«E se i genitori si separassero davvero? Il timore di Vovka lo fa sentire a pezzi»

«E se i miei genitori davvero si divorziassero?» A questa terribile idea, a Luca si strinse lo stomaco e gli venne voglia di piangere.

I tre amici uscivano da scuola. Il sole primaverile accecava gli occhi. Si prendevano in giro a vicenda, spingendosi e ridendo. Si fermarono davanti alla casa di Matteo.

«Vieni stasera a fare un giro in bici con noi? Ieri con Andrea è stato fantastico, abbiamo sfrecciato nel parco.»

Luca si rabbuiò. Da tempo supplicava suo padre di portare la bicicletta dal garage, ma quello non aveva mai tempo. O tornava tardi dal lavoro, quando ormai era buio, o rimandava al weekend, salvo poi dimenticare o trovare altre scuse.

«Vieni?» ripeté Matteo, dandogli una gomitata.

«Non so. La bici è nel garage. Se papà torna presto…»

«Non puoi prenderla da solo? Insomma, ci vediamo alle sette nel parco, raggiungici.» Matteo alzò il palmo e i ragazzi lo colpirono a turno in un gesto di complicità.

Al palazzo successivo, Luca salutò anche Andrea. «Forse potrei cercare la chiave del garage… Papà ci parcheggia l’auto solo d’inverno. Dubito che se la porti sempre dietro.» Luca si affrettò verso casa, quella più lontana tra gli amici.

Una volta a casa, cambiandosi, cercò subito la chiave. Ma nel cassetto dell’armadio, dove i genitori tenevano le piccole cose, non c’era. Continuò a cercare, poi rinunciò e si mise a fare i compiti. Quando sarebbe tornata sua madre, gliel’avrebbe chiesto. Ma se non avesse finito i compiti, lei difficilmente gliel’avrebbe data.

Ci mise solo un’ora e mezza. Lui stesso rimase sorpreso. Di solito ci volevano due o tre ore. Sentì la serratura della porta. «Mamma!» esclamò felice, correndole incontro.

«Ciao,» disse lei, stanca, passando in cucina con le borse della spesa. Luca la seguì mentre sistemava la spesa nel frigo.

«Perché non hai mangiato i pasta al sugo e le polpette? Hai fatto di nuovo merenda con panini e tè? Metti questa lì,» gli passò una confezione di riso.

«Mamma, dov’è la chiave del garage?»

«A che ti serve?»

«Voglio prendere la bici.»

«Hai fatto i compiti?» Chiuse il frigo e lo guardò.

«Sì, puoi controllare,» rispose pronto.

«La chiave…» La madre guardò attorno alla cucina, smarrita. «Non ricordo. Aspetta tuo padre, lui sa dove è.»

«E quando torna? A mezzanotte?» sbottò Luca. «I miei amici vanno in bici da sempre. Perché l’avete messa in garage? Potevate lasciarla sul balcone. Quando torna papà, avrete altro a cui pensare. Non riuscite a passare un giorno senza litigare. Sono stanco.» Luca capì che quel giorno non sarebbe andato in bici. L’umore gli crollò. Girò i tacchi e sbatté la porta della sua stanza.

Ultimamente, suo padre tardava spesso al lavoro. Lui e sua madre discutevano ogni giorno, urlavano. Luca sentiva troppe volte la parola «divorzio».

Non poteva immaginare che i suoi genitori si separassero. Sì, suo padre si interessava poco alla sua vita, da tempo non uscivano più insieme in tre. Una volta, era tornato presto. A cena, aveva chiesto come andava a scuola. Luca aveva iniziato a raccontare, ma poi si era zittito, notando lo sguardo assente del padre. Non lo stava ascoltando.

Subito era partita la madre, dicendo che al padre non importava nulla di lui, che non si occupava di educarlo, che per Luca era un periodo difficile in cui l’attenzione paterna era fondamentale… Luca si era chiuso in camera, cercando di non ascoltare. Ma come ignorare le voci concitate dei genitori?

Tutti i suoi amici avevano famiglie normali. Matteo andava spesso a pesca con il padre e allo stadio. Andrea usciva poco, sempre in giro in macchina con i genitori. Luca sospirò.

Era seduto sul letto con un libro aperto tra le mani, ma non lo leggeva. Entrò la madre, si sedette sul bordo del letto e allungò una mano per accarezzargli i capelli. Luca la evitò.

«Ho trovato la chiave del garage. Se hai fatto i compiti…» iniziò lei, quasi in colpa.

«Te l’ho detto, li ho fatti,» la interruppe.

«Bene, allora vestiti. Andiamo insieme a prendere la bici.»

Luca chiuse il libro, lo gettò via, saltò giù dal letto e infilò la felpa.

«Pronto!» annunciò allegro.

«Prometti che non andrete in strada. State nel parco o sui marciapiedi,» disse la madre alzandosi.

Il garage era a cinque minuti. Aperto il lucchetto arrugginito, la porta cigolò.

«Quante volte ho detto di oliare quei cardini?» borbottò la madre accendendo la luce. Tra scaffali pieni di scatole e attrezzi, in un angolo c’era la bici, appesa al muro.

«Non ci arrivi, prendi lo sgabello.»

Luca salì sull’instabile sgabello.

«Attento!» La madre lo tenne per le gambe.

«Così non mi reggi. Tieni lo sgabello.» La voce di Luca era stranamente pacata, come quella del padre.

Provò a sollevare la bici, ma era troppo pesante.

«Faccio io,» propose la madre.

«Ci penso io.» Spingendo la bici, lo sgabello oscillò.

«Mamma, tienilo!» Quasi la lasciava cadere, ma lei la afferrò in tempo.

Luca saltò giù, felice. Finalmente avrebbe pedalato con gli amici.

«Le gomme sono sgonfie. Dobbiamo pomparle,» osservò la madre. «Cerca il pompa.»

Luca frugò tra gli attrezzi, invano.

«Oggi vado così, o lo prendo da Matteo.»

Il telefono della madre squillò.

«È tuo padre… Siamo in garage… Gli serve la bici… Torni già?» La sua voce era tagliente. Poi ascoltò a lungo.

«Non potevi aspettare? Sai che gliel’avevi promesso da tempo… No, non serve che vieni… Dimmi solo dov’è il pompa.» Scattò il telefono. «Non lo ricorda. Sorprendente che almeno noi non li abbia dimenticati,» sbuffò. «Sta arrivando. Aspettiamo?»

Luca annuì. I genitori parlarono finché la porta non si aprì di colpo.

«L’ho presa io da solo!» esultò Luca. «Papà, dobbiamo pompare le gomme…» Si interruppe vedendo i genitori evitarsi. La gioia svanì.

«E se davvero si lasciassero?» Gli si strinse lo stomaco.

Ricordò un film in cui due bambini rinchiudevano i genitori in cantiera per farli riappacificare. Forse era il momento giusto.

«Dove vai?» lo chiamò la madre.

«Vado a vedere se c’è lo zio Paolo, prendo il pompa da lui.» Uscì, prese il lucchetto e li chiuse dentro.

«Luca, apri subito!» Picchiarono la porta.

«Aprirò quando vi sarete riappacificati. Basta litigare. Vi voglio bene. Parlate, finalmente.» La sua voce tremava.

Alla fine, i genitori tacquero. Luca si allontanò. Tornò dopo ore, al buio. Aprì il garageI genitori erano seduti al vecchio tavolo, le mani strette e gli sguardi finalmente sereni, mentre fuori il vento caldo della sera portava con sé la promessa di un’estate tutta da vivere insieme.

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