Arrivati con le valigie

Eccoli con le valigie

— Ma sei pazza! Dove vuoi che metta le vostre valigie?! — urlava Elena Rossi al telefono, agitando la mano libera. — Ho un monolocale, capisci? Un monolocale! E voi siete in quattro!

— Mamma, non gridare così! — rispose la voce della figlia dal telefono. — Siamo solo in tre, Luca è rimasto a Bari, ha gli esami. Io, Matteo e Giulia veniamo solo per una settimana, finché non troviamo un appartamento in affitto.

— Una settimana?! — Elena quasi lasciò cadere il telefono. — Francesca, cara, hai idea di quanto sia piccolo qui? Il gatto Ciccio non trova spazio, figuriamoci voi con la bambina! Dov’è che dormirete? Sul mio divano?

— Mamma, ci arrangiamo per terra, non ti preoccupare. L’importante è avere un tetto. E Giulia è piccola, non le serve tanto spazio.

Elena guardò il suo piccolo appartamento: il divano letto dove dormiva, la poltrona vecchia lasciata dalla suocera, la cucina stretta con il frigo che funzionava a intermittenza. Sul davanzale, i vasi di gerani, l’unica gioia in quello spazio angusto.

— Francy, non potreste prendere un hotel? Sono in pensione, ho pochi spicci…

— Mamma, ma che dici! Con i soldi che abbiamo, ci siamo comprati a malapena i biglietti! Senti, siamo già sul treno, arriviamo domani mattina. Sistemati un po’ lo spazio, va bene?

Un click. La figlia aveva riattaccato.

Elena si lasciò cadere sulla poltrona, fissando il telefono. Francesca e la famiglia erano in viaggio da Bari a Milano, decisi a cambiare vita. Matteo, il genero, aveva promesso di trovare un buon lavoro in città, e intanto sarebbero rimasti da lei. Nella sua minuscola casa alla periferia di Milano, dove a malapena c’era posto per sé.

Ciccio, il gatto rosso con il petto bianco, le si strofinò contro le gambe, facendo le fusa.

— Allora, Ciccio — lo accarezzò Elena — preparati agli ospiti. Da stasera saremo come sardine in scatola.

Si alzò, osservando l’appartamento con occhio critico. L’armadio occupava metà stanza, gli scaffali erano stipati di cose accumulate in anni di vita. Foto incorniciate, libri letti e riletti, soprammellini regalati dalla figlia.

— Dovrò fare spazio — sospirò.

La vicina di pianerottolo, Maria Esposito, uscì proprio allora con il secchio della spazzatura.

— Elena, che fai a riordinare a quest’ora? — chiese, vedendola spostare scatole.

— Francesca arriva con la famiglia. Vengono a stare qui.

— Che bello! In visita? — Maria amava chiacchierare.

— No, per restare. O almeno finché non trovano casa.

— Ma qui non c’è spazio… — commentò Maria, scuotendo la testa. — I giovani oggi, credono che i genitori debbano risolvere tutto.

— Maria, sono di corsa — tagliò corto Elena. La vicina aveva la tendenza a dare lezioni di vita, e quel giorno non era il momento.

Quella sera, seduta in cucina a bere un tè, rifletteva. Francesca era la sua unica figlia. Dopo il divorzio, si era risposata con Matteo e aveva avuto Giulia. La nipotina aveva quattro anni, e Elena l’aveva vista solo un paio di volte, quando era andata a Bari. Il viaggio era costoso, la pensione misera, non poteva permetterselo spesso.

Matteo lavorava in fabbrica, ma c’erano stati licenziamenti. Francesca stava a casa con la bambina, dando qualche ripetizione. Vivevano in affitto, e con la crisi avevano deciso che a Milano ci sarebbero state più opportunità.

Ciccio saltò sulle sue ginocchia, raggomitolandosi. Elena lo accarezzò, pensando al domani.

— Ciccio, dove li mettiamo? — sussurrò. — E soprattutto, come faremo a pagare il cibo? La pensione basta per due, figuriamoci per cinque…

Il mattino dopo, la svegliò il campanello. Erano le sei e mezza. Elena infilò la vestita e corse ad aprire scalza.

Sulla soglia c’era Francesca con una valigia enorme, Matteo con due borse, e tra loro una bambina bionda e ricciuta che si stropicciava gli occhi assonnata.

— Mamma! — Francesca la abbracciò forte. — Quanto mi sei mancata!

— Francy, tesoro — Elena la strinse a sé, sentendo quanto era dimagrita. — Entrate, non restate sulla porta!

— Buongiorno, Elena — Matteo posò le borse e le tese la mano. — Grazie per l’ospitalità.

— Ma figurati, siamo famiglia.

Giulia si nascose dietro le gambe del padre, osservando con curiosità quella nonna che non conosceva bene.

— Giulia, non fare la timida! Questa è nonna Elena — disse Francesca, accovacciandosi accanto a lei. — Ti ricordi le foto che ti ho mostrato?

— Ciao, stellina — Elena si chinò verso di lei. — Ma quanto sei bella! Somigli alla mamma da piccola.

La bambina sorrise timidamente, ma restò aggrappata al padre.

— Avrete fame, dopo il viaggio — si avvide Elena. — Venite, vi preparo la colazione.

Entrarono nella stanza, e Elena vide Francesca e Matteo scambiarsi un’occhiata. Lo spazio era poco, davvero poco.

— Mamma, dove mettiamo le cose? — chiese Francesca, cauta.

— Ho fatto un po’ di posto ieri — si affrettò a dire Elena. — L’armadio è mezzo vuoto, e le valigie potete infilarle sotto il letto.

— Sotto il letto… — ripeté Matteo, osservando il divano. — E dove dormiamo?

— Il divano si apre, diventa un letto grande. Voi due ci state. E Giulia… — Elena esitò. — Giulia può dormire sulla poltrona, le basta poco spazio.

Ciccio, sentendo le voci, uscì dalla cucina e si fermò in mezzo alla stanza, valutando i nuovi arrivatori.

— Oh, il gattino! — esclamò Giulia, tendendo la mano.

— Giulia, non toccarlo, potrebbe graffiarti — la fermò Francesca.

— Ma no, è buonissimo — intervenne Elena. — Ciccio, questa è Giulia.

Il gatto annusò la manina, poi si lasciò accarezzare con aria regale.

— Mamma, usa la lettiera? — chiese Francesca. — Giulia potrebbe essere allergica.

— Certo che usa la lettiera. È educatissimo — rispose Elena, sentendo un nodo alla gola. — Ti dà fastidio?

— No, era solo per chiedere.

A colazione la conversazione non decollò. Elena mise in tavola tutto quello che aveva in frigo: salame avanzato, pane, burro, marmellata. Il tè lo fece forte.

— Mamma, hai un po’ di latte? — chiese Francesca. — Giulia non mangia senza latte.

— No, è finito. Vado a comprarlo.

— Ci vado io — propose Matteo. — Dov’è il supermercato più vicino?

— All’angolo — spiegò Elena. — Ma apre alle otto.

— Mamma, hai Internet? — Francesca tirò fuori il telefono.

— Che Internet?

— Il web, il Wi-Fi, per collegarmi.

— Io non ho Internet. A che mi serve?

Francesca guardò il marito, delusa.

— Matteo, come mando i curriculum? Devo cercare lavoro.

— Andremo in un Internet point, o in biblioteca. C’è il Wi-Fi gratuito.

— Nonna, posso vedere la TV? — chiese Giulia, indicando il vecchio televisore.

— Certo,Dopo settimane di tensioni, Elena trovò il coraggio di parlare chiaro: decise che l’amore più grande a volte è saper dire “basta” e ritrovare se stessi.

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