**Diario di un uomo contemplativo**
C’era una donna, Lucia Ferrari, che amava un uomo, Matteo Bianchi. Lo desiderava con tutto il cuore, attratta dal suo fascino, dalla sua eleganza. Era convinta di amarlo.
Eppure, soffriva. Lui non ricambiava i suoi sentimenti, nonostante i suoi tentativi: parlava con voce suadente, gli lanciava sguardi provocanti, cercava ogni scusa per avvicinarsi, si slacciava un bottone in più della camicetta… Tutto fatto come da manuale. Ma nulla.
Anzi, Matteo cominciò a mostrare interesse per un’altra collega, una donna comune, per giunta più grande di lui. Parlava a lungo con lei, le portava il caffè dal distributore, la guardava con dolcezza… Poi iniziò ad accompagnarla a casa, a darle un passaggio con la sua macchina. Eppure, quella donna non sapeva nemmeno guidare!
Come era possibile? Lucia era senza dubbio più bella, più giovane. Eppure, non bastava. Non suscitava in lui alcun sentimento.
La verità era semplice. Lucia non sapeva nulla—e non voleva sapere—di quell’uomo che tanto la attraeva. Sì, sapeva che era libero, non sposato. Sapeva che guadagnava bene, molto bene. Sapeva che i suoi abiti erano firmati, che la sua macchina era costosa. E basta. Nient’altro la interessava.
Le interessava solo l’uomo. Bello, magnetico, da desiderare tra le sue braccia! Voleva solo una relazione. Sposarlo.
Ma di cosa parlavano mai Matteo e quella donna così insignificante? Si scrivevano, si chiamavano, restavano in macchina a chiacchierare senza partire… Che noia! Non era amore. Erano solo parole.
Eppure, l’amore sono proprio le parole. La comprensione totale dell’altro. Parlare e capirsi al volo. Ridere di una battuta prima ancora che finisca. Parlare la stessa lingua, senza stancarsi mai. Quando l’altro ti interessa, tutto di lui. Sempre. Dal primo respiro all’ultimo.
Quando ti importa se ha mangiato. Come sta suo padre, ha funzionato la cura? Ti fa ancora male la schiena? Ti ricordi quel vecchio film di Sinbad il marinaio, con il mostro di plastilina che lo inseguiva? Mettiti la giacca, oggi fa freddo. Giocavi a pallavolo al campo estivo, vero?
C’è una frase di Maugham… ti ricordi? Guarda, le foglie sono gialle come vecchie lettere e foto. La mia violetta è fiorita, dopo anni… guarda com’è bella! Tu alle medie curavi le piante, vero? Anche il tuo cactus fiorì una volta, eri felicissimo.
Fammi sentire la fronte… hai la febbre? Sei caldo. Mettiti il cappello, c’è vento.
E poi ti abbraccio. Perché vivo e respiro per te. E tu sei mio. Io sono tua.
Per chi non ama, queste sono solo chiacchiere. Sciocchezze. Invece, è il linguaggio dell’amore, comprensibile solo a chi sa amare. È interesse profondo per l’altro.
Lucia era interessata solo a se stessa. Al suo sentimento, che chiamava “amore”. Ma era solo appetito. Desiderio di possedere ciò che bramava. Voleva che Matteo diventasse suo.
Ma nulla sarà mai nostro se non lo comprendiamo. La musica che non capisci non sarà mai tua. Le poesie che non comprendi non ti appartengono. E una persona non sarà mai tua se non la capisci. Se non vuoi capirla. Se sei divorato solo dalla fame di possederla…
Nessun trucco farà nascere l’amore. Puoi suscitare solo un appetito simile in un altro egoista. Poi vi lascerete—che fare insieme? Sarete estranei. Non vi lega nulla.
Puoi amare un cigno. Ammirarlo, accudirlo, nutrirlo, proteggerlo dal freddo e dai predatori. Oppure puoi amarlo… e cucinarlo benissimo. Farne un paté, come Enrico VIII. Mangiarlo. Sentirti sazio, e poi deluso. Dov’è finito il cigno?
Così è l’amore per certa gente. Non capiscono gli altri, né la vera natura dell’amore. Si slacciano bottoni, parlano con voce seducente, lanciano sguardi. A volte catturano il cigno. Ma non c’è felicità. Solo sazietà momentanea.
Spiegarglielo è difficile. Non capirebbero mai.
**Una lezione dura, ma necessaria.**