Colpa di un cappotto

Ecco la storia adattata alla cultura italiana, con nomi, luoghi e riferimenti culturali modificati:

Tutto colpa del cappotto

Francesca era seduta al computer, ma invece dello schermo guardava fuori dalla finestra. Gli ultimi giorni caldi di settembre. Eppure, non era questo a occupare i suoi pensieri, ma piuttosto come spendere il bonus inaspettato che le era arrivato.

«A Matteo servono delle scarpe nuove. Cresce come un fungo, e tutto sembra consumarsi in un attimo. E poi una giacca, ma probabilmente sarà già stretta per la primavera. Meglio mettere da parte i soldi per le vacanze e finalmente l’estate prossima andare al mare…» Ma in quel momento entrò in ufficio Laura, interrompendo i suoi ragionamenti.

“Allora? Che ne dici? Ho comprato un cappotto nuovo! Ti piace? Costava un occhio della testa, ma ne valeva la pena.” Laura allargò le braccia, mostrando orgogliosa il suo acquisto. “Be’, che dici?”

“Hai preso anche gli stivali? Di camoscio?” chiese Elena, la collega di Francesca. “Basta una passeggiata sotto la pioggia per le nostre strade, e quei stivali saranno da buttare.”

«E se comprassi anch’io un cappotto nuovo? Dai, davvero. Lo porto da quattro anni, quello vecchio. Ma mia madre… Mamma non capirebbe, mi farebbe una ramanzina come se fossi ancora una bambina. Ho quasi quarant’anni e ho ancora paura di quello che dirà. Potrei permettermi, almeno una volta nella vita, un regalo per me. Tanto più che non peserà sul bilancio di casa. Questi soldi li ho guadagnati io. Posso farne quello che voglio. Laura ha solo quattro anni meno di me, ma sembra più giovane di dieci. Però, è vero, lei non ha un figlio di dieci anni e una mamma severa che la tratta ancora come se non capisse niente», pensava Francesca, osservando Laura nel suo cappotto alla moda.

Intanto, le altre discutevano.

“Ma va là, sei solo invidiosa. Se piove, metto i vecchi anfibi. Siete tutte noiose. Vado a mostrarlo alle ragazze dell’ufficio contabilità,” disse Laura con tono offeso, dirigendosi verso la porta.

“Laura, aspetta,” la chiamò Francesca. “Dove l’hai comprato?”

“Ti è piaciuto?” Laura tornò indietro verso la scrivania. “Tieni.” Cavò dalla tasca la carta fedeltà del negozio. “Qui c’è l’indirizzo, e poi hai diritto a uno sconto.”

“Oh, chiedevo solo per curiosità,” balbettò Francesca, senza staccare gli occhi dalla tessera.

“Dai, viviamo una volta sola. Beh, io vado a farmi ammirare,” disse Laura uscendo di corsa, lasciando la carta sul tavolo.

“Francesca, che hai in mente?” chiese Elena sbirciando oltre il monitor.

“Mi servirebbe un cappotto nuovo. Ho preso il bonus, potrei comprarmelo, no?”

Elena alzò le spalle.

“Costoso e poco pratico. Laura ha il ragazzo che la porta in macchina a lavoro. Tu dovresti prenderci il tram all’ora di punta. E poi tua madre… Oh, Francesca, guarda che ti seppellirà insieme a quel cappotto.”

Le due amiche scoppiarono a ridere insieme.

“Per te è facile parlare, hai un marito. Ti compri vestiti nuovi ogni stagione. Io invece ho sempre fatto acquisti con quello che avanzava. Prima i soldi per l’affitto, poi la spesa, con Matteo che cresce come il pane. E con quello che resta, provo a ritagliarmi qualcosa. E sono felice se riesco a prendere qualcosa in saldo,” sospirò Francesca.

“Ehi, stai di nuovo a rimuginare? Allora smetti di pensarci e vai in negozio dopo il lavoro,” disse Elena con tono ragionevole. “Però, vesti come una signora anziana. Scusami. Laura è una civetta, e gli uomini ci cascano come mosche. Ma tu sei bella. E hai un carattere d’oro. Se ti vestissi meglio, non avresti pace dagli spasimanti. È vero, l’abito fa il monaco. Gli uomini amano con gli occhi. E non ascoltare tua madre. Fatti un regalo,” sorrise Elena, tornando a nascondersi dietro il monitor.

***

Francesca si sposò tardi. Con una madre così severa, un’ex insegnante di matematica, era un miracolo che si fosse sposata per niente. Francesca aveva sempre avuto paura di deluderla, era stata una studentessa modello.

Però, si poteva anche capire sua madre. L’aveva cresciuta da sola. Quando non aveva ancora cinque anni, i suoi genitori divorziarono. Suo padre aveva cominciato a bere troppo. I soldi non bastavano mai, vivevano con il fiato corto. E invece degli alimenti, dal padre arrivavano solo promesse. Dopo cinque anni, sparì del tutto. Sua madre provò a cercarlo, dopotutto era pur sempre un essere umano. Ma svanì nel nulla, come se non fosse mai esistito. Forse non era nemmeno più vivo. Sparito insieme agli alimenti.

Francesca si laureò con lode, trovò lavoro, ma la vita sentimentale non decollava. Agli uomini piaceva. Ma non piacevano a sua madre. Quello era troppo bello, abituato all’ammirazione delle donne. Con uno come quello, dovevi stare sempre in guardia, vivere con la paura che te lo portassero via. L’altro era divorziato, senza una casa. Se fosse venuto da loro, e poi si fossero lasciati? Avrebbero dovuto dividere l’appartamento?

Le amiche si erano già risposate, i figli erano andati a scuola, e Francesca non aveva mai avuto una relazione seria. Finché non incontrò un uomo che piacque a sua madre. O forse no, ma stavolta sua madre decise di non intromettersi. Il tempo passava, e sarebbe rimasta zitella. Che bello sarebbe stato? Sognava anche dei nipoti, ormai vicina alla pensione.

Dopo il matrimonio, Francesca andò a vivere con il marito e rimase subito incinta. Con la nascita del bambino iniziarono i problemi. Il piccolo Matteo non dormiva la notte, il marito era sempre stanco e dopo il lavoro evitava di tornare a casa. Un giorno arrivò e disse che ne aveva abbastanza, che si era innamorato di un’altra.

Francesca prese Matteo e tornò da sua madre. All’inizio sperò che il marito si ravvedesse, che li riprendesse con sé, ma lui non rispondeva nemmeno al telefono.

“Lo sapevo che sarebbe finita così, perché tu non capisci niente delle persone. Sei troppo ingenua, ti prendono in giro facile…” sua madre la rimproverava senza pietà, e Francesca restava in silenzio.
Che poteva dire? Se si fosse difesa, sarebbe finita in litigio come al solito. E a Matteo non serviva assistere a scene del genere.

Sua madre adorava il nipotino, e col tempo si calmò. Ma ogni mossa di Francesca passava sotto il suo controllo. Di carattere pacifico, evitava sempre i contrasti. Quando Matteo compì due anni, lo iscrissero all’asilo e Francesca tornò a lavorare.

Ma Matteo si ammalava spesso. Sua madre andò in pensione e si prese cura del nipote. Lo stipendio e la pensione bastavano a stento per tutti e tre. Ma mettevano qualcosa da parte, risparmiavano per portare Matteo al mare, per mangiare frutta fresca, per stare al sole. Lui cresceva intelligente e affettuoso. E per lui Francesca era disposta a sopportare tutto.

***

Arrivata davanti alle vetrine dell’elegante negozio, dalla quale si intravedevano file di abiti, ebbe un moto di paura. Esitava alla porta, senza il coraggio di entrare. Ma se fosse andata via, difficilFrancesca entrò, il cuore in gola, e quel semplice gesto cambiò per sempre la sua vita.

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