Balla con me

**Bailami Con Me**

A Giosuè piaceva tantissimo Alessia. Una bella bionda snella con gli occhi marroni. Se n’era accorto subito, appena lei aveva iniziato a lavorare nel loro ufficio.

Le colleghe della squadra si erano divise in due fazioni. Alcune sostenevano che si tingesse i capelli: “Non esistono occhi marroni con i capelli così chiari”. Altre giuravano che il colore degli occhi fosse solo dovuto a delle lenti a contatto. I giorni passavano, ma il colore dei capelli non cambiava. A volte Alessia metteva gli occhiali da vista. Perché occhiali, se aveva le lenti?

Il donnaiolo Fabrizio aveva notato anche lui Alessia, ma a differenza del timido Giosuè, aveva subito iniziato a corteggiarla. Un caffè al bar durante la pausa pranzo, una spremuta portata in ufficio. E quando le aveva offerto un passaggio in macchina, il cuore di Giosuè si era spezzato di gelosia.

Come poteva competere con Fabrizio? Lui era veramente bello, abituato all’attenzione femminile. Sapeva fare complimenti che facevano sciogliere le ragazze di felicità. Conosceva mille barzellette e le raccontava con maestria. Peccato che, una volta conquistata la preda, Fabrizio si annoiasse subito e passasse a un’altra. Questa volta, però, aveva lasciato da parte Valentina, che piangeva in bagno e sussurrava parole di vendetta.

Giosuè invece era grande, paffuto, con le guance rosse, occhiali quadrati con la montatura in corno e vestiti larghi. E aveva pure un cognome che gli calzava a pennello: *Boncompagno*. Timido, con uno sguardo ingenuo, come il suo omonimo di un celebre romanzo. Ma sapeva tutto dei computer. Qualsiasi problema, lui lo risolveva, o quasi. Per questo tutti lo cercavano.

«Giosuè, aiutami!»
«Il mio pc si è bloccato…»
«Giosuè, dimmi come montare questo video…»

Giosuè si metteva alla tastella, le dita scorrevano veloci, e in un attimo tutto tornava in ordine, la presentazione era pronta, il video sistemato.

«Giosuè, grazie mille!» diceva Cinzia o Martina, dandogli un bacio sulla guancia, mentre lui arrossiva e abbassava lo sguardo.

«Boncompagno, sei un genio! Io ci avrei perso la serata, tu hai sistemato tutto in mezz’ora. Ti offro un amaro», prometteva qualcuno dei colleghi. E poi lo dimenticava.

Giosuè non beveva, quindi preferiva di gran lunga la gratitudine delle ragazze.

In realtà si chiamava Giorgio, ma da quando qualcuno gli aveva attaccato quel soprannome, non era più riuscito a toglierselo di dosso. Si arrabbiava, diceva di chiamarsi Giorgio, ma era inutile.

«Dai, non fare lo schizzinoso, è un bel nome. Ti sta bene» diceva Fabrizio, dandogli una pacca sulla spalla. E Giorgio non capiva se fosse un complimento o una presa in giro.

Non era un ricco ereditiero, come il protagonista del romanzo. Sua madre l’aveva cresciuto da sola. Quando era diventato grande e aveva chiesto di suo padre, lei non aveva mentito: aveva voluto un figlio per sé, negli ultimi anni in cui poteva ancora pensare di esser giovane. Era piccola, magrolina e non bellissima.

Una volta, una collega aveva invitato Alessia a una serata tra amiche. Loro erano tutte sposate, tranne lei. Al ragazzo più giovane toccò accompagnarla a casa. Alessia non si fece pregare e lo invitò a prendere un caffè. E poi… non disse mai a nessuno chi fosse il padre. Lui era quasi la metà dei suoi anni, perché rovinargli la vita? Quando nacque il bambino, lo chiamò Giorgio, come suo padre.

Giosuè crebbe tranquillo e intelligente, senza dare problemi. Già a scuola si appassionò ai computer. Ma mentre gli altri ragazzi perdevano tempo nei videogiochi, lui voleva capirne tutto. Presto scoprì che poteva anche guadagnarci, ma serviva un pc migliore. E sua madre fece un prestito per comprargli un processore nuovo, un grande monitor. Cosa non si fa per l’unico figlio?

Dopo il liceo, Giosuè si iscrisse alla facoltà di Informatica all’università. Iniziò subito a guadagnare, non pochi spiccioli come prima, ma abbastanza per vivere bene. Sua madre ne era orgogliosa e lo adorava. Non beveva, non andava in discoteca, non si metteva nei guai, stava a casa e lavorava.

Quando iniziò a guadagnare bene, la mamma andò in pensione e si dedicò totalmente a lui. Cucinava tantissimo, faceva torte, crostate, dolci. Giosuè mangiava e ingrassava. Lo sport non era nelle sue corde, passava le giornate a fissare lo schermo, e così divenne sempre più solitario.

Come qualsiasi madre, sognava una brava moglie per lui, dei nipoti. Cercò di presentargli le figlie di amiche. Ma Giosuè non s’interessava alle ragazze. Alessia fu la prima che attirò la sua attenzione. Anzi, gli tolse il sonno e l’appetito. Scaricò tutte le sue foto dai social e passava ore a guardarle. E lei non lo notava nemmeno.

Un giorno Giosuè arrivò prima in ufficio e sabotò il pc di Alessia. Senza computer, tutto si bloccò, e i capi chiedevano un resoconto del lavoro.

«Aiutami!» Alessia corse da lui.

Lui studiò la situazione con aria importante, fingendo di sistemare un problema che aveva creato lui stesso. Alessia si mordeva il labbro nervosamente. Quando si stufò, cancellò il programma e si alzò.

«Non ce l’hai fatta?» chiese lei, delusa.

«Puoi lavorare, ho sistemato tutto» rispose lui con aria di superiorità.

«Davvero? Grazie mille! Chiedimi pure quello che vuoi!» promise senza pensarci.

«Quello che voglio?» Giosuè la fissò. Alessia capì di aver esagerato.

«Sì, entro i limiti del ragionevole» aggiunse in fretta. «Vuoi andare al cinema? O a cena fuori?»

«Ho visto tutti i film, anche quelli che ancora non sono usciti. Tra poco è Capodanno, ci sarà il party aziendale. Ballerai con me?»

«Con te? Sai ballare?» Alessia sorrise imbarazzata. «Va bene, te lo prometto» rispose, meno sicura.

Una settimana dopo, al party, dopo cibo e bevute, iniziarono i balli. Giosuè si avvicinò ad Alessia. Ma prima che potesse parlare, Fabrizio la afferrò e la trascinò tra la folla. Lui la guardò ballare, mentre il cuore gli si stringeva. Senza dire una parola, se n’andò.

Il giorno dopo, l’ultimo prima delle vacanze, Alessia gli si avvicinò.

«Perché sei andato via? Avrei ballato con te.»

Giosuè si sistemò gli occhiali.

«Lo so, non sono bello. Non piaccio alle donne come Fabrizio. Pensavo che tu fossi diversa, ma sei come tutte.»

«Giosuè, sei dolce, intelligente» iniziò Alessia convinta, «ma devi perdere qualche chilo. Hai mai provato le lenti? Vestiti meglio… anche le ragazze, come gli uomini, guardano l’aspetto prima di tutto. Tu mi avresti notata se fossi stata brutta?» Lui tacque.

A casa si studiò a lungo allo specchio. Doveva ammettere che AlessiaGiosuè sorrise tra sé e sé, afferrò il telefono e chiamò Lora, dicendo semplicemente: “Non voglio più inseguire nessuno, voglio solo ballare con te.” E così fece, trovando la felicità dove meno se l’aspettava.

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