La sorpresa non sarà per te

**Diario**

Mamma, dimmi che non te ne sei dimenticata! — esclamò Vittoria, entrando di corsa nell’ingresso e posando a terra la sua borsa firmata. — Dai, mamma! Te l’ho ricordato un mese fa!

Chiara si girò lentamente dallo specchio, dove sistemava i suoi capelli grigi. Le mani le tremavano leggermente, ma lo sguardo era calmo.

— Di che parli, Vittò? — domandò dolcemente.

— Come, di che parlo? — Vittoria sbatté la borsa sul divano. — Del compleanno di Matteo! Domani compie quindici anni! E tu, come sempre, con la testa tra le nuvole?

— No, mi ricordo… — Chiara si sedette sulla poltrona, incrociando le mani sulle ginocchia. — Solo che pensavo… forse non è il caso di fare troppo rumore…

— Non è il caso? — Vittoria la fissò, sbalordita. — È mio figlio! Tuo nipote! Quindici anni! E tu dici che non è il caso?

Chiara sospirò. Sapeva cosa sarebbe successo. Ogni volta che Vittoria veniva da lei con Matteo per il weekend, era sempre la stessa storia. Sua figlia era sempre stata così, impulsiva ed esigente. Ma dopo il divorzio, era peggiorata.

— Vittò, calmati. Mi ricordo tutto. Ho comprato il regalo e ordinato la torta in pasticceria, — disse stancamente. — Solo che… Matteo è diventato così tranquillo. Forse non vuole una grande festa…

— Tranquillo? — sbuffò Vittoria. — È un adolescente! Tutti gli adolescenti sono riservati con gli adulti. Ma non significa che non voglia festeggiare! Anzi, dobbiamo fargli capire che gli vogliamo bene!

Dal corridoio si sentì uno scricchiolio del pavimento. Apparve Matteo — alto, magro, con i capelli scuri ribelli e gli occhi seri, proprio come suo padre.

— Ciao, nonna, — borbottò, lanciando un’occhiata a sua madre. — Perché urlate?

— Non stiamo urlando, stiamo parlando della tua festa, — disse Vittoria, cambiando subito tono, diventando melensa. — Domani è il tuo compleanno, tesoro! La nonna ha ordinato la torta, io ho portato i regali…

— Non mi serve niente, — mormorò Matteo, sedendosi sul bordo del divano. — Facciamo senza.

— Come, senza? — si indignò Vittoria. — Quindici anni! È una data importante!

Matteo alzò le spalle e si immerse nel telefono. Chiara lo osservò con preoccupazione. Qualcosa non andava. Da mesi era sempre più chiuso, parlava poco con lei e rispondeva a monosillabi a sua madre.

— Matteo, cosa desideri come regalo? — chiese gentilmente.

— Niente, — rispose il ragazzo, senza alzare lo sguardo.

— Come, niente? — Vittoria si sedette accanto a lui. — Un nuovo telefono? O un computer più potente?

— Mamma, lasciami in pace, — borbottò Matteo, alzandosi. — Vado in camera mia.

— Dove? — Vittoria saltò in piedi. — Siamo appena arrivati! Meglio organizzare, decidere chi invitare…

— Non voglio nessuno! — si girò improvvisamente Matteo. — Capito? Nessuno! Voglio stare solo!

— Ma perché? — chiese Vittoria, confusa. — Prima ti piacevano le feste…

— Prima… — Matteo sorrise amaramente. — Prima era tutto diverso. Adesso, basta fingere che i vostri compleanni ci rendano tutti felici.

Se ne andò, sbattendo la porta. Vittoria rimase immobile, a bocca aperta.

— Cosa gli prende? — si rivolse a Chiara. — Prima era così allegro!

Chiara sospirò profondamente. Aveva visto il nipote cambiare. Lo vedeva soffrire per il divorzio, diviso tra i genitori, stanco dei loro rimproveri.

— Vittò, siediti, — disse. — Parliamo.

— Di cosa? — Vittoria camminava nervosamente per la stanza. — È chiaro! Luca lo sta mettendo contro di me! Lo sa fare benissimo!

— Non è colpa di Luca, — rispose Chiara con cautela. — Matteo è solo stanco. Delle vostre litigate, dei continui spostamenti…

— Quali litigate? — si irritò Vittoria. — Non litighiamo! Ci siamo lasciati civilmente!

— Civilmente? — Chiara scosse la testa. — Vittò, sento come parli con suo padre al telefono. I rimproveri, la divisione del tempo…

— Lotto per mio figlio! — esplose Vittoria. — È mio figlio!

— E anche suo. E lui lo sa. È straziato. — Chiara si avvicinò. — Vittò, cara, forse dovresti pensare a lui, non a te stessa?

— Ci penso solo a lui! — Vittoria si allontanò. — Per questo voglio fargli una festa! Fargli capire che è amato!

— E se invece avesse bisogno di tranquillità? Di sentirsi al sicuro?

Vittoria sbuffò e si avvicinò alla finestra. Fuori, una pioggerellina cadeva sul cortile grigio.

— Sei contro di me, vero? — sussurrò. — Come tutti.

— Non sono contro di te, figlia mia. Sono per Matteo. E per te. Solo che… a volte ciò che crediamo giusto non è ciò di cui hanno bisogno.

— Cosa intendi?

Chiara tornò a sedersi. Rimase in silenzio a lungo.

— Quando eri piccola, credevo di sapere cosa fosse meglio per te. Ti facevo studiare musica, anche se preferivi disegnare. Ti portavo a danza, anche se volevi fare sport. Credevo di prepararti alla vita.

— E quindi? — chiese Vittoria, sospettosa.

— E poi sei cresciuta e hai fatto tutto il contrario. Per dispetto, a volte anche verso te stessa. Perché non ti ascoltavo. Non chiedevo cosa volessi.

— Che c’entra? — esclamò Vittoria. — Stiamo parlando di Matteo!

— Sì, di Matteo. Lui non vuole la festa. Te l’ha detto. E tu non lo ascolti.

— È un ragazzino! Non sa cosa è meglio per lui!

— E noi lo sappiamo? — sorrise tristemente Chiara. — Vittò, ho settantadue anni. So che spesso i ragazzi sanno cosa vogliono. Solo che noi non li ascoltiamo.

Vittoria si avvicinò, sedendosi sul bracciolo.

— Mamma, ho paura di perderlo, — sussurrò. — Dopo il divorzio, è diventato così distante. Credevo che una bella festa gli avrebbe fatto capire che gli voglio bene.

— Lo sa già, — disse Chiara, accarezzandole la mano. — Ma ora ha bisogno di pace. StabilE mentre la pioggia cessava del tutto e il sole serale illuminava le loro facce, si promisero che, da quel giorno in poi, avrebbero davvero iniziato ad ascoltarsi.

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