Valigia In Movimentо

Eh, senti questa storia…

“Mamma, ormai sono grande. Posso fare almeno una volta quello che voglio?” sbraitava Elena.

Litigavano da giorni, da quando lei aveva annunciato alla madre di voler andare a Roma per una settimana con il suo ragazzo.

“E l’università? La sessione è vicina.”

“Studio bene, recupererò. Ti prego, mamma,” supplicava Elena.

“Lo conosci appena. E poi?” Ludovica non aveva più parole per dissuaderla.

“Se non mi lasci andare, scappo di casa e non torno più,” gridò Elena, affondò sul divano, abbracciò il cuscino e girò la faccia verso la finestra.

“E se lo facesse davvero?” Un pensiero ansioso strisciò nel cuore di Ludovica, gonfiandosi fino al panico. Sua figlia era il senso della sua vita, l’unica persona che le rimaneva. Non poteva perderla.

“Mamma, tu sei sempre stata la perfetta e sei finita sola. Vuoi che capiti anche a me?” La voce di Elena era carica di isteria.

“Piccola, avrai tutto, non correre…” diceva Ludovica, sapendo bene che sua figlia era innamorata e non la ascoltava.

Elena nascose la faccia nel cuscino e scoppiò in lacrime.

“Che faccio, sono davvero una nemica per mia figlia? I tempi sono cambiati. Tutto va veloce. Forse se ai miei tempi fossi stata più coraggiosa, avrei capito prima che mio marito non era l’uomo giusto, e la mia vita sarebbe stata diversa.” Ludovica sospirò.

“Va bene. Vacci. Ma mi chiami ogni giorno. Non posso darteli molti soldi, sai che sto risparmiando per la ristrutturazione,” cedette, stanca di discutere.

Elena lasciò il cuscino, corse dalla madre e l’abbracciò.

“Mamma, grazie! Non servono soldi, Federico ne ha. Ti chiamerò ogni giorno, più volte. Non preoccuparti, andrà tutto bene,” cinguettò felice.

“Come non preoccuparmi? Quando avrai una figlia tua, vediamo se non ti preoccupi,” pensò Ludovica, ma non lo disse ad alta voce. Inutile, tanto non avrebbe capito.

La figlia corse in camera e tornò con una valigia.

“Hai già fatto le valigie? Saresti scappata davvero?” La certezza le fece male al cuore.

“Sapevo che mi avresti lasciato andare. Ti conosco bene. Ora chiamo Federico.” Prese il telefono, ma invece di chiamare, si avvicinò alla madre.

“Potresti venire anche tu da qualche parte, no? Dalla zia Anna, per esempio. Che farai qui da sola? Sono vacanze,” disse Elena, conciliante.

“Troverò qualcosa da fare. Tu stai attenta, capisci cosa intendo?” borbottò Ludovica. Si sentiva così giù che avrebbe voluto urlare.

“Mamma, sono grande, lo so.” Elena compose il numero del fidanzato.

Il cuore di Ludovica fece un tuffo. Dal tono capì che la figlia stava per partire.

“Ecco, mamma, il taxi mi aspetta giù.” Elena si diresse verso l’ingresso con la valigia.

Ludovica le corse dietro.

“Mamma, non accompagnarmi. Appena siamo sul treno, ti chiamo. Torno tra una settimana.” Elena le baciò la guancia e, senza accorgersi delle lacrime negli occhi della madre, uscì di casa.

“Ecco, è cresciuta. Non ha più bisogno di me. Non ha nemmeno voluto che la accompagnassi.” Ludovica corse in cucina e guardò dalla finestra. Sotto c’era un taxi giallo, accanto al quale un ragazzo camminava nervoso. “Be’, sembra normale. Forse andrà tutto bene. Non puoi proteggerla da tutto.”

Con lo sguardo triste seguì il taxi che si allontanava, poi tornò in salotto e si sedette sul divano dove poco prima c’era sua figlia. Le lacrime le salirono agli occhi. “Eccomi di nuovo sola. Silenzio, vuoto. Impazzirò qui. Devo abituarmi. Separarsi da una figlia adulta è il destino di tutte le madri.”

Ludovica restò lì a lungo, incapace di fare nulla. “Forse dovrei partire anch’io. Al sud, per esempio. Sono pur sempre in vacanza. Non è più estate, ma almeno è più caldo che qui.” Andò nella stanza di Elena, accese il computer e cercò biglietti.

Ne trovò uno economico per un volo mattutino per Palermo il giorno dopo. Senza pensarci troppo, lo prenotò, con ritorno dopo cinque giorni. Era stanca di risparmiare su tutto. Stare lì in ansia, aspettando le chiamate di Elena? Sarebbe sembrato un’eternità.

Cominciò a fare la valigia. Tra preparativi e caos, si distrasse dalla preoccupazione. Elena chiamò la sera, tutta gasata, dicendo che erano alla stazione, tutto bene… Ridacchiò felice e riattaccò.

Dopo quella giornata, Ludovica non riusciva a dormire. “Va bene, dormirò in aereo,” pensò, alzandosi stanca di combattere con l’insonnia. Chiamò un taxi, indossò un cappotto autunnale e partì per l’aeroporto.

Nonostante l’ora antelucana, l’aeroporto brulicava come un alveare disturbato. Gente che si salutava, correva, telefonava.

Passò accanto a una coppia abbracciata nel bel mezzo della sala. Lei, con le guance bagnate, fissava lui, ripetendo con voce spenta:

“Tornerai? Me lo prometti? Ti amo…” Singhiozzò e si nascose nel suo petto.

Lui le sussurrava qualcosa, baciandole i capelli ancora umidi per la pioggia. Ludovica distolse lo sguardo: quel addio era troppo intimo e commovente.

Dopo il check-in, sedette in attesa del volo. Rivide Elena nella mente. Ragazze stupide, che corrono, che hanno paura di perdere tempo, che si buttano nell’amore come in un vortice. Quanti addii, confessioni, delusioni avranno nella vita? Basteranno le lacrime per piangerle tutte?

Anche lei, un tempo, aveva avuto un amore così. Si era buttata a capofitto. E ora dov’era? Suo marito non era pronto alla paternità né alla responsabilità. Se n’erano andati subito dopo la nascita di Elena. Ci furono altre storie, ma non volle più sposarsi. Aveva paura per la figlia. E ora era troppo tardi per cambiare. Eccola, sola, diretta al sud. Perché? Ma a casa sarebbe impazzita ad aspettare le chiamate.

Un uomo le passò accanto, colpendola con una valigia a rotelle.

“Scusi,” si scusò, allontanandosi. Si sedette poco distante, tirò fuori una rivista e si immerse nella lettura.

“Di sicuro non viaggia con la moglie. Probabilmente sta aspettando l’amante,” pensò Ludovica, con una punta di amarezza.

Annunciarono l’imbarco. L’uomo fu il primo a mostrare il biglietto all’hostess. Nessuna amante al suo fianco. Esitò un attimo, e Ludovica inciampò di nuovo nella valigia, maledicendolo mentalmente. Per un caso assurdo, i loro posti erano vicini, separati solo dal corridoio. Ludovica fece finta di ignorarlo, poi si addormentò.

All’arrivo, si alzarono insieme, vestendosi goffamente. Ormai lui la irritava profondamente.

Uscì dall’aeroporto, prese un taxi e chiese di essere portata in un hotel economico. Lasciò le valigie e andò subito sulla spiaggia. Faceva già caldo, e si pentì di non essersi tolta ilMentre camminava lungo il mare, sentì una mano sulla spalla e si voltò trovando Marco, l’uomo dell’aereo, che con un sorriso le disse: “Forse il destino ci ha messo dello zampino, non credi?” e in quel momento capì che forse, dopo tanti anni, la felicità era finalmente a portata di mano.

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