Il marito confessa: La noia e il cambiamento nel nostro amore

“Sei diventata una casalinga. Hai messo su peso. Non voglio cercare un’altra, e giuro che non ho nessun’altra.”

“Ma non può continuare così. Voglio poter ammirare la donna che amo. E purtroppo, non riesco più a farlo con te. Con te mi annoio,” disse il marito.

Ginevra sbatteva le palpebre velocemente, cercando di fermare le lacrime. Ecco come lui le ripagava quasi quindici anni di vita insieme!

“E allora cosa proponi?” chiese. “Divorziare?”

“Penso sia la soluzione migliore…”

“E i bambini?”

“Li aiuterò. Li prenderò nei weekend.”

“Così, tanto semplice!” ghignò Ginevra, asciugandosi le lacrime. “Ti sei stufato di tua moglie e sei pronto a lasciare i tuoi figli! A diventare un papà della domenica! Non hai né vergogna né coscienza…”

Ginevra e Riccardo si erano conosciuti a un matrimonio. Una cugina di terzo grado di Ginevra si sposava, e tra gli invitati dello sposo c’era Riccardo. Nonostante i dieci anni di differenza, Ginevra capì subito che lui era il suo destino. Intelligente, galante e colto, sembrava un principe uscito da una favola.

“Ah, ma chi ti credi di essere, Ginevra!” diceva la madre. “Sei troppo stupida. E hai un aspetto così insignificante. Mentre Riccardo è un bell’uomo.”

Ginevra allora faceva il broncio e si girava per evitare lo sguardo della madre. Solo più tardi, crescendo, capì che proprio quelle parole avevano rovinato tutto. Le avevano distrutto l’autostima fin da piccola.

Ma allora non ci pensava. Le farfalle nello stomaco volavano solo all’idea di Riccardo. Si frequentarono per sei mesi e si sposarono. Ginevra aveva appena vent’anni.

“Lui ti lascerà, non dubitarne!” ripeteva la madre. “È un uomo troppo in gamba per te. Tu hai solo un diploma da sartina… ai miei tempi era un hobby, mica un lavoro!”

“Grazie, mamma, per il sostegno,” rispondeva sarcastica Ginevra. “Ma sono una donna sposata e decido io cosa fare.”

I primi anni furono un sogno. Viaggiavano, uscivano ogni weekend. A volte Ginevra cuciva per passione, ma Riccardo guadagnava bene e non c’era bisogno di altro. Poi arrivò Beatrice, e Ginevra si immerse nella maternità. Adorava essere madre. Prima corsi di musica, poi pattinaggio artistico. Non volle mandare Beatrice all’asilo, preferendo occuparsi lei stessa della bambina. Trovava anche il tempo per correre e mantenersi in forma.

“Che fortunato, Riccardo!” dicevano i parenti. “Hai trovato una bella donna, brava in casa, dedica alla figlia. Quando arriva il secondo?”

“Presto!” sorrideva Riccardo.

Ma il secondo figlio non arrivò facilmente.

“Ecco, guarda te!” rideva la madre al telefono. “Non sai nemmeno dare un erede a tuo marito.”

“Grazie, mamma, sto già piangendo abbastanza da sola.”

Dopo anni di tentativi, si rassegnarono. Forse era destino avere solo Beatrice. La bambina eccelleva nel pattinaggio, e Ginevra trovò conforto nei suoi successi. Cuciva personalmente i suoi costumi. A nove anni, l’allenatore già parlava di un futuro luminoso.

Anche Riccardo adorava la figlia. La moglie bella e la figlia erano il suo orgoglio. Ginevra, col tempo, imparò a valorizzare il suo aspetto, e i soldi del marito le permisero di curarsi.

Poi, all’improvviso, Ginevra scoprì di aspettare un bambino. La felicità fu infinita. Ma la gravidanza fu difficile: problemi di salute, mesi a riposo. Il parto fu durissimo. Per poco non morì. Ma il piccolo Mattia nacque sano. La ripresa fu lunga. Riccardo all’inizio la coccolava, poi si stancò: doveva occuparsi di Beatrice e del bambino. Suggerì di chiedere aiuto alla suocera, ma Ginevra rifiutò.

“Mia madre? Non ha mai detto una parola gentile in vita sua. Non voglio che rovini Beatrice come ha fatto con me.”

Ci vollero due anni perché Ginevra si riprendesse. La forma fisica, però, non tornò più. A trent’anni si sentiva vecchia. E la voce della madre riecheggiava: “Ora tuo marito smetterà di guardarti.”

Ma, stranamente, Riccardo continuava a trattarla bene, chiamandola la donna più bella che conoscesse. Ginevra si immerse ancora di più nella maternità. Mise Mattia a nuoto e a robotica, mentre portava Beatrice alle gare.

Beatrice diventava una stella nascente, e gli investimenti crescevano. Ginevra si occupava di tutto, trascurando se stessa. Aveva messo su peso, smesso di vestirsi bene, di andare dalla estetista. Ma i sacrifici per Beatrice davano frutti: la ragazzina vinceva medaglie d’oro. Ginevra era orgogliosa e continuava a cucirle i costumi.

Un giorno Riccardo la guardò da capo a piedi:

“Mi sembri trasandata. Avrai almeno quindici chili in più.”

“O venti!” sbuffò Ginevra. “Cosa ti aspetti? Non ho più vent’anni, e il tempo per me non c’è.”

“Dovresti rimediare. Voglio una moglie bella.”

“Neanche tu sei più il ragazzino di un tempo,” ribatté Ginevra, accennando alla sua calvizie e alla pancetta. Lui si giustificava: era diventato capo, doveva sembrare autorevole.

All’inizio Ginevra rise, ma quando Riccardo iniziò a ripeterle che era sciatta, si offese. E poi arrivò quel maledetto discorso.

“Non è un motivo per distruggere una famiglia,” insisté Ginevra. “Pensa ai bambini.”

“Forse possiamo salvare il nostro rapporto…” disse Riccardo. E lei si aggrappò a quella speranza.

“Tornerò quella di un tempo,” pensò. “Non sarò più giovane, ma ci proverò.”

Iniziò una dieta durissima. Niente sport, per non rubare tempo ai figli. Contava ogni caloria, una volta a settimana digiunava. Perso peso, trovò un’ora per l’estetista. Comprava vestiti online. Lentamente tornò ai suoi 45 chili.

“Brava,” fu l’unico complimento di Riccardo. Ma almeno non parlò più di divorzio.

“Mamma, non mangi più!” osservò Beatrice, guardando il mezzo pompelmo che era la colazione del sabato.

“Da grande capirai. Voglio tornare magra.”

“Non eri grassa! Adesso sei pallida!”

Ginevra notò la pelle spenta. Altro motivo per l’estetista. Forse era solo placebo, ma almeno si illudeva. E del cucito ormai non c’era più tempo.

Resisté così per sei mesi. Magrissima, ma non più bella. Si definiva “un’acciuga secca”. La pelle non sarebbe tornata quella di un tempo. Ogni raffreddore la devastava. Beatrice la rimproverava:

“Non sono io a doverti sgridare per le diete!”

Quel pensiero la svegliò. Riprese a mangiare normalmente, e riprese cinque chili. Un giorno Riccardo la vide sulla bilancia:

“48 chili. Ma almeno mi sento meglio.”

“Tornerai cicciona!” urlò lui. “Pensavo finalmente di avere una moglie attraente!”

Ginevra sospirò. Voleva piangere o urlare, ma non ne aveva più la forza.

“Sto facendo del mio meglio…”

“E lo fai con quel muso. Alcune donne a tGinevra si asciugò le lacrime, prese un respiro profondo e sorrise mentre ascoltava la voce di sua figlia alla radio, sapendo che, nonostante tutto, aveva costruito una vita piena d’amore e dignità.

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