — ecco cosa penserà.”* E, irritata con se stessa e con lui, si affrettò verso casa.
Da allora, spesso lo osservava dalla finestra mentre spazzava il cortile o puliva la zona giochi. Non sembrava un uomo finito in basso. Si vedeva che era istruito. Qualcosa, nella sua vita, doveva essere andato storto.
Una volta, la vicina le raccontò quello cheMentre la neve si scioglieva in gocce lucenti sotto il sole di marzo, Chiara e Dario camminavano mano nella mano verso il futuro, lasciandosi alle spalle le ombre del passato.