Giulia si sforzava di reprimere le lacrime per non rovinare la festa. Si aggiustò la maglietta sul ventre già prominente e, spingendo la sedia a rotelle con il figlio, aprì la porta del bar.
Era una domenica come tante, quando le mamme bolognesi di figli con disabilità si riunivano al bar per respirare un po’ lontano dalle infinite terapie e battaglie per una vita normale. Si erano organizzate da sole questo momento di svago, senza sponsor o fondazioni. Il bar “Il Chicco” chiudeva per loro, e la proprietaria offriva tè, dolci e un po’ di karaoke. Così, quelle mamme tornavano per qualche ora donne normali, che ridevano, cantavano e si prendevano in giro tra di loro.
Giulia non mancava mai, nemmeno quando non ne aveva voglia. Perché era il suo rifugio, dove si sentiva capita e accettata. Ma quella sera stava in silenzio, incapace di spiegare alle amiche che era incinta e che il marito, Luca, le aveva detto addio, dichiarando di non poter sopportare un altro figlio, visto che il primo aveva una paralisi cerebrale. Giulia aveva rifiutato di abortire, e tre mesi dopo lui viveva già con un’altra donna, mentre lei stentava a trovare i soldi per la benzina per portare il figlio al bar.
“Su, dimmi cos’hai,” le disse sottovoce Elisabetta Rossi, una donna forte e piena di vita. Sua figlia, Beatrice, era anche lei su una sedia a rotelle, ma grazie alla madre aveva vinto premi canori in tutta Europa e viveva con gioia. Giulia stava per crollare, ma Elisabetta la interruppe: “Lo so, lui se n’è andato. Pazienza. Dimmi piuttosto: quali risorse hai per tirar su i tuoi bambini?”
“Nessuna,” sussurrò Giulia.
“Ma che dici! Dio non ci abbandona mai, ricordi? E Lui agisce attraverso le persone. Prendi il microfono, cantiamo, beviamo un tè, e stasera a casa penserai bene alla situazione. Leggiti anche qualcosa sulle risorse psicologiche. C’è sempre una soluzione, Giulia. Non puoi rinunciare a un miracolo…”
Così Giulia cantò e rise, mentre i volontari si occupavano di suo figlio. Tornando a casa, per la prima volta non si sentì oppressa dal silenzio dell’appartamento vuoto.
*Risorse, risorse…* Quella notte, dopo aver messo a letto il bambino e sentito il suo “Ti voglio bene, mamma, ce la faremo”, Giulia iniziò a elencare tutto ciò che aveva. Dio, che era al suo fianco, suo figlio di undici anni, intelligente e pieno d’amore, pronto ad aiutare con la sorellina. Ma il resto della lista era vuoto, e Giulia passò la notte in bianco.
Il mattino dopo, stanca ma determinata, andò alla Messa nella sua chiesa preferita di Bologna. “Signore, aiutami,” pregò con tutto il cuore. Dopo la funzione, Don Marco le portò una scatola di viveri e le disse: “Prendi, Giulia. La signora Vera, che abita vicino a te, ti aiuterà con i bambini. Se hai bisogno, chiedi.”
Giulia lo guardò sbalordita. “Non stare in silenzio,” le disse il sacerdote. “La gente spesso non sa come aiutare, ma se glielo chiedi, lo farà.”
Capì allora che le persone buone erano più numerose di quelle cattive. Doveva solo superare il suo orgoglio e chiedere aiuto. Gli amici risposero con entusiasmo, offrendo tempo, vestiti e viveri. Nel cuore di Giulia, l’orgoglio cedette il posto alla gratitudine verso Dio.
Ma il futuro restava incerto. La data del parto si avvicinava, e oltre agli aiuti occasionali, non aveva fonti di reddito.
Poi arrivò un pacco enorme: vestiti nuovi per la bambina, un carrozzino e lenzuola. Su Facebook, trovò un messaggio di una donna di nome Lucia: *”Cara Giulia, spero ti servano queste cose. Amici comuni mi hanno parlato di te. Ma non è una disgrazia, sono solo momenti difficili. Lavoro a Milano e posso mandarti 500 euro al mese. Prega per me e per mia madre defunta, che si chiamava Agata. Grazie per aver scelto la vita.”*
Le mani di Giulia tremavano. Mentre finiva di leggere, qualcuno suonò alla porta. Era un amico, venuto a portare il bambino al parco. Con lui c’era un uomo imbarazzato.
“Giulia, questo è Antonio. È francese, ha un problema di pronuncia, ma è un genio. È qui per lavoro un mese, e tu sei bravissima con le lingue. Magari facendogli da traduttrice guadagni qualcosa per la tua piccola.”
Quella sera, dopo aver discusso i dettagli con Antonio e l’amico, Giulia mise un video di Beatrice che cantava. “Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio, vero?” disse in francese perfetto, senza sapere che quella frase le avrebbe assicurato un lavoro redditizio per anni.
Tornata in camera, cancellò tutto dalla lista delle risorse, tranne una parola: *Dio.* Perché se Lui ti dà un figlio, ti darà anche il modo di crescerlo.