Tra noi, un abisso…
Giovanna, dopo il divorzio, faticava a riprendersi. Aveva sospettato che suo marito la tradisse, ma non era preparata alla verità. C’era stata una famiglia, una vita ben organizzata con sogni e progetti… Non era rimasto nulla. Luca se n’era semplicemente andato, svanito dalla sua vita.
L’estate volgeva al termine, ma Giovanna non notava nulla intorno a sé: né il sole, né il rumore della città, né l’arcobaleno dopo la pioggia. Una notte, tormentata dal caldo e incapace di dormire, improvvisamente capì che non poteva più andare avanti così. Luca era felice, mentre lei non viveva, ma si spegneva lentamente.
«Qui tutto mi ricorda lui, ci ricorda. Ma noi non esistiamo più. Devo andarmene, almeno per un po’. Non al sud, non all’estero, dove c’è troppa confusione. Ho bisogno di silenzio, di campagna. C’è la casa di nonna, no? Siamo tutti venuti dalla campagna, è il nostro luogo dell’anima. Come mai non ci ho pensato prima?» Giovanna si sedette sul letto, la camicia da notte umida aderente alla schiena.
La nonna era morta tre anni prima. Era stata malata a lungo, tutto era finito. Ma Luca l’aveva convinta a partire per la Francia. «In dieci giorni non succederà nulla», diceva. La notizia della morte della nonna li aveva colti a Parigi. «Non possiamo più fare nulla. Cambiare i biglietti è complicato. Torneremo, andremo sulla tomba, la ricorderemo…» E lei, ancora una volta, aveva obbedito. Come sempre.
Il compagno di sua madre aveva una grande casa con terreno vicino alla città. La madre voleva vendere la casa della nonna da tempo, ma rimandava sempre.
Da bambina, Giovanna passava tutte le estati dalla nonna. Poi, quando era entrata all’università, non ci era più tornata. Nemmeno sulla tomba, e ora non ricordava più perché.
Con le mani che le prudevano dall’impazienza, Giovanna prese il telefono per chiamare la madre e chiedere delle chiavi. Ma vedendo l’ora sullo schermo, realizzò che era notte fonda. Riposò il telefono e si lasciò cadere sul cuscino. Non importava. Ora sapeva cosa fare, come tirarsi fuori da quel vortice di dolore e rancore. Cominciò a pensare a come avrebbe preparato le valigie, a come l’avrebbe accolta quella casa… E senza accorgersene, si addormentò.
La mattina si svegliò presto, bevve un caffè in fretta e chiamò la madre per le chiavi.
«Finalmente ricomini a pensare a qualcosa che non sia Luca. Il mondo non gira intorno a lui…» la madre riaprì la solita discussione.
«Mamma, basta. Le parole di conforto non servono. Trova le chiavi.»
«Ma cosa vuoi che cerchi? Sono nel cassetto dell’ingresso. Vieni a prenderle, almeno ti vedo. La casa è in ordine. A maggio ho incontrato zia Maria. Te l’ho detto? No, eri troppo presa dai tuoi problemi… Comunque, era venuta per il matrimonio della nipote. Mi ha detto che la casa è ancora in piedi. Mi ha chiesto se intendevo venderla. Il nuovo genero è interessato, gli è piaciuta la campagna. Che ne dici di andarci insieme?» la madre saltava da un argomento all’altro.
«No. Ci vado da sola. Dopo lavoro passo a prendere le chiavi.»
Per tutto il giorno, Giovanna pensò al viaggio. La direttrice dell’agenzia dove lavorava, anche lei divorziata, ascoltò le sue ragioni. Aveva provato a riempire il vuoto con il lavoro, ma non aveva funzionato. Voleva allontanarsi per un po’. Era periodo di ferie, il carico era leggero. La direttrice acconsentì, seppur contrariata.
La sera Giovanna andò a prendere le chiavi, poi preparò le valigie. Non portò molto, solo l’essenziale. Chissà, forse non sarebbe riuscita a sfuggire al dolore e sarebbe tornata dopo un giorno.
Stranamente, quella notte dormì profondamente. Si svegliò presto, bevve il caffè con impazienza, controllò luce, gas e acqua, prese la borsa e uscì.
La città dormiva ancora. I primi raggi di sole illuminavano i tetti. Con l’eccitazione del viaggio, Giovanna canticchiava le canzoni alla radio.
Nonostante gli anni passati, ricordava la strada. La casa era ancora lì. Qualcuno aveva persino tagliato l’erba in giardino. Scese dall’auto e si immerse nel silenzio. C’erano suoni, molti: grilli, uccelli, galli che svegliavano i villeggianti. Un cane scuoteva la catena nel cortile vicino. Ma rispetto al rumore della città, sembrava un silenzio cristallino.
Dentro, la casa era umida e buia per le tende chiuse. Giovanna si impose di non pentirsi e si mise al lavoro. Andò al pozzo per l’acqua, lavò i pavimenti, portò dentro la legna secca. Quando il fuoco nel camino finalmente scoppiettò, si sentì vittoriosa.
I paesani passavano davanti casa, curiosi della macchina e delle finestre, ma senza entrare. Non era educato farlo senza invito.
Presto la casa si riscaldò. Giovanna stese la coperta sul letto, avvicinò i cuscini al camino per asciugarli. Non li portò fuori, troppi occhi indiscreti. Andò al fiume, che scorreva proprio dietro il paese. Si tolse i sandali e camminò sull’erba secca. L’acqua sembrava nera, densa.
Si allontanò un po’, si tolse il vestito e si tuffò, sollevando uno spruzzo. L’acqua era tiepida e morbida.
«E chi sarà mai questo pesce grosso?» una voce maschile la fece voltare.
Davanti a lei c’era Nicola. Invecchiato, irrobustito, ma riconoscibile. Il suo primo amore d’infanzia. In una mano teneva una canna da pesca, nell’altra un ramo con alcuni pesci infilzati.
Il cuore di Giovanna le salì in gola, rendendole difficile respirare, pensare… Un turbine di ricordi la travolse.
Ecco perché non era tornata per così tanto tempo. Per lui. Una volta, per lui, aveva persino voluto rimanere a vivere dalla nonna, in campagna. La madre non glielo aveva permesso. «Chissà cosa combina con quell’amore.»
Giovanna l’aveva invitato in città. Lui aveva accettato, ma non era mai venuto. Poi la nonna le aveva detto che si era sposato. E lei non era più tornata. Al terzo anno di università aveva conosciuto Luca, più per vendetta che per amore, e lo aveva sposato…
«Sei sola? Senza marito?» chiese Nicola, osservandola.
«Sola. Come sai del marito?»
«Sono passato. Vi ho visti.»
«Quando?» Ma Giovanna già ricordava.
Dovevano andare a un matrimonio. Luca era venuto a prenderla, erano usciti insieme. Aveva intravisto un volto familiare, ma quando aveva cercato di capire chi fosse, era sparito. Allora aveva pensato di essersi sbagliata.
«Ero venuto per spiegarti tutto. Di Nina… Non mi giustifico, ha approfittato della situazione. È successo una volta sola. Poi ha detto che aspettava un bambino. Cosa potevo fare? Mi sono sposato. Sandro è già in terza elementare. Poi è nata Lucia.»
Giovanna sorrise amaramente.
«So cosa pensi. Va bene, Sandro è stato un caso. Ma Lucia… Con Nina non è mai andata bene. Qualsiasi cosa dica, mi volta le spalleGiovanna lo fissò negli occhi, sorrise attraverso le lacrime, e infine sussurrò: “Allora costruiamo un ponte su quell’abisso”.