Mai più
Dopo il lavoro, Caterina si fermò al supermercato. Non aveva voglia di cucinare, ma doveva dar da mangiare a Michelina. Comprò una confezione di pasta e delle salsicce, il piatto preferito di sua figlia fin da piccola. Prese anche un cartone di latte e un filone di pane.
Alla cassa c’era una breve fila. Davanti a lei, un uomo robusto con una giacca nera e un berretto di lana a pompon. “Un uomo giovane e porta un berretto del genere. Chissà, gliel’avrà fatto la moglie. Certo, le donne sanno come rendere un uomo ridicolo per tenerselo stretto. Mi piacerebbe vederlo in faccia. Dev’essere un bamboccone,” pensò, fissando quel berretto a strisce sgargianti.
L’uomo si girò, sentendo il suo sguardo fisso. Caterina distolse immediatamente gli occhi. “Be’, non sembra stupido,” pensò con un po’ più di indulgenza. L’uomo la guardò di nuovo.
“Mi sta trapanando con gli occhi,” disse.
“Se avessi qualcosa di interessante da guardare. Non ho altro da fare,” brontolò Caterina, irritata.
La fila non avanzava. Dentro di lei cresceva la frustrazione. E poi quel berretto… Avrebbe voluto lasciare la spesa e andarsene, ma non c’erano altri negozi vicino a casa. “Ogni volta che in fila c’è un uomo, ci vuole un’eternità. Ora inizierà a scegliere le sigarette: ‘Mi dia quelle blu con la striscia rossa. No? Allora quelle bianche con l’adesivo verde.’ – Caterina imitò mentalmente la voce di un uomo indeciso. – Poi si metterà a cercare i soldi nelle tasche. Come se non potesse prepararli prima…”
E così fu. L’uomo alla cassa tirò su la giacca e iniziò a rovistare nei jeans stretti per trovare gli spiccioli. Caterina sospirò rumorosamente.
“Ha fretta? Vada avanti,” disse “Il Berretto”, facendole spazio.
Caterina si strinse nelle spalle e prese il suo posto. L’uomo finalmente trovò i soldi, mise la modesta spesa in una borsa e si allontanò.
Arrivò il suo turno. La cassiera scandiva i prodotti mentre lei frugava invano nella borsa alla ricerca della carta.
“Signora, non può sbrigarsi? I soldi si preparano prima,” la rimproverò qualcuno in fila.
“Ha perso la carta?” chiese “Il Berretto” con una punta di sarcasmo.
Caterina lo ignorò, continuando a cercare.
“Pago io,” disse lui alla cassiera.
“No, grazie!” esclamò Caterina, arrossendo. “L’ho trovata. Scusi.” Appoggiò la carta sul terminale, sollevata.
Raccolse la spesa e uscì di corsa. “Che mi prende? Perché mi fa tanto arrabbiare quel berretto ridicolo? Se gli piace, lo porti. Sono diventata così acida…” si rimproverò tornando a casa.
“Tutta colpa di mio marito. Eppure vivevamo bene. O almeno, così credevo. Se n’è andato con una ragazzina che è rimasta incinta. Lui, l’uomo per bene, l’ha sposata. E Michelina? Crescerà senza padre. E io che tra poco compio quarant’anni. Quarant’anni! Dio, che orrore…”
“L’appartamento ce l’ha lasciato, almeno. E grazie tante. Perché noi donne dobbiamo sempre soffrire per loro? Tutte la stessa storia. Qualcuno non tradisce, o almeno lo fa con discrezione senza abbandonare la famiglia. A quarant’anni vogliono le ventenni. E noi come dobbiamo vivere?” continuava il monologo interiore, trattenendo a stento le lacrime.
Entrò nel palazzo e chiamò l’ascensore, che si fermò cigolando. Le porte si aprirono, e ne uscì un uomo sbronzo e malconcio. Caterina entrò e fece una smorfia. Puzìa di alcol e sigarette economiche. “Tutti uguali: o ubriaconi o donnaioli. Non li sopporto.”
L’ascensore si fermò al suo piano. Davanti alla porta, imprecò mentre cercava le chiavi nel cappotto, che si impigliavano nei guanti. Finalmente aprì…
Michelina era seduta al tavolo a fare i compiti. Alzò lo sguardo dal libro. Caterina notò nei suoi occhi qualcosa tra il disprezzo e l’irritazione.
“Mamma, mi servono soldi per il teatro. Sabato andiamo con la classe,” disse con tono perentorio.
“Adesso preparo la cena,” rispose Caterina, evitando la domanda e dirigendosi in cucina.
“Altri soldi. E io non li stampo mica. Con uno stipendio solo… Affitto, spesa… Ogni centesimo conta.” Versò l’acqua nella pentola, lamentandosi con un interlocutore immaginario.
“Mamma, allora per il teatro?” Michelina era sulla porta, con un dito tra le pagine del libro.
“Domani li ritiro,” sospirò Caterina, senza girarsi.
Soddisfatta, Michelina scomparve.
“Vediamo quanto durerà. Giovane e bella non lo sarà per sempre. Dopo il parto, cambierà tutto. Notti insonni, niente tempo per sé… E lui non è più un ragazzo, ha già passato i quaranta. Gli sta bene. Dovrebbe aspettare i nipoti, e invece si mette a rifare i figli. Dio, perché continuo a pensare a lui? Troppo onore,” si riprese.
Dopo cena, si sedette al computer e accese la lampada da tavolo. Qualcosa cigolò, e la luce si spense. “Ecco, tutto insieme. L’ho comprata una settimana fa. Che giornata!” Provò a cambiare la lampadina, invano. “Domani la porto al negozio. Basta trovare lo scontrino.” Ma lo scontrino non c’era. Probabilmente l’aveva buttato insieme alla scatola.
Il giorno dopo, Caterina tornò al negozio di elettronica dall’altra parte della strada, portando la pesante lampada. Sulla soglia, c’era “Il Berretto” che fumava. Gli lanciò un’occhiata sprezzante ed entrò.
Lui la seguì e si mise dietro il bancone. Sorrise, cogliendo il suo sguardo stupito.
“Ecco. L’ho comprata la scorsa settimana,” disse seccata, mostrando tutta la sua irritazione.
“Ha lo scontrino?” chiese lui, impassibile. “Non mi stupisce che sia single. Con quel carattere.”
“E chi le ha detto che sono single?” ribatté Caterina, indignata.
“Se avesse un marito, sarebbe lui a portare la lampada o ad aggiustarla.”
“È occupato. Sta scrivendo la tesi,” mentì. “Non ho lo scontrino. Quindi non me la cambia? Non mi serve rotta,” e si voltò per uscire.
“Mi dica l’indirizzo, la aggiusto e gliela riporto. O passi domani,” la richiamò lui.
“Certo, me la porto avanti e indietro. Abito di fronte, appartamento 96,” sbottò, spingendo la porta.
“Figuriamoci. Era lui il proprietario del negozio. Senza quel berretto non l’avevo riconosciuto. Ha degli occhi intelligenti. E sembra perbene,” pensò tornando a casa, felice che l’avrebbe aggiustata. Gratis.
Allo specchio, si osservò: berretto sugli occhi, sguardo spento, labbra serrate. Una donna appassita. E nessuna al lavoro le aveva detto che sembrava orribile. Ecco la solidarietà femminile.
“Colpa mia se mio marito ha preferito un’altra. LeiE mentre guardava il tramonto dal treno, con Michelina che rideva accanto a lei e la mano di Massimo che stringeva la sua, Caterina capì che a volte la felicità arriva proprio quando smetti di aspettarla.