“Ti piacerà, mamma. È davvero speciale!” esclamò entusiasta Matteo. “E non ti stancherà vivere con una speciale?” ribatté ironica Alessandra.
Alessandra era in cucina, ascoltando i rumori della casa. Quando era vivo suo marito, preparava la cena in modo che tutto fosse pronto al suo ritorno. Era morto otto anni fa. Adesso aspettava con la stessa attenzione il figlio che tornava dal lavoro.
La serratura scattò e dalla porta arrivò la voce di Matteo:
“Mamma, sono a casa.”
“Lo sento,” rispose Alessandra sorridendo.
“Che c’è per cena? Polpette e patate fritte?” Matteo abbracciò la madre e sbirciò oltre la sua spalla, annusando l’aroma delle patate fritte con cipollotto che amava tanto.
Alessandra spense il gas e coprì la padella con un coperchio.
“Sei di buon umore? Che è successo?” Dal tono della sua voce capiva sempre l’umore del figlio.
Matteo si allontanò un attimo.
“Mamma, mi sposo.”
“Era ora. E perché Sofia non viene più a trovarci?” chiese Alessandra, girandosi verso di lui e scrutando il suo volto improvvisamente serio.
“Mi sposo con Ginevra.”
E Alessandra sentì un brivido lungo la schiena. Suo figlio era ormai un uomo fatto. La abbracciava, le mostrava affetto solo nei momenti di particolare confidenza o gioia.
“Nome promettente. E Sofia allora?”
“Sofia si sposa sabato. Non voglio parlarne, mamma. Mangiamo.”
“Bene che il matrimonio di Sofia non ti abbia fatto perdere l’appetito. Lavati le mani.”
Alessandra mise davanti a Matteo un piatto di patate fritte, si sedette di fronte a lui, appoggiando il mento sulla mano, e lo guardò mangiare.
“E questa Ginevra, chi è?”
“È una brava ragazza. Te ne accorgerai. Voglio presentartela. Sabato, magari?” Matteo smise di mangiare e la fissò. “Ginevra ti piacerà, ne sono sicuro. È davvero speciale!” esclamò di nuovo.
Qualcosa di simile l’aveva detto anche di Sofia. Che quella avesse scelto un uomo più ricco, Alessandra lo aveva scoperto dalla madre di lei, sua compagna di scuola e amica di sempre, con la quale sperava che i loro figli si sarebbero uniti. Si erano incontrate per caso al supermercato, e l’amica le aveva confessato la notizia, scusandosi per la scelta della figlia.
“Di speciali non ce ne sono tante. E non ti stancherai di vivere con una speciale?” chiese Alessandra con sarcasmo.
“Mamma, non è divertente.”
“E io non sto scherzando. Parlami di lei. Cosa ha di così speciale?”
“Perché ti fissi con questa parola?” Matteo esitò. “È un’insegnante, fa italiano e letteratura al liceo, anche se è solo al primo anno. Seria, colta. Sto bene con lei.”
“E i genitori?”
“Il papà è ingegnere, la mamma sta a casa.”
“E viene da…?” Alessandra lasciò la frase in sospeso, aspettando che lui completasse.
“Che importa da dove viene?” si irritò Matteo.
“Giusto. Quindi non è di qui. E vivrete qui?”
“Se sei contraria, affitteremo un appartamento,” disse Matteo, fissandola negli occhi.
“No, per niente. Sarò felice. Cosa farò da sola? Aspetterò i nipoti. Se non andrà d’accordo, allora affitterete.”
“Ginevra non vuole avere figli subito, vuole lavorare, fare esperienza.”
“Ginevra non vuole, Ginevra ha deciso…” lo imitò Alessandra. “Va bene, invita a pranzo la tua speciale.” Si alzò e portò il piatto vuoto al lavandino.
“Sei la migliore mamma del mondo,” disse Matteo alzandosi anche lui.
“Spero non te lo dimenticherai quando sarai sposato.”
Mentre lavava i piatti, Alessandra rifletteva. *Un’insegnante, allora. Tutte le sere a correggere compiti, preparare lezioni, i weekend in gita con la classe…* Sospirò. *Come è cresciuto in fretta Matteo, già si sposa. Peccato che suo padre non abbia mai conosciuto Ginevra.*
Quel sabato, Alessandra si mise all’opera in cucina dall’alba. Matteo passò un’eternità davanti allo specchio, scegliendo una camicia e una cravatta abbinata. Poi uscì per andare a prendere Ginevra.
Alessandra cercava di immaginare la meravigliosa professoressa, ma le veniva in mente solo Monica Bellucci, che aveva interpretato un personaggio simile in un vecchio film.
Ginevra si rivelò una ragazza minuta, bassa, con lunghi capelli lisci e grandi occhi. Bella no, di quelle che per strada non noteresti. Mangiava poco, lodava ogni piatto con misura. Il vino lo assaggiò appena. E Matteo, guardandola, non bevve neanche lui.
“Non essere timida, Ginevra,” la incoraggiò Alessandra.
*Tesa per l’emozione, ha paura di me. È la prima volta che incontra la madre del fidanzato,* pensò. *Cosa ci trova mio figlio in lei? O si sposa per dispetto verso Sofia? Ah, Sofia, Sofia…*
Due mesi dopo, si sposarono con una cerimonia semplice. Arrivarono i genitori di Ginevra. La madre, una donnina silenziosa, sottomessa. Il padre scherzava, raccontò di essersi innamorato da adolescente del personaggio di Ginevra in un vecchio film, e per questo aveva chiamato così la figlia.
“Quel personaggio era interpretato da Monica Bellucci. Sarebbe stato più logico chiamarla Monica, no?” osservò Alessandra.
“Gliel’ho detto anch’io, ma non mi ha ascoltata. Ha voluto chiamarla Ginevra,” mormorò la madre, abbassando gli occhi e tacendo per il resto della serata.
“E lei invece è stata battezzata come qualche regina assassinata?” replicò il padre.
“Magari. I miei volevano un maschio, avevano già scelto il nome. E così sono diventata Alessandra.”
Che strana coppia. Il padre beveva, elogiava la figlia, intelligente e bella. La madre mangiava poco, muta, rigida come un palo.
Matteo mostrò la città ai suoceri. In regalo portarono lenzuola, coperte… Insomma, una dote generosa secondo la tradizione. Il padre era il capofamiglia, la madre non muoveva un passo senza il suo permesso. Una cosa rara, ormai. Alessandra ricambiò con altri doni prima che partissero.
Dopo il matrimonio, quando Matteo e Ginevra uscivano per lavoro, Alessandra lavava i piatti, puliva, faceva la spesa. I giovani non lavavano mai niente, lasciavano tutto nel lavello. Va bene, Matteo, ma Ginevra? Maleducata? Di fretta? Pazienza.
Ginevra tornava prima di Matteo e andava subito in camera loro. Mai una volta che si offrisse di aiutare in cucina o a fare la spesa. Se Alessandra glielo chiedeva, lo faceva con riluttanza.
Passavano i giorni e nulla cambiava. L’irritazione cresceva. Ginevra doveva essere abituata che sua madre facesse tutto. Ma Alessandra non aveva intenzione di accettare quel ruolo. Una cosa era fare tutto per il figlio, un’altra per sua moglie. Decise di parlarle presto.
Una mattina, a colazione, Matteo sbagliò l’accento su una parola. GineGinevra lo corresse subito, ma questa volta Alessandra sorrise fra sé, pensando che forse quella ragazza seria avrebbe insegnato anche a suo figlio a scegliere meglio le parole e le donne.