Battiti del cuore

**Il Battito del Cuore**

“Enrico, non c’è bisogno che tu vada di persona alla succursale. Lascia che sia Giulia a portare i documenti,” disse il direttore con tono seccato.

“Scusi, ma preferirei andarci io. È la mia città natale. È da tanto che non ci torno,” rispose Enrico.

“Ci sono ancora i tuoi genitori?” chiese il direttore, ammorbidendosi.

“No. Ho portato mia madre qui con me, ma…”

“Capisco,” lo interruppe il direttore. “La terra natia è sacra. Va bene, vai pure. Ma domani abbiamo un appuntamento importante. Farai in tempo a tornare?”

“Non si preoccupi,” promise Enrico. “Grazie.” Il direttore fece un gesto con la mano, chiudendo la conversazione.

Enrico rientrò nel suo ufficio, sistemò le carte sulla scrivania, spense il computer, prese la cartella con i documenti e uscì, chiudendo a chiave la porta. Lasciò la chiave al guardiano al piano terra.

Non passò da casa. Chiamò sua madre dal cellulare in macchina, le chiese come stava e le disse che quella sera non sarebbe passato, aveva un impegno importante. Non le rivelò che sarebbe andato nella loro città natale. Si sarebbe agitata, e il suo cuore era fragile.

“Bene, mamma, devo andare. Se hai bisogno, chiamami subito.” Chiuse la chiamata e accese il motore.

All’uscita dalla città, fermò la macchina a una stazione di servizio, riempì il serbatoio, prese un caffè e due cornetto, per non doversi più fermare. Doveva consegnare i documenti prima della fine della giornata lavorativa. Poteva anche chiamare i partner per avvertirli che li avrebbe raggiunti in ufficio.

Non aveva intenzione di incontrare vecchi amici. Tutti se n’erano andati. Voleva solo tornare nella città della sua infanzia. Accese la radio, e l’abitacolo si riempì della melodia di un brano di moda. Bevve un sorso del caffè caldo.

***

Dopo la morte del padre, la salute di sua madre peggiorò. Durante una visita, le trovarono problemi al cuore. Enrico le propose di trasferirsi con lui nel capoluogo. Le cure mediche erano migliori. Ma lei si rifiutò. Lui era un uomo, aveva bisogno della sua libertà. Lei non voleva essere d’intralcio. Ma le sue condizioni peggiorarono.

Alla fine Enrico la convinse a vendere l’appartamento. Aggiunse i suoi risparmi e le comprò un piccolo bilocale vicino al suo. Da allora, non era più tornato nella sua città, anche se ci pensava spesso.

Come poteva dimenticare il suo primo amore? Forse lei non ci abitava più, ma la città era ancora lì, con la stessa strada, lo stesso palazzo dove aveva sofferto per un amore non corrisposto. Ancora oggi, al solo ricordo di Beatrice, il suo cuore iniziava a battere forte. Non aveva mai provato nulla di simile con nessun’altra. Era come se avesse lasciato il cuore in quella città per sempre.

Beatrice era una compagna di classe esile, che non si distingueva dalle altre. Non ci fece caso fino all’ultimo anno. Dopo l’estate, era cambiata, diventata più bella. E per la prima volta, Enrico sentì il cuore scoppiargli nel petto.

Da allora, non pensò che a lei. Aspettava con ansia il Capodanno, perché a scuola avrebbero organizzato una festa. L’avrebbe invitata a ballare e le avrebbe confessato il suo amore.

Arrivò il giorno della festa. L’albero di Natale toccava il soffitto. La mattina era stata dedicata ai bambini, la sera agli studenti più grandi. Dopo lo spettacolo, iniziarono i balli. Enrico lasciò passare la prima canzone lenta, senza osare invitarla.

La serata stava finendo, e dalla radio uscivano solo ritmi veloci. Le possibilità di ballare con Beatrice si assottigliavano. Enrico si morse il labbro nervosamente. Poi, finalmente, iniziò un brano lento.

Respirò profondamente. Ora o mai più. Si lanciò verso di lei, precedendo gli altri.

Il cuore gli batteva così forte che per un attimo gli venne buio. Aveva paura di svenire. Non riusciva nemmeno a parlare. Con il fiato corto, le tese la mano, guardandola con disperazione.

Lei sorrise e accettò. Al centro della sala, sotto gli occhi di tutti, Enrico le posò la mano sulla vita. Beatrice gli appoggiò le mani sulle spalle, e iniziarono a dondolare sul posto.

Le gambe di Enrico erano rigide, il corpo tremava dall’emozione. Non vedeva nulla intorno, a malapena sentiva la musica. Il cuore gli martellava in gola.

Il rossetto di Beatrice sapeva di fragola. Da quel giorno, quel profumo gli riportava alla mente il ricordo di lei.

La musica si fermò. Beatrice si allontanò bruscamente e tornò dalle amiche. Disse qualcosa, e tutte risero, guardando nella sua direzione. Enrico arrossì e fuggì dalla sala.

Ad aprile, alla vigilia del compleanno di Beatrice, Enrico aspettò che i genitori si addormentassero. Poi uscì di nascosto, portando con sé un barattolo di vernice. Sull’asfalto, sotto le finestre di lei, scrisse a grandi lettere: “Buon compleanno!” E sotto, aggiunse due iniziali: “E. R.” Le prime lettere del suo nome, Enrico Rossi. Ma per lui significavano altro: “Eterno Ricordo.”

A scuola, sperò che Beatrice gli facesse capire di aver visto la scritta. Invece, lo ignorò. Al compleanno invitò alcuni compagni, ma non lui.

Deluso, dopo le lezioni andò nel suo cortile. La vernice era lavata via dalla pioggia. Beatrice non aveva mai saputo del suo gesto.

Quella sera, rimase nel cortile. Dalla sua finestra aperta uscivano musica e risate. Qualcuno uscì sul balcone, accese un accendino… Enrico se ne andò.

Alla festa di fine anno, provò un’ultima volta. La invitò a ballare.

“Non ballo,” rispose lei, voltandogli le spalle.

“Presto andrò a studiare in un’altra città… Beatrice, ti amo,” le disse con voce roca.

Lei si voltò di scatto.

“Ma io no!” E se ne andò.

Enrico bevve troppo, si sentì male e tornò a casa. Si iscrisse all’università e partì. Una volta, durante le vacanze, la vide con un ragazzo. Tornò in anticipo in dormitorio.

Poi seppe che si era sposata. Cercò di dimenticarla. Conobbe altre ragazze, ma nulla fu come con Beatrice.

***

Perso nei ricordi, Enrico arrivò in città e consegnò i documenti.

“Vuoi andare in hotel?” gli chiese il partner.

“No, mangio qualcosa e torno indietro,” rispose.

“Qualcosa,” fece l’altro ridacchiando. “Vieni, ti porto in un ristorante buono.”

Enrico accettò. Sì, era cresciuto lì, ma non era mai entrato in un ristorante. Il locale era elegante, con lampadari di cristallo e tovaglie immacolate.

Prima ancora di sedersi, una cameriera si avvicinò. La camicia bianca troppo stretta, la gonna nera che lasciava scoperte le ginocchia. Beatrice era cambiata, ma lui la riconobbe.

Rifiutò il vino, ordinò carne e insalata. Dopo un quarto d’ora, Beatrice portò il cibo. Il partner non le toglieva gli occhi di dosso.

Perché si metteva in mostra così? Enrico provò solo irritazione. Il cuore non batteva più come un tempo.

Poi ordinò un caffè.Si voltò a guardare Beatrice un’ultima volta, sapendo che quella sarebbe stata la fine di un capitolo della sua vita, e poi uscì nel fresco della notte, sentendosi finalmente libero.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

3 × 1 =

Battiti del cuore