*”Mi aspetterai?”*
Come vola il tempo! Non mi sono neanche resa conto, e già quasi cinquanta. Eppure sembrava che sarei rimasta giovane per sempre. Lucia si guardò allo specchio. Girò la testa da una parte, poi dall’altra. Solo dispiacere. *”Be’, dicono che bisognerebbe amarsi in ogni caso…”* Ma cosa c’è da amare? Occhiaie, labbra cadenti, rughe, uno sguardo triste. *”Meglio non fissarsi troppo su tanta bellezza.”*
Eppure non aveva mai spaccato pietre né faticato in fabbrica, aveva passato la vita in un ufficio caldo e luminoso a spostare carte. Eppure, gli anni avevano lasciato il segno.
Lucia sospirò. *”E perché mi agito così? Chi mi guarda più? Ci sono ragazze giovani a bizzeffe. Respira, su.”* Fece un bel respiro profondo, poi un altro. *”Che sarà mai? Michele è tornato. Si sarà già dimenticato di me. Quanta acqua è passata sotto i ponti…”*
***
*”Lucì, andiamo al cinema?”* propose Michele, arrossendo fino alle orecchie.
*”Che film?”* chiese lei, fingendo indifferenza, mentre il cuore le sbatteva in petto.
*”Non ricordo il titolo, ma i ragazzi l’hanno visto e gli è piaciuto.”*
*”A me piacciono i film d’amore, o d’avventura,”* sognò Lucia, notando come la faccia di Michele si allungasse. *”Va bene, andiamo. Quando?”*
*”Possiamo andare adesso!”* si illuminò lui.
Lucia ci pensò. La mamma non le aveva dato commissioni, i compiti poteva farli dopo. Tanto lei era al lavoro, non serviva chiedere il permesso.
*”Andiamo,”* annuì.
In sala c’era poca gente, giorno feriale. Si spensero le luci, iniziò il film: sparatorie e macchine che sfrecciavano. Lucia sbirciò il profilo di Michele. Lui era incollato allo schermo. Alla fine della sparatoria, l’eroe salvò la ragazza dai banditi e si baciarono. Lucia si irrigidì e arrossì, sapendo che Michele vedeva tutto.
Improvvisamente, si avvicinò finché il bracciolo glielo permise e le prese la mano. Il cuore le fece un salto, Lucia rimase immobile, trattenendo il fiato. *”Ora mi bacerà sulla guancia…”* Ma niente. I protagonisti ripartirono in fuga, e Michele tornò a fissare lo schermo. Lei restò così fino alla fine, con il cuore in gola.
Finì il film, si riaccesero le luci, e lui lasciò la sua mano. Lucia sentì subito freddo. Mentre uscivano, si infilò il cappotto e la sciarpa, dispiaciuta che fosse già finito tutto.
Fuori era l’imbrunire invernale. Camminarono verso casa, e Michele raccontò entusiasta le scene migliori, come se lei non ci fosse stata. Quando teneva la bocca chiusa, calava un silenzio imbarazzante. Lucia provava a parlare, e lui ripartiva. *”Prenderà la mia mano?”* Ma lui portava la sua borsa con una mano e gesticolava con l’altra.
Davanti al cancello si fermò, abbassando gli occhi. Michele tacque.
*”Vado?”* Prese la borsa e aprì il cancello.
*”Lucì… ci torniamo al cinema?”* la chiamò lui.
Si voltò. Nel buio non vedeva bene la sua faccia, ma sapeva che temeva un no.
*”Certo!”* rispose allegra, e scappò dentro.
Andarono ancora al cinema qualche volta. E lui, appena si faceva buio, le prendeva la mano e non la mollava più. A volte passeggiavano. Michele aveva finito le superiori l’anno prima, a primavera lo avrebbero chiamato per il servizio militare. Non si era iscritto all’università, lavorava col padre in un’officina.
Una volta la baciò perfino all’angolo della bocca. Lei aveva sempre temuto che non ne avrebbe avuto il coraggio. *”Quanto ero felice!”*
In primavera partì. La sera prima, Michele l’aveva chiamata lanciando un sassolino alla finestra. Lucia si infilò il cappotto e uscì. Lui era un po’ alticcio.
*”Domani mattina parto. Mi aspetterai?”*
*”Sì,”* rispose roca. *”Certo che ti aspetterò.”* Come poteva dubitarne? Per lei non esisteva nessun altro al mondo.
Poi la mamma si accorse della sua assenza, sporse la testa dalla finestra e la chiamò. Lucia si alzò sulle punte, lo baciò sulla guancia calda, e corse via.
Suo padre beveva, e l’inverno prima si era congelato in un fosso. La madre si era messa con un altro uomo. Lucia si sentiva a disagio, evitava di andare in cucina. Dopo il diploma, se ne andò nel capoluogo. Non lontano, solo un’ora e mezza di autobus. La mamma non la trattenne. Anzi, le parve quasi sollevata. Le diede dei soldi per iniziare e le fece ciao con la mano mentre partiva con una valigetta.
All’inizio stette dai parenti di un’amica, anche lei trasferitasi in città. Fece un corso da contabile e con il primo stipendio affittò una stanza.
Michele non aveva promesso di scrivere. Non ci aveva pensato, o non aveva fatto in tempo? Ma che importava? Lei lo aspettava comunque. Tornava raramente a casa. Una volta, notò che la mamma aveva la pancia tonda. *”Chissà se amerà più questo bambino di me,”* pensò, amareggiata.
Non vedeva sua madre come una donna giovane, anche se aveva solo quarant’anni. Le compagne di scuola non avevano madri che partorivano a quell’età. Si vergognava, smise di tornare al paese.
Per il ritorno di Michele, invece, ci andò. Un’amica le scrisse che i suoi genitori lo aspettavano per il weekend. Il fratellino già camminava traballando. La madre lo aveva chiamato Micco, Miccolino. Quando lo chiamava, Lucia ripensava al suo Michele.
Corse più volte fuori a controllare, ma lui non arrivò. Al negozio sentì la madre lamentarsi del ritardo, che portava con sé una fidanzata, non del posto ma della regione dove aveva prestato servizio.
Lucia pianse tutta la notte nel cuscino. La mattina presto tornò in città.
Sei mesi dopo conobbe un ragazzo e si sposò. Non sapeva neanche perché. Nessuno la costringeva. E capì subito di aver fatto una sciocchezza. Niente andava bene. Lui la guardava dall’alto in basso, la criticava perché non era di città, perché *”le era andata di lusso”* a sposarlo. Passava il tempo con gli amici a guardare partite e bere birra. Lucia non ci stava, sapeva come sarebbe finita. Provò a parlargli:
*”Non ti piace? Non ti trattengo. Tanto meglio di me non lo troverai,”* rispondeva lui.
Fortunatamente non ebbero figli. Si lasciarono senza drammi. Se n’era andata com’era arrivata.
Dal lavoro le diedero una stanzetta in un dormitorio, piccola ma sua, con anche un angolo cottura. Dopo qualche anno comprò un appartamento. La madre, il patrigno e il fratello vennero a vedere e, naturalmente, portarono notizie. Così se ne che Michele si era lasciato ed era tornato. Ma non rimase al paese, era partito per il Nord.
*”Dovresti trovarti un marito. Hai tutto,*”E così, dopo cinquant’anni, seduta sulla panchina del giardino con la testa appoggiata alla sua spalla, Lucia finalmente capì che il tempo non era mai davvero volato via – era solo rimasto lì, in attesa di questo momento.”*