Tra noi c’era un abisso…
Dopo il divorzio dal marito, Beatrice impiegò molto tempo a riprendersi. Aveva sospettato che lui la tradisse, ma non era pronta a scoprire la verità. C’era stata una famiglia, una vita tranquilla con sogni e progetti… Ora non restava nulla. Matteo se n’era semplicemente andato di casa, sparito dalla sua vita.
L’estate volgeva al termine, ma Beatrice non notava nulla intorno a sé: né il sole, né il rumore della città, né l’arcobaleno dopo la pioggia. Una notte, soffocando dal caldo e senza riuscire a dormire, improvvisamente capì che non poteva continuare così. Matteo era felice, mentre lei non viveva, ma moriva lentamente.
“Qui tutto mi ricorda lui, ci ricorda. Ma noi non esistiamo più. Devo andarmene, anche solo per un po’. Non al sud, non all’estero, dove c’è troppa confusione. Ho bisogno di silenzio, di campagna. C’è ancora la casa della nonna! Siamo tutti nati in quei paesini. Lì c’è la nostra forza. Come ho fatto a non pensarci prima?” – Beatrice si sedette sul letto. La camicia da notte umida le si attaccò alla schiena.
La nonna era morta tre anni prima. Si era ammalata a lungo, il destino era segnato. Ma Matteo l’aveva convinta a partire per la Grecia. “In dieci giorni non succederà nulla”, diceva. La notizia della morte li aveva raggiunti ad Atene. “Non possiamo più far niente. Cambiare i biglietti è complicato. Torneremo, andremo alla tomba, la ricorderemo…” E lei, ancora una volta, lo aveva ascoltato. Come sempre.
Il compagno di sua madre aveva una casa di campagna, un grande casale non lontano dalla città. La madre voleva vendere la casa della nonna da tempo, ma rimandava sempre.
Da ragazzina, Beatrice aveva passato tutte le estati dalla nonna. Poi, all’università, aveva smesso di andare in quel paesino. E non era mai tornata neanche per visitare la tomba, ormai non ricordava nemmeno perché.
Dall’impazienza le prudevano i palmi delle mani. Afferrò il telefono per chiamare la madre e chiedere delle chiavi, ma vedendo l’ora sullo schermo illuminato, capì che era notte fonda e tutti dormivano. Riposò il telefono e si sdraiò. Non importava. Ora sapeva cosa fare, come tirarsi fuori da quel vortice di dolore e rabbia. Cominciò a immaginare come avrebbe fatto le valigie l’indomani, come l’avrebbe accolta quella casa… E senza accorgersene, si addormentò.
La mattina si svegliò piena di energia e chiamò subito la madre per le chiavi.
“Finalmente ricominci a pensare a qualcosa oltre al tuo Matteo. Non è mica l’unico uomo al mondo…” – la madre riprese il solito discorso.
“Mamma, basta. Le parole di conforto non servono. Trova le chiavi.”
“Ma cosa vuoi che cerchi? Sono nel cassetto nell’ingresso. Vieni a prenderle, così ti vedo almeno. La casa è in ordine. A maggio ho incontrato zia Lucia. Te l’ho detto? No? Tu eri troppo presa dai tuoi problemi… Non sospirare. Comunque, era venuta per il matrimonio della nipote. Diceva che la casa è ancora intatta. Mi ha chiesto se volevo venderla. Il nuovo genero era interessato. Gli piaceva tanto quel paesino. Che ne dici di andarci insieme?” – la madre, come al solito, saltava da un argomento all’altro.
“No. Ci vado da sola. Ti prego. Passo a prendere le chiavi dopo il lavoro.”
Per tutto il giorno, Beatrice pensò al viaggio. La direttrice dell’agenzia dove lavorava, anche lei divorziata, ascoltò attentamente le sue ragioni. Aveva provato a riempire il vuoto nel cuore con il lavoro, ma non era bastato. Voleva andarsene per un po’. Era periodo di ferie, c’erano pochi ordini, potevano farne a meno. La direttrice, seppur contrariata, acconsentì.
La sera, Beatrice passò a prendere le chiavi e poi fece la valigia. Prese solo l’essenziale. Chissà, forse anche lì non sarebbe riuscita a sfuggire al dolore e sarebbe tornata dopo un giorno.
Stranamente, quella notte dormì profondamente. Si svegliò presto, bevve un caffè in fretta, controllò di aver spento luci, gas e rubinetti, prese la borsa e uscì di casa.
La città ancora dormiva. I primi raggi del sole sfioravano i tetti. Piena di impazienza ed eccitazione, Beatrice canticchiava insieme alle canzoni alla radio.
Anche se non tornava in quel paesino da anni, ricordava la strada. La casa era ancora lì. Persino nel cortile qualcuno aveva tagliato l’erba. Beatrice scese dalla macchina e si immerse nel silenzio. Certo, c’erano suoni: grilli che frinivano, uccelli che cantavano, galli che svegliavano i villeggianti dormiglioni. Nel cortile accanto, una cane scuoteva la catena. Ma rispetto al rumore della città, lì c’era un silenzio ovattato.
Dentro, la casa era umida e buia per le tende abbassate. Beatrice si impose di non pentirsi della scelta e si mise al lavoro. Andò al pozzo per l’acqua, lavò il pavimento anche se non era sporco, portò della legna secca dal cortile. Quando il fuoco nel camino finalmente prese vita, si sentì vincente.
I paesani passavano davanti alla casa, osservavano la macchina, sbirciavano dalle finestre, ma non entravano. Senza invito, non si faceva.
Presto dentro diventò troppo caldo. Beatrice stese una coperta sul letto, avvicinò i cuscini al camino per asciugarli. Non li portò fuori al sole, troppi occhi curiosi. Andò al fiume che scorreva proprio dietro il paese. Sulla riva si tolse i sandali e camminò con cautela sull’erba secca battuta dal sole. Dall’argine, l’acqua sembrava nera e densa.
Beatrice si allontanò dal paese, si tolse il vestito e si tuffò nel fiume, sollevando uno spruzzo d’acqua. Era tiepida e morbida.
“E chi mai si tuffa qui? Che pesce grosso sarà?” – una voce maschile risuonò alle sue spalle.
Beatrice si voltò di scatto. Davanti a lei c’era Lorenzo. Invecchiato, irrobustito, ma riconoscibile. Il suo primo amore d’infanzia. In una mano teneva una canna da pesca, nell’altra alcuni pesci infilzati su un ramo.
Il cuore di Beatrice le salì in gola, impedendole di respirare, di pensare… Un turbine di ricordi la travolse in un istante.
Ecco perché non era tornata per così tanto tempo. Per colpa sua. Eppure, una volta, per lui aveva persino voluto restare a vivere con la nonna, in quel paesino. La madre non glielo aveva permesso. Chissà cosa sarebbe successo con un amore così.
Beatrice aveva invitato Lorenzo in città. Lui aveva accettato, ma non era mai venuto. Poi la nonna le aveva detto che si era sposato. E lei non era più tornata. Al terzo anno di università aveva conosciuto Matteo, più per ripicca che per amore, e lo aveva sposato…
“Sei sola? Senza marito?” – chiese Lorenzo, osservandola.
“Sola. Come fai a saperlo?”
“Sono passato di qui. Vi ho visti.”
“Quando?” – Ma Beatrice già ricordava.
Dovevano andare a un matrimonio di amici. Matteo era venuto a prenderla, erano usciti insieme. ImprovE mentre il sole tramontava dietro le colline, Beatrice si rese conto che forse, dopo tutto, l’abisso tra loro non era così profondo.