Sei il mio eroe

“Sei il mio eroe”

Valentina si sistemò il vestito davanti allo specchio, passò il rossetto sulle labbra e aggiustò una ciocca ribelle. Indietreggiò di qualche passo, osservandosi con occhio critico. «Perfetta!» Sorrise soddisfatta alla sua immagine riflessa.

Marco apparve sulla porta, appoggiandosi allo stipite.

«Wow! E dove vai così elegante?»

«A lavoro. Che c’è, sei geloso?» Valentina spalancò gli occhi, già grandi e ben truccati.

«Certo che lo sono. Vuoi che ti accompagni in macchina? Nell’autobus ti schiacceranno.»

«Stai a casa. Dove vuoi andare col gesso?» Valentina chiuse la zip del giubbotto imbottito, sistemò la sciarpa intorno al collo e la sollevò fino al mento.

«Vado. Ma si fermò prima di uscire.

«Ah, dimenticavo. Ritornerò tardi. Paola si sposa. Faremo una specie di addio al nubilato. Ci fermeremo un po’ al bar. Non preoccuparti.»

«Aspetta, posso venirti a prendere dopo?» Marco si staccò dallo stipite.

«No, grazie.» Valentina fece un bacino all’aria e uscì di casa.

Marco andò alla finestra, aspettando di vederla apparire nel cortile.

«Quante volte ti ho detto di prendere la patente? Se l’avessi, non saresti stipata in quell’autobus.» Parlava a voce alta, come se potesse sentirlo.

Al bar, la musica risuonava allegra. Sei donne, sedute a tavoli uniti, bevevano cocktail e ridevano a squarciagola, raccontando aneddoti ridicoli dei loro matrimoni. All’improvviso, il cameriere si avvicinò con un vassoio e posò davanti a Valentina una bottiglia di vino pregiato.

«Con i complimenti del signore al tavolo accanto. Da aprire?» chiese, chinandosi con premura.

Valentina si voltò e riconobbe l’uomo. Lui annuì e sorrise. Il suo cuore perse un battito, poi accelerò a tempo di musica. Un rossore improvviso le salì alle guance, e il sorriso svanì dalle sue labbra come la neve in primavera.

Lo riconobbe. Come avrebbe potuto dimenticarlo? Paolo era stato il ragazzo più bello dell’università, già all’ultimo anno. Tutte le ragazze lo rincorrevano. Prima della sessione estiva, Valentina aveva fallito un esame. Piangeva sulle scale in ferro battuto, disperata. Il primo esame era tra due giorni, e senza quel passaggio non avrebbe potuto sostenere gli altri.

«Perché piangi? Hai fallito?»

Valentina alzò lo sguardo e lo vide. Paolo le stava parlando! E lei era lì, con il mascara colato e il naso rosso.

«Non ho superato l’esame.» Si asciugò le lacrime.

«Non è la fine del mondo. Ti stai solo macchiando il viso.»

Valentina gridò e cercò lo specchietto nella borsa. Paolo le offrì un fazzoletto.

«Sveglia, dovevi piangere davanti al professore! Credevo che tutte le ragazze sapessero come fare leva sulla pietà. Vai, raggiungilo prima che se ne vada. Digli che hai studiato tutta la notte e che sei stanca.»

«Credi che funzionerà?»

«Non saprai mai se non ci provi.» La spinse gentilmente, e lei corse su per le scale.

Quando uscì dall’aula, raggiante, Paolo l’aspettava.

«Ecco il sorriso che ti si addice.»

La accompagnò a casa, parlando senza sosta. Lei non ascoltava, sopraffatta da un solo pensiero: «Lui cammina accanto a me!» Notava gli sguardi invidiosi delle altre donne e si gonfiava d’orgoglio.

Dopo la sessione, si frequentarono per un po’. Uscirono al cinema, in spiaggia… Sapeva che cambiava ragazza come guanti, ma il cuore non ascoltava la ragione. Poi, all’improvviso, Paolo sparì. Non aveva il suo indirizzo, nessuno sapeva nulla. Valentina soffrì, convincendosi che sarebbe tornato. Finché non capì di essere incinta.

«Prima eri felice, ora sei spenta. Stai male?» chiese sua madre.

«Sì, ho preso freddo.» Tossì per convincerla.

«Vai dal medico, non sottovalutare.»

Il giorno dopo, Valentina andò in una clinica privata, temendo di incontrare conoscenti. La gravidanza fu confermata.

«Mamma mi ucciderà… Devo ancora studiare… E lui è sparito…» Scoppiò in lacrime.

La dottoressa si impietosì. Disse che era ancora presto per un aborto, ma che la procedura costava. A casa, mentì alla madre, dicendo che servivano medicine costose. Lei, ignara, le diede i soldi. Bastarono.

Due giorni di dolore lancinante, come fili spinati nell’addome. Sopportò in silenzio, per non farsi scoprire.

A settembre, tornò all’università con un solo desiderio: rivedere Paolo. Ma lui passò accanto a lei con una matricola carina e fece finta di non conoscerla. Le compagne peggiorarono la situazione, dicendo che Paolo si sarebbe sposato presto. Valentina tratteneva a stento le lacrime.

A lezione, si sedette accanto a lei Marco, un ragazzo normale, senza pretese. Lo sapeva che le piaceva. Non era bello, nessuna lo rincorreva, se non per chiedergli gli appunti.

«Perché sei così triste? Vuoi uscire stasera? Andiamo al cinema?»

Valentina scrollò le spalle. Meglio che piangere a casa per Paolo. Dopo il cinema, passeggiarono. Marco raccontò di un libro che aveva letto. Lo ascoltò così attentamente che dimenticò Paolo.

Con Marco era facile. Non doveva fingere. Quando arrivarono a casa, gli disse:

«Marco, ti piaccio? Sposami.»

Lui la fissò stupito.

«Sei seria? Certo che mi piaci. Ma non così.» Se ne andò.

«Neanche questo sfigato mi vuole.» Si sentì insignificante.

Il giorno dopo, il professore entrò in aula, e Marco gli sussurrò qualcosa. Lui annuì e fece spazio. Marco si rivolse alla classe:

«Voglio fare una proposta alla ragazza dal nome bellissimo, Valentina.» Promise di amarla per sempre e renderla felice.

«E allora, Valentina? Mostrati. Vogliamo vedere chi ha mandato in tilt questo pazzo innamorato!» rise il professore.

La classe iniziò a scandire: «Valentina! Valentina!»

Dovette alzarsi. Marco l’aspettava con un anello e dei fiori. Gridarono «Evviva!» e perfino «Bacio!»

«Accetti?»

«Sì.»

Poi lui le spiegò che voleva che quel momento fosse memorabile, non solo una sua richiesta disperata.

Quella storia fu raccontata per anni agli studenti nuovi.

Tra loro non ci furono grandi passioni. Fu un rapporto sereno, quasi di amicizia. Valentina non rimase incinta, ma Marco non fece domande.

E ora, cinque anni dopo, Valentina rivedeva Paolo al bar. Era più bello che mai. Paragonò mentalmente suo marito, con la maglietta sciatta, i pantaloni consumati e il gesso, a quell’uomo affascinante. «Dovrebbe andare in palestra» pensò, irritata. Le ragazze fissavano Paolo, ammirate.

Lui la invitò a ballare, nonostante lo spazio ristretto. Valentina si sentì a disagio sotto gli sguardi curiosi. FortunMentre tornava a casa stringendo la mano di Marco, Valentina capì che l’amore vero non ha bisogno di grandi gesti, ma di piccoli sacrifici e di un cuore che non ti abbandona mai.

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