**Le Sorelle**
Giorgia si alzò all’alba, preparò la colazione, fece il pranzo al sacco per il marito e solo dopo andò a svegliarlo.
«Gio’, ma perché così tanto? Torno domani,» disse lui, fissando la borsa stracolma.
«Servirà per due giorni. Non avrai tempo di cucinare là, così scaldi e mangi. Non fare il bambino. Dentro c’è anche una giacca pesante. Le notti sono già fredde. Bevi il tè prima che si raffreddi,» lo liquidò Giorgia con un gesto della mano.
Lui mangiò con appetito, si vestì, prese la borsa.
«Vado, tu riposati ancora un po’,» le disse uscendo di casa.
Giorgia chiuse la porta alle sue spalle, tornò in cucina e sbirciò dalla finestra. Sapeva che a metà cortile Sandro si sarebbe girato a salutarla. E infatti, lui si fermò, si voltò verso casa e alzò una mano. Lei ricambiò il gesto. Giorgia sorrise tra sé: «Sembriamo sposini.» Un calore le avvolse il cuore.
Da quando era andata in pensione, accompagnava sempre il marito così, che fosse per lavoro o per la casa al lago. Ventisei anni insieme. Non tantissimi, visto che entrambi avevano già avuto altre relazioni prima.
Giorgia odiava stare da sola. Sarebbe andata con Sandro, ma aveva promesso alla figlia di badare al nipotino oggi. Sospirò. Non aveva sonno. Ma cosa fare? Era troppo presto per pulire casa. Non poteva accendere l’aspirapolvere alle sei del mattino in un condominio con le pareti sottili. La gente nel weekend vuole dormire.
Senza nulla di meglio da fare, si stese sul letto con accappatoio e tutto. Rimase lì, i pensieri che le danzavano in testa, e senza accorgersene si addormentò.
Sognò persino. C’era Briciola, la vecchia cagna della nonna in campagna, enorme e pelosa. Nel sogno, Briciola le corse incontro scodinzolando. «Briciola, ciao! Da dove vieni?» chiese Giorgia, allungando una mano per accarezzarla. Ma all’improvviso, la cagna le mostrò i denti. Giorgia ritrasse la mano, confusa…
Si scosse e aprì gli occhi. La stanza era vuota, nessuna Briciola in vista — impossibile, del resto, visto che il cane era morto di vecchiaia quando lei aveva quattordici anni. Guardò l’orologio: aveva dormito solo dieci minuti. Chiuse di nuovo gli occhi. «I morti in sogno annunciano tempesta, i cani parenti,» pensò, quando il campanello suonò. Chi poteva essere a quell’ora?
Giorgia si alzò, infilò le ciabatte e andò in entrata. Il campanello suonò di nuovo, impaziente.
«Arrivo, arrivo!» borbottò aprendo la porta.
Vedendo chi c’era, per un attimo fu tentata di sbattergliela in faccia. Si dice che il primo pensiero sia sempre quello giusto. E più tardi, Giorgia si sarebbe pentita di non averlo ascoltato. Sulla soglia c’era sua sorella minore. Il cuore le prese a battere come un uccello in trappola.
«Ciao, sorellina!» disse Loredana, marcando l’ultima parola, mentre le sorrideva.
I denti grandi e sporgenti le scoprivano le gengive rosa pallido. «Dicono che i sogni non siano premonitori,» pensò Giorgia, ricordando l’incubo di Briciola. Un pensiero sgradevole. La visita di Loredana dopo anni di silenzio non prometteva nulla di buono.
Avevano padri diversi e dieci anni di differenza. Il padre di Giorgia era morto in un incidente, e tre anni dopo la madre si era risposata, dando alla luce Loredana. Le due non si somigliavano né in volto né nel carattere. Giorgia era formosa e bassa, con tratti delicati e un temperamento mite. Loredana, invece, alta, magra, il viso affilato e quei denti prominenti.
«Mi fai restare qui sull’uscio? Non mi inviti a entrare?» chiese Loredana.
Giorgia aveva ancora la possibilità di chiuderle la porta in faccia. Ma era pur sempre sua sorella, anche se inattesa e indesiderata.
«Entra,» disse, allargando la porta.
Loredana varcò la soglia, si tolse le scarpe col tacco, si sistemò i capelli davanti allo specchio e poi si voltò verso Giorgia.
«Non ti aspettavi di vedermi, eh? Eppure eccomi qui.» Loredana cercò di infilarsi le ciabatte di Sandro, ma Giorgia le porse un paio per gli ospiti. Strette, ma non c’erano alternative.
«Allora, fammi vedere come vivi.» Loredana si addentrò in casa, girando la testa come un’avvoltoio, ogni dettaglio catturato dal suo sguardo indagatore.
«Ma che palazzo! Mobili importati, ristrutturazione…» Si voltò verso Giorgia. Per un attimo, negli occhi di Loredana brillò l’invidia e il rancore. Ma già un secondo dopo, sorrideva di nuovo, mostrando quei denti. E Giorgia rivide il sogno.
«Davvero ben sistemata. Hai sposato bene. E tuo marito dov’è?»
«Al lago,» rispose Giorgia a denti stretti.
«E hai pure la casa al lago? Ma siete dei borghesi,» fece Loredana con un tono che sottintendeva: «Vedremo per quanto.»
«Perché sei venuta?» chiese Giorgia, perdendo la pazienza.
«Mi sei mancata. Non abbiamo più nessuno, solo noi due,» disse Loredana, senza voltarsi, fissando una foto della figlia col nipotino. «E questa chi sarebbe? Tua figlia?»
Giorgia non rispose.
«Io, invece, sono sola. Con Marco è finita subito. Poi mi sono risposata altre due volte. E sai cosa? Gli altri due mariti non erano diversi dal primo. Non valeva neanche la pena cambiarli,» confidò Loredana.
«Li hai rubati anche tu a qualcun altro?» sbottò Giorgia, incapace di trattenersi.
«Ma come sei diventata cattiva. Chi la fa l’aspetti.» Loredana sorrise, mostrando la fila superiore dei denti non perfetti. «Non sono venuta per litigare.»
«E allora per cosa? Per fare un saluto tra sorelle e magari provare a portarmi via di nuovo tutto?» chiese Giorgia, lasciando uscire la rabbia.
«Che permalosa. Quanti anni ha tua figlia?» ignorò Loredana il sarcasmo.
«Ventotto.»
«Quindi ti sei sposata due anni dopo. Hai fatto in fretta con un figlio per paura che ti portassero via il fidanzato?» Loredana si buttò a ridere, compiaciuta della propria battuta.
«È la figlia di mio marito,» precisò Giorgia, pentendosi subito di essersi giustificata.
Era arrabbiata con sé stessa, ancora sotto choc.
«Pari siamo. Mi offri un tè?» chiese Loredana, in tono conciliante.
Mentre Loredana lodava la cucina, elogiando il gusto e l’ordine di Giorgia, lei riaccese il fuoco sotto la teiera ancora tiepida.
«Quanto resti?» domandò Giorgia.
«Già mi cacci?» ribatté Loredana.
Scambiarono altre parole come palline da tennis. Giorgia tacque. Ma dentro sperava che sua sorella annunciasse la partenza dopo il tè.
«Mi ospiti fino a domani? Odio gli alberghi. Tanto tuo marito non c’è,» disseGiorgia chiuse gli occhi, respirò profondamente e sorrise, finalmente libera dal peso del passato, sapendo che l’amore della sua famiglia era l’unica eredità che davvero contava.