Sposare un milionario

**Sposare un milionario**

In città la neve è quasi tutta sciolta, e sui marciapiedi la sabbia si è incastrata tra le lastre di ghiaccio. Al cimitero, però, la neve resiste, anche se compattata dalle piogge recenti. Anna vaga a lungo tra le vie coperte di neve, tra le recinzioni delle tombe, prima di trovare quella dei suoi genitori. Sono sepolti insieme, anche se suo padre morì in un incidente quando Anna era al terzo anno del liceo.

La recinzione abbraccia entrambe le tombe. La mamma è mancata tre anni fa. Anna ha scelto per lei una foto che la ritrae giovane, così da sembrare coetanea del padre, proprio come li ricordava quando lui era ancora vivo.

Anna è andata in pensione, ha lasciato l’appartamento di Milano al figlio e alla sua famiglia, ed è tornata nella sua città natale due giorni fa. Ha sistemato la casa, e stamattina è venuta al cimitero.

“Perdonami, mamma, se ti ho lasciata allora, se sono scappata a Milano. Non potevo fare altrimenti. Grazie per avermi capito, per non avermi trattenuta.” Spazzola via la neve compatta dalla lapide e resta ancora un po’ in silenzio, salutando i genitori prima di allontanarsi, seguendo le proprie orme tra le tombe. Mentre cammina verso l’uscita, abbassando lo sguardo, sente una voce alle sue spalle.

“Anna?” Si ferma e si volta.

“Mi chiama?” Fissa l’uomo anziano che non riconosce.

“Non mi riconosci? Sono io, Sandro Moretti.” L’uomo sorride, e allora Anna si ricorda di lui.

“No, non ti ho riconosciuto. Sei cambiato,” dice, ricambiando il sorriso.

“Io invece ti ho riconosciuta subito, anche se non ci vedevamo da…” Esita, contando mentalmente gli anni passati dall’ultima volta. “Trent’anni.” Si avvicina.

“Trentadue,” precisa lei.

“Non sei cambiata per niente. Sei venuta dai tuoi genitori?” Accenna con il capo verso le tombe.

“Sì. E tu?”

“Da Olga.” Distoglie lo sguardo.

“Olga è morta? Da quanto?” Anna si stupisce.

Non serba rancore verso Olga, ormai. Il risentimento è svanito da tempo. Adesso prova solo rimpianto e compassione.

“Sei mesi fa. Ha sofferto molto. Cancro. Sono rimasto solo,” dice Sandro con tono lamentoso.

Anna lo osserva di sfuggita. Le sembra che abbia un singhiozzo nella voce. No, in realtà ha solo tirato un sospiro profondo. Il suo volto è calmo, concentrato.

“Non abbiamo avuto figli. Così è andata. E tu, sei qui da sola o con tuo marito?” chiede Sandro a sua volta.

“Da sola. Sono in pensione, ho lasciato l’appartamento di Milano a mio figlio e sono tornata qui.” Anna evita deliberatamente di parlare del marito.

Raggiungono il cancello del cimitero.

“Ah, ti ho trattenuto, ma tu stavi andando…” si scusa Anna.

“Io venivo dalla tomba di Olga. Mia madre la visiterò un’altra volta. Altrimenti, chissà, potresti sparire di nuovo o scappare via?” Sandro fa una smorfia.

“Eccolo, se n’è andato. Ora devo aspettare il prossimo,” sospira Anna, vedendo l’autobus che si allontana dalla fermata.

“Io ho la macchina, ti accompagno, dai.” Sandro indica una fila di auto parcheggiate lungo il recinto.

Non le va di salire con lui, di parlare, ma nemmeno di aspettare l’autobus accanto al cimitero. Anna si siede nell’auto fredda. Sandro accende il motore, mette il riscaldamento. Passano lungo il muro del cimitero, oltre un campo innevato e deserto, destinato a nuove sepolture, oltre case di legno. Anna si chiede sempre come faccia la gente a vivere accanto a un cimitero così grande.

“Sono passati tanti anni, ma non ho mai capito cosa sia successo tra noi. Quando te ne andasti, ero disperato. Soprattutto, perché?” Sandro rompe il silenzio.

Anna lo guarda stupita.

“Olga mi disse che era incinta. Poi scoprii che mentiva, non poteva avere figli. Ma all’inizio ci credetti, la sposai. E poi… era troppo tardi per tornare indietro. Olga, sai che scenate fece quando seppe che eri scappata con il suo fidanzato? Andò a Milano per vendicarsi. Perché scappasti, Anna?”

“Davvero non hai ancora capito? A me, allora, non importava con chi o dove andare, purché lontano da qui.”

“Come sarebbe?” Sandro si gira verso di lei, e l’auto sbanda leggermente sulla strada bagnata.

E Anna, senza risparmiarsi né tantomeno Sandro, comincia a raccontare.

***

Si dice che tra amici, spesso uno approfitti dell’altro. Tra Anna e Olga era esattamente così. Anna arrivò in una nuova scuola a metà anno. Era la prima della classe, e questo bastava a suscitare antipatia tra i nuovi compagni.

Olga, la ragazza più bella della classe, la prese sotto la sua ala. A ricreazione passeggiavano insieme per i corridoi, tornavano a casa insieme. Anna la aiutava coi compiti, le suggeriva durante le verifiche.

Grazie a Olga, Anna si integrò. Sandro Moretti, un ragazzo buffo con le orecchie a sventola, le girava intorno. Ma lei lo snobbava e lo prendeva in giro senza pietà.

“Perché lo tratti così? È un bravo ragazzo. Vedrai, crescerà e diventerà bellissimo,” difendeva Sandro Anna.

“Quando sarà il caso, ne riparleremo,” rispondeva Olga, superficiale.

Ovviamente, parlavano del futuro.

“Non ho intenzione di marcire in questo buco per tutta la vita. Andrò a Milano. Vieni con me?” la invitava Olga.

L’offerta era allettante, ma Anna rifiutò subito.

“No. Si può studiare anche qui. Come faccio a lasciare mia madre da sola?”

“Come vuoi,” Olga scrollò le spalle. “Se a te piace marcire qui come la tua adorata madre, buon per te. Io sposerò un uomo ricco, un milionario,” sognava a occhi aperti.

“I milionari ti aspettano a braccia aperte, vero?” borbottò Anna, ma non dubitava nemmeno per un secondo che sarebbe andata così.

Olga era bellissima: bionda naturale, con occhi castani e pelle olivastra, una combinazione rarissima. Il suo corpo era da far invidia alle attrici più famose. E gli uomini, si sa, guardano prima di tutto con gli occhi.

All’università, ovviamente, Olga non entrò. Fece un corso da parrucchiera. Suo padre aveva posto una condizione: non l’avrebbe lasciata a Milano se non avesse studiato.

“Anna, vieni a trovarmi a Milano. Qui non ho nessuno con cui parlare. Non sono amiche, ma rivali. Tutte pronte a darmi la zappa sui piedi,” si lamentava Olga.

“Faresti meglio a tornare qui,” rispondeva Anna.

“Mai e poi mai.”

La mamma aveva cresciuto Anna con rigore. A scuola non le permetteva nemmeno di truccarsi. Prima delle feste, Anna correva da Olga per un po’ di mascara. L’importante era ricordarsi di toglierlo prima di tornare a casa.

“Devi essere autosufficiente. Gli uomini sono incostanti. Con un’istruzione e una carriera, non sarai mai in difficoltà,” le insegnava la madre.

Aveva ragione, certo. Ma a diciassette anni, pensare alla carriera era noioso. E Anna invidiava Olga, a cui i genE poi, senza voltarsi, Anna salì i gradini del palazzo con passo fermo, lasciandosi alle spalle un passato che ormai non aveva più spazio nel suo cuore.

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