Il mistero della vecchia fotografia

**Il Segreto della Vecchia Fotografia**

Ero solo un ragazzo quando conobbi Viola in università. Una ragazza come tante, niente di speciale. O forse non avevo mai davvero guardato. Poi, un giorno, qualcosa cambiò. I suoi occhi scuri, il modo in cui rideva, tutto mi sembrò diverso. Come se il mondo si fosse capovolto.

Cominciai ad aspettarla dopo le lezioni, nascosto all’ingresso dell’ateneo. Ma lei mi superò di corsa, senza neanche vedermi, e corse tra le braccia di un uomo più grande. Io rimasi lì, a fissarli mentre si allontanavano, con un groppo in gola.

Cosa mi aspettavo? Che aspettasse me, mentre mi decidevo a guardarla? Una come Viola non poteva certo essere sola.

Poi, un giorno, arrivò con gli occhi gonfi. Silenziosa, distante. Quella volta nessuno la venne a prendere, e trovai il coraggio di avvicinarmi.

«A casa?» chiesi.

«No, da nonna. Sta male.»

Mi raccontò che la nonna aveva la pressione alta e dolori alle articolazioni. A primavera stava sempre peggio, non usciva nemmeno più. Camminai al suo fianco, ma non ascoltavo. Ero in paradiso. Il mio cuore batteva al ritmo del suo nome: Viola, Viola, Viola.

Viveva a tre fermate dall’università.

«Non posso invitarti su. La nonna non sta bene» si scusò davanti al portone.

Il giorno dopo le chiesi come stesse la nonna.

«Meglio. Però ieri è venuta mia madre con il suo nuovo marito. La nonna si è agitata, la pressione è salita così tanto che hanno chiamato l’ambulanza. Non doveva venire.»

Capii. Viola non andava d’accordo con il patrigno. Forse era per quello che viveva con la nonna. Ma non chiesi altro.

Poco prima degli esami estivi, la nonna morì. Stetti vicino a Viola, la sostenni. Dopo il funerale, rimase a vivere nell’appartamento della nonna.

«Non hai paura del fantasma di tua nonna?» scherzai una sera.

«No. Aveva un carattere difficile, ma con me era buona.»

Un giorno, trovai il coraggio di chiederle dell’uomo che la veniva a prendere. Il suo volto si increspò.

«Ha sposato mia madre. Ora è il mio patrigno.» Abbassò la testa, vergognosa.

Dopo il primo esame, Viola mi invitò a casa sua. L’appartamento era pieno di mobili antichi e carta da parati scolorita. Sul tavolo c’era un vecchio album di foto.

«Posso?» chiesi, indicandolo.

«Certo. Stavo scegliendo una foto per la tomba della nonna…»

Ci sedemmo sul divano, sfogliando le pagine ingiallite. Foto di famiglia, ricordi.

«Questa sono io piccola. E questi sono i miei genitori giovani, prima che nascessi.»

«I tuoi genitori sono divorziati?»

«Sì. Mio padre non sopportava il carattere esplosivo di mia madre. Si sono lasciati quando ero piccola. Lui ha un’altra famiglia, non ci sentiamo.»

Poi, indicai una foto di una donna anziana, lo sguardo cupo, le labbra serrate.

«La nonna com’era davvero. Negli ultimi anni era così.»

Girò la pagina.

«Aspetta, torna indietro» dissi, indicando un’altra foto. Una ragazza sorridente, in un vestito leggero, accanto a un giovane.

«Questa è ancora tua nonna? Chi è l’uomo accanto a lei?»

«Non lo so. Forse un parente. La nonna non apriva mai l’album, non ho mai avuto modo di chiedere.»

Mi accorsi che Viola mi fissava.

«Che c’è?»

«Devo andare.» Chiusi l’album, sollevando una nuvola di polvere. «Ti chiamo domani.»

Ma non tornai a casa. Andai da mio nonno, all’altro capo di Milano. Per tutto il viaggio fissai fuori dal finestrino, senza vedere nulla.

«Nicolò! Che sorpresa!» mio nonno mi abbracciò.

«Come va l’università? E con le ragazze?»

«Tutto bene, nonno. Ho preso 30 oggi.»

«Bravo! Facciamo un te per festeggiare.»

Mentre lui era in cucina, cercai nella libreria.

«Cosa cerchi?» mi chiese, tornando.

«Quell’album di foto che tenevi qui…»

«Ah, l’ho messo giù.» Aprì il cassetto e lo tirò fuori. «Chi vuoi trovare?»

Sfogliai le pagine finché non trovai una foto tagliata a metà.

«Sei tu qui, vero? Perché è tagliata? Chi c’era dall’altra parte?»

Il nonno sussultò.

«Nessuno. Solo me.»

Ma i suoi occhi tradirono la menzogna.

«Sono stato dalla mia ragazza oggi. Ha un album di sua nonna. C’è la stessa foto, ma intera. Tu abbracci una donna giovane. È la sua nonna.»

Il nonno si alzò, irrequieto. Poi il fischio del bollitore lo richiamò in cucina. Lo trovai con la testa tra le mani.

«Come si chiama la tua ragazza?»

«Viola.»

«E la nonna?»

Ricordai il nome sulla foto accanto all’altare in casa di Viola.

«Maria Grazia Rossi.»

Il nonno chiuse gli occhi.

«Il passato ti raggiunge sempre.» Sospirò.

«Nonno, io amo Viola. Dimmi che legame avevi con sua nonna.»

Si passò una mano sul viso.

«Giovani errori, Nicolò. Ti racconterò, perché tu non li ripeta.»

***

«Ero un operaio alla Fiat, dopo la guerra. Credente, idealista. Lì conobbi Maria Grazia. Bellissima. Mi persi per lei.

Gli altri dicevano che non valeva la pena, ma io non ascoltai. La corteggiai per mesi, finché non accettò di sposarmi.

La felicità durò poco. Notai che si era ingrassata. Poi mi confessò: era già incinta quando ci sposammo.

“Pensi che avremmo avuto questa casa senza il bambino?” mi disse.

Le perdonai. Fino al giorno in cui tornai a casa e trovai il direttore seduto al mio tavolo. Lo cacciai. Poi persi il lavoro, Maria Grazia mi lasciò. Me ne andai con una valigia di cartone.

Trovai lavoro in un cantiere. Lì conobbi tua nonna. Non era bella come Maria Grazia, ma era buona, tranquilla. Mi diede due figli: tuo zio, che morì annegato a sette anni, e tuo padre.

Poi incontrai di nuovo Maria Grazia per strada. Credevo di averla dimenticata, ma no. Mi disse che era malata, che aveva bisogno di me. Tua nonna lo capì.

“Va’ da lei, se vuoi. Io e tuo figlio staremo bene.”

Ma non ci andai. Maria Grazia mentiva. È morta solo ora, a quanto pare.»

Si asciugò gli occhi.

«E tua nonna? Soffrì in silenzio. Morì con il cuore spezzato.»

Poi mi guardò.

«E tu ti sei innamorato della nipote di Maria Grazia.»

«Viola non è così.»

«Stai attento, Nicolò.»

Gli mostrai una foto di Viola sul telefono.

«Seria. Che Dio ti benedica» sospirò.

Quando uscii, il nonno rimase a fissare l’altra metà della foto che aveva nascosto nell’album.

«Non si scappa dal passato» mormorò.

**Lezione:**
E quella sera, mentre camminavo verso casa sotto le stelle di Roma, capii che il passato non determina il futuro, ma ci insegna ad amare con gli occhi aperti.

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