Mio marito ha detto che non valgo nulla in questa casa

— Ma chi sei tu per dirmi cosa fare? — Enrico si voltò di scatto dal frigorifero, una lattina di birra in mano. — Tu in questa casa non conti niente! Capito?

Laura era al piano cottura, mescolando il sugo per la pasta, e sentiva le mani tremare. Il cucchiaio di legno sbatté contro il bordo della pentola.

— Non conto niente? — ripeté a bassa voce. — Non sono tua moglie?

— Moglie! — Enrico sbuffò e aprì la lattina. — Che moglie! Sei la domestica, ecco chi sei. E pure una scarsa.

Laura spense il fuoco e lo fissò. Quarant’anni di matrimonio. Quarant’anni passati a cucinare per lui, a stirare le camicie, a occuparsi dei figli mentre lui faceva carriera.

— Domestica, dici? — la sua voce si fece più ferma. — E chi ti lava le camicie? Chi cucina, pulisce, si prende cura di tua madre?

— È il tuo dovere! — Enrico sbatté la lattina sul tavolo. — Io lavoro, pago le bollette, e tu cosa fai? Prepari la pasta? Lo sa fare qualsiasi donna!

— Qualsiasi donna — mormorò Laura. Qualcosa dentro di lei si spezzò. — Capisco.

Si tolse il grembiule e lo appese al gancio. Enrico finiva la birra, dandole le spalle.

— Allora, qualsiasi donna — borbottò tra sé. — Vedremo.

Entrò in camera e tirò fuori una vecchia valigia dall’armadio. Enrico sentì il rumore e si affacciò.

— Che fai?

— Faccio le valigie — rispose calma, piegando i vestiti. — Se non conto niente, allora non ho motivo di restare.

— E dove vuoi andare? — si irritò lui.

— Da Viola. Starò da lei un po’.

Viola, la sorella minore di Laura, viveva sola in un bilocale e lavorava come infermiera.

— Ma dai — Enrico scrollò le spalle. — Smettila di fare la stupida. Chi mi cucinerà?

— E che importa? — chiuse la valigia. — Hai detto che lo sa fare chiunque. Cercatene una.

Lui la guardò, confuso, mentre lei si infilava il cappotto.

— Laura, non fare la bambina. Non volevo offenderti.

— Certo, no. Hai solo detto la verità. Non conto niente qui.

— Basta con queste sciocchezze! — la voce di lui si alzò. — Chi ti ha permesso di andartene?

Laura si fermò sulla porta e lo guardò.

— Nessuno. Me lo sono permessa io. O forse non ne ho nemmeno il diritto?

Uscì, lasciandolo a bocca aperta.

Fuori era fresco, ottobre si faceva sentire. Prese l’autobus per raggiungere la sorella. Il telefono squillò più volte, ma lei non rispose.

Viola aprì la porta in vestaglia e pantofole.

— Laura! Cosa è successo? — vide la valigia.

— Posso restare da te per qualche giorno?

— Certo, entra. Parlami.

Si sedettero in cucina, Viola preparò il caffè. Laura raccontò della lite.

— Ma si è impazzito? — si indignò Viola. — Dopo tutti questi anni!

— Immagina — Laura asciugò una lacrima. — Ho dedicato la vita a lui, ai figli. E lui dice che lo sa fare chiunque.

— Allora cerchi questa “chiunque” — sbuffò Viola. — Vediamo come campa senza di te.

Il telefono squillò di nuovo. Enrico.

— Non rispondere — consigliò Viola. — Fagli capire.

Laura posò il telefono e lasciò perdere.

La mattina dopo si svegliò sul divano. Viola era già pronta per il lavoro.

— Resta pure quanto vuoi — le disse. — Ho le chiavi di riserva.

Laura rimase sola in quell’appartamento estraneo. Strano non fare niente. A quell’ora, di solito, preparava la colazione a Enrico, lo aiutava a vestirsi, organizzava la giornata.

Il telefono era silenzioso. Forse lui pensava che sarebbe tornata da sola, una volta calmata.

Si preparò un caffè e si sedette vicino alla finestra. Era triste, eppure stranamente leggera. Da quanto tempo non faceva colazione in silenzio, senza pensare a cosa cucinare per lui?

A mezzogiorno chiamò la figlia maggiore, Giulia.

— Mamma, papà mi ha chiamato. Dice che avete litigato.

— Sì.

— Per cosa?

— Ha detto che non conto niente in casa. Che sono solo una domestica, e pure scarsa.

— Mamma! — Giulia si indignò. — Come ha potuto?

— Molto semplicemente. È quello che pensa.

— Ma è assurdo! Tu hai sempre fatto tutto per la famiglia!

— Io credevo di sì. Invece a quanto pare sono solo la serva.

Giulia tacque un attimo.

— Mamma, dove sei ora?

— Da zia Viola.

— E quanto resterai lì?

— Non so. Forse cercherò un lavoro. Se sono una domestica, almeno mi pagheranno.

— Mamma, non dire sciocchezze! — la voce di Giulia era tesa. — Siete adulti, trovate un compromesso.

— Un compromesso? — Laura rise amara. — C’è poco da compromettere. Ha detto la verità. Non conto niente lì.

— Dai, mamma! Papà era arrabbiato. Stressato.

— Stressato — ripeté lei. — E io no, vero? Quarant’anni senza stress.

Giulia sospirò.

— Va bene, parlerò con lui. Ma pensaci bene: vale la pena rovinare tutto per una frase?

— Una frase? — scosse laLaura sorrise mentre riordinava la stanza dei suoi nuovi datori di lavoro, sentendosi finalmente apprezzata, mentre Enrico, a casa, fissava la pila di piatti sporchi, realizzando troppo tardi il vuoto che aveva lasciato.

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