Un Pugno di Ribes Neri
Non mi ero preparato granché per il Capodanno. Mia figlia Giulia mi aveva detto che sarebbe andata in campagna dagli amici. E a me, cosa serve? Ho fatto un po’ di torte rustiche e un’insalata russa. Guarderò un po’ la TV e poi a letto. Tanto, prima o poi Giulia tornerà.
Quando era ancora con noi, mio marito Antonio, festeggiavamo in grande. Bastava una tavolata con gli amici, un bicchiere di vino, qualche stuzzichino, il concerto di Capodanno in TV, e poi tutti fuori con i petardi e le stelline. Ballavamo in piazza intorno all’albero, cantavamo, e se c’era abbastanza gente, organizzavamo anche piccoli giochi. Riuscivamo a far divertire persino i più giovani.
Mi asciugai una lacrima. Ormai erano quasi tre anni che Antonio se n’era andato, e ancora non mi abituavo. E forse non ci sarei mai riuscita.
Presi dalla mensola la sua foto nella cornice. Aveva gli occhi socchiusi e un sorriso appena accennato. L’adoravo, tanto che ne avevo messa una uguale sulla lapide. Ogni volta che andavo al cimitero, mi soffermavo a guardare quel volto. Mi sembrava che Antonio mi accogliesse con espressioni diverse: a volte sorridente, felice di vedermi, altre severo, se passavo troppo tempo senza visitarlo.
Lo sapevo che era impossibile, ma ogni volta cercavo di indovinare con che sguardo mi avrebbe aspettato.
“Mi manchi tanto, Tonino. Se almeno avessi dei nipoti, avrei qualcosa per cui vivere. Ma Giulia non si sposa. Dopo che il suo ragazzo ha sposato un’amica, ha paura di legarsi di nuovo. Ultimamente, però, sembra più serena. Forse c’è qualcuno, ma non me lo dice. E io non insisto…”
Sentii sbattere la porta d’ingresso e rimisi velocemente la foto al suo posto.
“Mamma, sei a casa?” chiamò Giulia dall’ingresso.
“Dove vuoi che sia? Perché così presto?” mi avviai verso di lei.
“Mi hanno lasciato uscire prima dal lavoro. Non pranzerò, preparo le cose e poi parto. Verranno a prendermi Ilaria e suo marito.”
“Come? Pensavo partiste il trentuno!” mi preoccupai.
“Sì, ma con Ilaria abbiamo deciso di riscaldare la casa in campagna, preparare tutto, tagliare l’albero e addobbarlo…” Disse tutto in fretta, mentre infilava le cose in una borsa. “Ah, il caricabatterie! E le scarpe… E la piastra!” Prese la piastra dal bagno e la mise nella borsa.
“Ecco, credo di aver fatto tutto. Scusa, mamma, se ti lascio sola a Capodanno. Potresti andare da qualcuno, no?”
“Non ho voglia. Tutta questa frenesia non fa più per me. Quand’è che torni?” chiesi.
“Terzo o quarto. Dipende.” I suoi occhi brillavano. Era da tanto che non la vedevo così felice. “Sarà che c’è qualcuno nuovo nel loro gruppo. Magari!”
Un clacson suonò fuori.
“Bene, mamma, devo andare.” Mi diede un bacio sulla guancia, si infilò il cappotto e sparì dalla porta.
Diedi un’occhiata in giro per vedere se si era dimenticata la sciarpa o il berretto. No, aveva preso tutto. Tornai in salotto, vuoto, e guardai ancora la foto di Antonio.
“Ecco, se n’è andata anche lei. Ah, Tonino, te ne sei andato troppo presto…” sospirai. Antonio mi fissava con gli occhi socchiusi e quel sorriso che lo contraddistingueva.
Decisi di distrarmi. Aprii il cassetto del mobile, pieno di carte da sistemare. Se no, non trovavo più niente.
Scartabellai tra le carte, buttai quelle inutili e riordinai le altre. Trovai un foglietto con un indirizzo scritto a mano malferma. Era l’indirizzo di Luigi, l’amico di Antonio. E tornarono i ricordi…
Avevo conosciuto Luigi a una festa di compleanno. Eravamo usciti un paio di volte. Poi un giorno arrivò con un amico. Al primo sguardo su Antonio, il cuore mi sussultò. Fu reciproco.
Quando Luigi capì che preferivo Antonio, si fece da parte. Un vero amico. Non ho mai rimpianto la mia scelta.
Poi si sposò anche lui, ma qualcosa non funzionò e divorziò. Luigi si trasferì in un paesino a trecento chilometri dalla città, in una casa lasciatagli da qualche parente. Ci andammo un paio di volte, io, Antonio e Giulia.
Luigi ci invidiava apertamente, e non lo nascondeva. Scherzava dicendomi che se Antonio mi avesse fatto un torto, sarei dovuta andare da lui. Antonio rideva, senza gelosia. Tra noi c’erano stati litigi, certo, ma ci riconciliavamo subito e il divorzio non era mai un’opzione.
“Luigi venne al funerale. Non ricordo di averlo chiamato. Forse Giulia? Ero troppo devastata dal dolore. Mi propose di andare da lui, per calmarmi, distrarmi. Ma non potevo. Andavo spesso al cimitero. E da Luigi non ci andai mai.”
Chiusi il cassetto e rimasi seduta con quel foglietto in mano.
“Tonino, forse dovrei andare da Luigi. Non ti dispiace?” Mi parve che Antonio mi sorridesse incoraggiante.
Chiamai la stazione per gli orari degli autobus e misi le mani in pasta per i dolci. Non si va a casa di qualcuno a mani vuote. E chi gli avrebbe preparato qualcosa, Luigi? Lavorai fino a tardi e caddi addormentata esausta.
Alle nove del mattino ero sull’autobus, immaginando la sorpresa di Luigi, i ricordi dei bei tempi… E senza accorgermene, mi addormentai.
Mi svegliai per il rumore. Nel bus erano rimaste poche persone. I passeggeri chiacchieravano e prendevano le borse dai ripiani. Mi alzai e sbirciai dal finestrino. L’autobus si avvicinava a un gruppo di casette tra alberi innevati.
Mi abbottonai il cappotto, misi il berretto e spostai la mia borsa verso il corridoio. L’autobus si fermò alla casa più lontana del paesino. Scesi e rimasi incantata dal paesaggio fiabesco. Un silenzio assordante mi ronzava nelle orecchie.
Trovai subito la casa di Luigi, ma il cancello era chiuso. Che fare? Provai a infilare una mano tra le assi per aprire il lucchetto. Gridare il suo nome in mezzo alla strada mi sembrava inopportuno.
“Signora! Cosa sta facendo? Perché entra in casa d’altri?” Una voce mi fece sobbalzare. Mi voltai, come se mi avessero sorpresa a rubare.
“Cosa si permette? E dire che ha l’aria perbene,” borbottò una vecchietta secca, con gli stivali e un cappotto lungo e largo.
“Sono venuta in visita. Da Luigi… Luigi Romano,” ricordai il suo cognome.
“Ma lui non c’è. Sono già nove giorni che non c’è più,” rispose la vecchietta.
“Nove giorni? Com’è possibile?” sussultai.
“Così. Meglio che se ne vada,” disse agitando una mano verso di me e scomparendo borbottando.
Guardai sgomenta la casa. La neve aveva coperto i passi sul sentiero. Con le lacrime agli occhi, tornai alla fermata. Per fortuna l’autobus non era ancora partito. Mezz’ora dopo tornavo indMentre tornavo a casa, sentii che la vita ancora mi riservava sorprese, e forse Antonio, dall’alto dei cieli, mi stava dicendo che era ora di cogliere i frutti che il destino mi offriva.