«Quindi sei stata tu a organizzare tutto, nonna?» chiese Giulia, fissando il ritratto.
Dopo la lite con il marito, Giulia non aveva chiuso occhio tutta la notte. Aveva sempre avuto la sensazione che qualcosa non andasse nel loro rapporto, ma quando lui era tornato a casa quella sera e le aveva confessato di amare un’altra, non si era aspettata un colpo del genere. Se n’era andato, e lei aveva pianto a lungo, commiserandosi.
A momenti voleva riprenderselo. Ma perdonarlo sarebbe stato come accettare il tradimento. E Giulia non era sicura di poter più fidarsi di Federico, dopo tutto.
Altre volte le veniva voglia di fargliela pagare, di farlo soffrire tanto quanto soffriva lei. Ma l’amore non svanisce dall’oggi al domani, neanche quando ti tradiscono. Così lasciò perdere l’idea e cominciò a pensare a come andare avanti.
Poco prima dell’alba, senza un motivo preciso, le tornò in mente l’estate in cui i genitori la portavano sempre in un paesino fuori Roma dalla nonna, e quanto fosse felice allora. Magari poterci tornare, rivivere il passato, ridiventare quella bambina spensierata…
Ma la nonna era morta tre anni prima. Giulia non ricordava che i suoi avessero venduto l’appartamento. Forse c’erano altri parenti che ci vivevano? Doveva chiederlo alla mamma. Con questo pensiero rassicurante, finalmente si addormentò.
Quella notte sognò il parco vicino alla casa della nonna. Lei era seduta su una panchina, con un cappotto color crema e un cappello di paglia toscana, e guardava Giulia giocare con un cagnolino e un ragazzino. «Sapevo che saresti venuta, ti aspettavo», disse all’improvviso la nonna, fissandola non la bambina del sogno, ma lei, l’adulta di oggi.
Quello sguardo la fece svegliare di colpo. Il sogno era talmente vivido che per ore le sembrò di sentire ancora la presenza della nonna.
Più ci rifletteva, più Giulia era convinta che fosse un segno. Se la nonna diceva di aspettarla, doveva andarci.
«Mamma, che ne è stato della casa della nonna dopo la sua morte? L’avete venduta? Ci vive qualcuno?» chiese quella sera.
«No, figurati. La nonna non aveva altri parenti. Ci ha lasciato una lettera in cui diceva che l’appartamento era per te.»
«Quindi posso andarci a vivere?» si illuminò Giulia.
«Ma che ti salta in mente? Andartene in quel paesino? E che ci fai lì? Hai perso la testa?» sbottò la madre.
«Mamma, non ce la faccio più. Tu mi dai fastidio, io do fastidio a te. Ho bisogno di cambiare aria, di pensare, di capire cosa voglio…»
Il fatto è che l’appartamento in cui vivevano con Federico glielo avevano regalato i suoi genitori. Restare lì era impossibile, così si era trasferita dalla madre. Dopo due anni di indipendenza, senza i suoi sermoni, adesso si ritrovava ad ascoltare che Federico sarebbe tornato, che doveva perdonarlo perché un marito così non lo avrebbe trovato mai più…
«Ma quella casa è vecchia, ha bisogno di lavori. Non credo che starai meglio lì che qui. Se vuoi cambiare aria, vai al mare, no? È il posto migliore per rilassarsi.»
In un altro momento Giulia l’avrebbe fatto, ma quel sogno non le dava pace.
«Hai le chiavi di casa della nonna?»
«Le chiavi? Da qualche parte ci sono.» La madre frugò in un cassetto. «Ecco, mi sembra siano queste.» Le passò un mazzo con due chiavi. «Quando tuo padre era vivo, si occupava lui della casa di sua madre. Io non ci ho mai messo piede. Avremmo dovuto venderla da un pezzo.» Fece un gesto di fastidio.
«Ci vado, la guardo e poi decidiamo. Va bene?» Giulia strinse le chiavi nel palmo.
«Davvero vuoi andare lì? E il lavoro?»
«Prenderò ferie. Non cercare di fermarmi, ho bisogno di andarmene.»
Il giorno dopo, Giulia si presentò alla sua capa con un’aria stravolta e la richiesta di ferie. La donna, impietosita, le firmò tutto dicendo che «tutti gli uomini sono dei cretini».
Quella sera Giulia preparò una valigia, e la mattina dopo partì in treno, certa che fosse l’inizio di una nuova vita. Dopo cinque ore, un taxi la lasciò davanti a un vecchio palazzo di mattoni. Salì al secondo piano e si bloccò davanti alla porta di legno marrone.
Le vennero i dubbi. Tornare indietro non si poteva, la nonna non c’era più, e da se stessa non si poteva scappare. Ma era troppo stanca per tornarsene subito a casa. Sperando che la madre non si fosse sbagliata, infilò la chiave nella serratura. Con sua sorpresa, girò due volte senza sforzo.
Aprì la porta ed entrò. Ad accoglierla, gli oggetti di un tempo, un odore di chiuso e il silenzio. Senza la nonna, tutto sembrava estraneo. Aprì le finestre, ispezionò le stanze, poi si cambiò e si mise a pulire: tolse le tende, starnutendo per la polvere, lavò i vetri e i pavimenti.
Quando crollò sul divano, non aveva neanche la forza per fare la doccia. Ma almeno non le restavano energie per piangersi addosso o rimuginare su Federico.
Mentre si decideva a lavarsi, suonò il campanello stridulo, facendola sobbalzare.
Sulla soglia c’era una donna sulla cinquantina, rotondetta, con un viso sorridente e ricciolini biondicci.
«Buongiorno. Siete la nuova inquilina? Mi chiedevo chi facesse tutto questo trambusto.»
«No, sono la nipote di Antonina Rossi. Sono venuta solo per…» Ma l’altra non la lasciò finire.
«Ah, sei la Giulia! Io sono Lara, Lara Conti. Non ti ricordi di me? Quando venivi dalla nonna, giocavi con il mio Leonardo. Che peccato per Antonina, era una donna meravigliosa…»
Per dieci minuti Lara continuò a parlare, ignorando che Giulia non intervenisse.
«Voi non ci siete mai venuti. Mio figlio sta per sposarsi. Avremmo comprato l’appartamento. Sai, è comodo avere il figlio accanto. Che peccato che tu sia arrivata. Cioè, che bello, ma peccato per la casa. Se mai la vendi, fammelo sapere, eh?» Finalmente fece una pausa.
«Oddio, quanto ho chiacchierato. Se hai bisogno, siamo nella porta accanto.» Se ne andò, con grande sollievo di Giulia.
Con tutta quella parlata, le era venuto il mal di testa. Fece la doccia, bevve un tè e uscì a comprare tende nuove. Quelle vecchie erano ingiallite e irrecuperabili.
Il giorno dopo si svegliò tardi, indolenzita per le pulizie. Ma il sole di giugno entrava allegro dalle nuove tende.
In bagno, il rubinetto perdeva, lasciando una macchia di ruggine. Per quanto Girulia provasse a stringerlo, non funzionava. Si arrabbiò. Doveva proprio comprarne uno nuovo? Doveva essere una vacanza, invece…
Ricordò le parole di Lara e decise di chiedere aiuto al marito. Ad aprire fu lui, Gennaro, l’opposto della moglie: alto e magro. Prese gli attrezzi e si offrì di riparare il rubinetto.
«Fatto. Ho cambiato le guarnizioni, durerà altri vent’Mentre stringeva la nuova chiave di casa accanto a quella della nonna, Giulia sorrise pensando che forse il passato non si poteva cambiare, ma il futuro era tutto da scrivere.