La moglie rideva mentre io piangevo

— Smettila di piangere come una femminuccia! — Ludovica sbatté il mestolo sul tavolo, girandosi dalla pentola con un’espressione irritata. — Che spettacolo ti sei messo in mente?

Vincenzo era seduto a tavola, la faccia nascosta tra le mani. Le spalle gli sussultavano, e tra le dita si intravedevano striature bagnate.

— Ludo, come fai a non capire… Era mamma — riuscì a sussurrare con voce rotta.

— Mamma, mamma! — lo imitò lei, posando la pentola con un tonfo. — Ottantaquattro anni, che volevi di più? C’è chi non arriva neanche a sessanta.

Lui la guardò con gli occhi arrossati.

— Come fai a parlare così? Ti voleva bene come a una figlia.

— Sì, certo — sbuffò Ludovica. — Soprattutto quando mi diceva come cucinare la pasta o educare i bambini. Trent’anni di lezioni non richieste.

Si sedette di fronte a lui e cominciò a versarsi un piatto di minestrone. Aveva fame, nonostante fossero tornati dal funerale della suocera solo poche ore prima.

— Basta piangere — disse, mordendo un pezzo di pane. — I morti non tornano. Piuttosto, pensa a cosa faremo con il suo appartamento. Dobbiamo venderlo prima che i prezzi crollino.

Vincenzo si alzò di scatto, facendo cadere la sedia.

— Ma sei fuori? Pensi all’appartamento quando mamma è appena stata sepolta!

— E quando dovrei pensarci? — replicò lei, continuando a mangiare. — Tra un anno? Cinque? L’appartamento è vuoto, le bollette arrivano lo stesso. Sii pragmatico, Enzo.

Lui si passò le mani tra i capelli. Negli ultimi mesi, mentre sua madre soffriva in ospedale, era stato lì ogni giorno, a tenerle la mano. Ludovica, invece, non si era mai fatta vedere:

— Ho mal di testa.
— Ho il raffreddore, non voglio contagiarla.
— Sono sommersa di lavoro.

E ora, a funerali appena finiti, pensava già ai soldi.

— Vado in camera — disse Vincenzo, avviandosi verso la porta.

— E dove vai? Mangia, prima che diventi freddo.
— Non ho fame.
— Peggio per te. Hai bisogno di energie.

Uscì sul balcone e il vento freddo di novembre gli pizzicò la pelle. Afferrò il parapetto e guardò giù, nel cortile dove i bambini giocavano. La vita andava avanti, mentre dentro di lui tutto sembrava spezzarsi.

Sua madre era l’ultimo legame con la sua infanzia, con un tempo in cui si sentiva davvero amato. Ludovica non l’aveva mai capito. Per lei, la suocera era solo un peso.

La porta cigolò.

— Enzo, rientra, farai freddo — Ludovica gli portò una tazza di tè caldo. — Bevi qualcosa.

Lui la prese con mani tremanti.

— Dimmi la verità: le volevi almeno un po’ di bene?

Lei scrollò le spalle.

— Che importa ora? Abbiamo convissuto tutti questi anni.

— Sì. Convissuto.

Per un attimo, nei suoi occhi apparve un’ombra di preoccupazione.

— Che hai? Non ti piace come viviamo?
— Non lo so — rispose lui. — In questo momento, non so niente.

Stettero in silenzio sul balcone, mentre il vento soffiava.

— Ti ricordi quando ti insegnava a fare la ribollita? — chiese improvvisamente Vincenzo.
— Certo. Non finiva mai di correggermi. Brodo troppo leggero, troppo salato…
— E quando Sandro ha detto «nonna» per la prima volta?
— Tutte le nonne si emozionano per queste cose.

Vincenzo posò la tazza vuota.

— E quando era in ospedale l’anno scorso per la polmonite? Le portavi da mangiare ogni giorno.

Ludovica tacque. Non era vero. Ci andava lui, mentre lei si lamentava al telefono con le amiche che il marito non c’era mai.

— Andiamo dentro — disse. — Fa freddo.

Quella sera arrivarono Sandro e sua moglie Giulia. I giovani erano a disagio, impacciati davanti alla morte, un’esperienza ancora lontana dalla loro generazione.

— Papà, come stai? — Sandro abbracciò il padre.
— Così così, figlio mio.
— Mi mancherà nonna. Era speciale.
— Sì — disse Vincenzo, sentendo il nodo in gola riaffiorare.

Giulia si agitò nervosamente.

— Vincenzo, condoglianze. Era una donna meravigliosa.
— Grazie, cara.

Ludovica uscì dalla cucina con un vassoio.

— Sedetevi, prendiamo un caffè. Ho comprato una torta alle nocciole.
— Mamma, forse non è il momento… — provò a dire Sandro.
— E quando sarebbe il momento? La vita va avanti.

Tagliò la torta con movimenti precisi, come se fosse un normale dopocena.

— Sai — disse a Giulia — potreste prendere l’appartamento di nonna. Voi due affittate ancora, no?

Sandro e Giulia si scambiarono un’occhiata.
— Mamma, è troppo presto — disse il figlio.
— Perché? È in centro, vicino alla metro. Sarebbe perfetto per voi.

Vincenzo sbatté i pugni sul tavolo.

— Basta, Ludovica! Oggi l’abbiamo sepolta e tu già dividi l’eredità?
— Non urlare davanti ai ragazzi — rispose lei, calma. — Sto solo pensando al futuro.
— Il futuro! Tu pensi solo ai soldi!

Lei incrociò le braccia.

— E tu, invece, cosa fai? Piangi e basta? A cosa serve?
— A ricordarla! A rispettare la sua vita!
— L’abbiamo già fatto. Al cimitero, a casa… Che altro vuoi?

Sandro si alzò e prese il padre per un braccio.

— Papà, calmati. Capiamo che è difficile.
— Non capite niente! Nessuno di voi!

Vincenzo uscì di corsa, sbattendo la porta. Nel corridoio si appoggiò al muro, il cuore in gola.

Dalla cucina arrivavano voci soffocate.

— Che ha papà? — chiedeva Sandro.
— È molto provato — rispondeva Ludovica. — Era un mammone, sai.

C’era una punta di scherno nella sua voce. Anche oggi. Anche così.

Vincenzo si sdraiò sul letto, vestito. Il soffitto gli girava davanti agli occhi. Ripensò a sua madre, alla sua mano che stringeva la sua mentre si spegneva.

— Enzino — gli aveva sussurrato — non essere duro con Ludovica. È una brava donna, solo un po’… pratica.

Fino all’ultimo aveva cercato di difenderla. E lei non era nemmeno venuta a salutarla.

La porta si aprì lentamente.

— Papà, posso? — Sandro entrò e si sedette sul letto.
— Anche a me mancherà. Era fantastica.
— Sì. Fantastica.
— Ti ricordi quando mi leggeva le storie? Quella voce da teatrino…
— Me la ricordo. A me le leggeva uguale.
— E i suoi dolci! Mamma non li ha mai fatti così.

Vincenzo lo guardò.

— Sandro… perché tua madre è così… fredda?
— Non lo so — rispose il figlio, cercando le parole. — La gente è fatta così. C’è chi mostra i sentimenti e chi no.
— Ma quando muore una persona cara, dovresti almeno… sentire qualcosa.
— Dovresti. Ma con mamma è diverso.

DallaEppure, mentre il sole del mattino entrava dalla finestra, Vincenzo capì che forse, in quel silenzio condiviso, c’era ancora qualcosa da salvare, anche se diverso da ciò che aveva sempre immaginato.

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